Intervista al sindaco di Celle nella Valle Maira nel sud Piemonte, Michelangelo Ghio

Vi prenderemo per mano raccontandovi le tradizioni delle Valli un territorio che offre tante attività culturali e di svago.

Michelangelo Ghio è un simpatico personaggio, colto e garbato che vive ed opera nella VALLE MAIRA nel sud Piemonte al confine con la Francia. E’ sindaco di CELLE DI MACRA un comune con BEN 80 ABITANTI! Nella Valle sono presenti ben tredici comuni per un totale di circa 10 mila abitanti. LA LINGUA OCCITANA  è la loro lingua originale che si mantiene nella sua forma più arcaica soprattutto nelle località di media e alta quota.   L’occitano, o lingua d’oc, e’ parlata in quasi tutta la Francia meridionale, nella Val d’Aran in Catalogna, nelle Valli occitane in Piemonte e a Guardia Piemontese in Calabria. E’ figlia del latino dei romani da cui si generarono le lingue D’OC e D’OIL ed è per questo definita neolatina. Rientra nel gruppo delle lingue romanze che si sono sviluppate alla fine dell’impero e che videro soprattutto in Sicilia la nascita della Scuola poetica siciliana dove i canti, narrazioni e strofe poetiche , venivano scritte in queste lingue. Ci vuole parlare  dove è nata questa lingua e qual’è, per sommi capi, la sua storia?

L’occitano è una lingua neolatina, derivata dal latino imposto dai Romani dopo la conquista della Gallia: perciò si dice che è una lingua gallo-romanza o romanza. Con la fine dell’impero romano, il latino parlato nei territori dell’Impero a poco a poco si modificò, sino a dare origine a diverse lingue romanze come il portoghese, lo spagnolo, il catalano, il francese, l’occitano, l’italiano, il franco-provenzale, il sardo, il ladino, il rumeno e il dalmatico. Fu Dante Alighieri, il sommo poeta fiorentino vissuto fra il 13° e il 14° secolo (e di cui quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte) a dare una prima classificazione alle parlate romanze definendo lingua dell’oil il francese e lingua d’òc l’occitano. Il più antico documento letterario europeo scritto in occitano risale all’880, ma è a partire dal XII secolo che iniziò in Aquitania il periodo più felice della letteratura occitana, quello dei trovatori, che proseguì per tutto il Duecento. I trovatori divennero i veri ispiratori delle principali scuole poetiche d’Europa, da quella tedesca a quella siciliana, sino a Dante e al Dolce Stil Novo. Dante si riterrà sempre debitore nei confronti dei trovatori, al punto da inserire nella Divina Commedia, al Canto XXVI del Purgatorio, la figura di un trovatore che declama alcuni versi in occitano. L’occitano si rivelò perciò il primo modello di lingua volgare universale, un perfetto esempio di koinè sopradialettale. Questa lingua mantenne la propria unità fino al XV secolo, quando iniziò massicciamente la frammentazione dialettale dovuta all’influsso del francese. Nel 1539 l’Imperatore Francesco I con un editto la bandì ufficialmente dal territorio francese. Essa però sopravvisse come lingua del popolo e nell’Ottocento fu ripresa con il gruppo dei Felibrige e Frédéric Mistral che nel 1904 fu premio Nobel per la letteratura. Oggi la produzione in lingua d’oc sia oltralpe che nelle nostre valli è vivacissima: raccolte di poesie, saggi, dizionari, testi teatrali, brani musicali,ecc. L’occitano in Val D’Aran è la lingua ufficiale. In Italia lo Stato l’ha riconosciuta e messa a tutela con la Legge 482/99. In Francia la questione è più complicata infatti nonostante la recente approvazione della Legge Molac per le lingue regionali, il Consiglio Costituzionale ne ha censurata una parte e ne ha vietato l’insegnamento immersivo nell’insegnamento pubblico”.

Lei, Michelangelo, è anche presidente dell’istituzione che da’ spazio alla lingua occitana. Di recente è stato anche realizzato un film dal titolo BOGRE”. Di cosa si tratta?

Io sono il presidente dell’Associazione Espaci Occitan con sede a Dronero. L’Associazione è un’organizzazione culturale senza scopo di lucro composta esclusivamente da enti pubblici dell’area occitana alpina piemontese. E’ nata nel 1999 per volontà delle comunità montane delle valli occitane con lo scopo statutario di promuovere l’identità culturale della popolazione di lingua occitana in Piemonte, di tutelarne e valorizzarne i patrimoni culturali, naturalistici, ambientali e paesaggistici; di sensibilizzare la comunità locale sulla propria identità culturale e linguistica e sulle prospettive di sviluppo sociale ed economico del proprio territorio. All’associazione è conferita la responsabilità della gestione operativa del Centro Culturale Espaci Occitan di Dronero, dotato di un Istituto di Studi, di un museo occitano detto “Sòn de Lenga” e di una biblioteca/mediateca specialistica. Attraverso questi strumenti ci è dato il compito di organizzare e promuovere il servizio di sportello linguistico occitano con il quale forniamo informazioni sul patrimonio culturale materiale e immateriale dell’area di lingua d’òc. Offriamo consulenze linguistiche, toponomastiche e onomastiche ed eroghiamo i servizi di traduzione, interpretariato, di prestito bibliotecario e interbibliotecario. Il nostro compito è anche quello di dare l’opportunità di conoscere ed interpretare le caratteristiche e peculiarità del territorio occitano presentandolo in diversi contesti e con diversi mezzi. Il Museo Sòn de Lenga è una straordinaria risorsa del nostro centro che ci permette di dare al visitatore l’opportunità di immergersi in un viaggio virtuale nell’Occitania e nelle valli occitane per conoscerne la geografia, la storia, la lingua, gli usi e costumi, la musica, l’arte, la letteratura e tanto altro ancora. Espaci Occitan collabora spesso con tanti soggetti per l’impostazione di progetti di valorizzazione della storia, della cultura e dell’identità del popolo occitano. Tra questi c’è stato il film documentario “BOGRE- la grande eresia europea”, l’ultimo capolavoro di Fredo Valla prodotto dall’Associazione Chambra d’Oc che ora ha iniziato il suo tour di proiezioni nelle sale cinematografiche d’Europa. BOGRE racconta le vicende del grande movimento eretico di Catari e Bogomili che attraversò l’Europa del Medioevo, la loro storia, le persecuzioni di cui furono tristemente oggetto. Il film suggerisce filigrana, una riflessione su vicende più recenti, sino a farsi monito e paragone per altri eventi di intolleranza che l’umanità ha conosciuto e tuttora conosce in questo nostro tempo a cavallo tra il XX e il XXI secolo.Fin dalla gestazione del film-documentario, questo “ampliamento di sguardo” è apparso ai suoi autori come una necessità ineludibile per non racchiudere la vicenda cataro-bogomìla in un semplice documentario storico di fatti misconosciuti ai più, seppure storicamente assodati. Il regista per primo ha colto la necessità di rendere BOGRE un viaggio esperienziale: un viaggio attraverso l’ampio territorio geografico europeo che le vicende di Catari e Bogomili abbracciarono: dalla Bulgaria bogomìla, da cui si fa discendere la filiazione catara in Occidente, all’Occitania francese, culla del catarismo europeo occidentale, all’Italia, alla Germania, alla Bosnia. E ciò lungo un itinerario che dai Balcani votati alla contaminazione fra le due anime europee, eternamente tese fra oriente e occidente, vide il progredire inarrestabile di un’idea di Dio basata sul Dualismo, ossia sull’esistenza fin dall’inizio dei tempi di un Creatore Buono, da cui deriverebbe tutto ciò che è spirituale, e di un Creatore Maligno, artefice di tutto ciò che invece è materia, quindi caduco, quindi mortale. Ossia sulla contrapposizione fra Spirito e Materia. Muovendo da un ricordo personale del padre, vero motore scatenante del film, il regista ha così messo in scena i propri pensieri e le riflessioni sul tempo presente, intrecciandoli agli eventi storici che si dipanarono nei secoli in cui l’eresia bogomìlo-catara (eresia significa “scelta”) si affermò come diritto al pensiero libero. La durata del film, di poco superiore alle tre ore, è una delle caratteristiche che fanno di BOGRE un evento inusuale. Essa è determinata dalla vastità del territorio attraversato e dalla complessità della storia, che non si è mai voluto ridurre a un sunto banale di una qualunque vicenda eretica, senza per questo rinunciare a un linguaggio fortemente emotivo e divulgativo. Per questo film la nostra associazione ha dato un piccolo contributo economico che però ha dato il via a una iniziativa di arricchimento necessaria a rendere completo il lavoro del regista e dei suoi collaboratori. Si tratta di “BOGRE, la mostra” con la quale si è concretizzata l’intenzione di trasferire al pubblico di BOGRE l’esperienza intima e umana che Fredo Valla e la troupe stavano vivendo durante le riprese del film. Da subito infatti è parso evidente che si stava vivendo un’esperienza non solo “professionale” ma profondamente emozionale. La mostra plurilingue, in italiano, occitano e francese, espone alcune parti non visibili nel film e può essere visitata prima o dopo la visione di BOGRE.. L’allestimento presenta immagini, riflessioni e racconti inediti raccolti nel lungo viaggio di ricostruzione della storia di Bogomili e Catari, dalla Bulgaria all’Occitania francese. Nella mostra c’è uno spazio particolare alla storia di Belibaste l’“ultimo perfetto cataro”, catturato e morto sul rogo esattamente 700 anni fa (agosto del 1321) per condanna dell’Inquisizione. Alla tragica fine di Belibaste si fa risalire la “conclusione ufficiale” del catarismo in Occidente”.

Quali sono i piatti tipici caratteristici della valle?

Nella cucina casalinga tradizionale senza dubbio le acciughe al verde la fanno da padrone, le acciughe rosse e la bagna caoda anche da mettere sulla polenta, il merluzzo sotto sale debitamente ammollato e preparato con cipolle, al verde, impanato e fritto nello strutto, stufato a la fior, con aglio e prezzemolo stemperato dalla panna. Dalla vicina Provenza la ricetta del baccalà lesso e condito con l’aioli. Le patate sono ottime, molto apprezzate quelle di Prazzo, lesse accompagnate con l’aioli o utilizzate per i donderets, gli gnocchi, i maccheroni. Le minestre sono cucinate in ogni stagione, tra le più tipiche l’ola al forno, cotta a lungo dopo la panificazione, e il comaut, una sorta di crema di zucca, carote, cipolle tagliate a pezzetti; il tutto amalgamato dal sapore del latte e del “burro e salvia, la supà mitonà, la panada, la minestra di castagne e riso, la lighetta di castagne, la polenta cumudà, la polenta e i tajarin di grano saraceno, le ravioles di toma, i fisquiròl, a base di sola farina e acqua. Altrettanto frequenti le pouties, una via di mezzo tra la minestra e la polenta. Di grande utilizzo anche i legumi: ceci, fave, più recentemente fagioli. I formaggi tipici sono le tome, il nostrale , gli erborinati dal sapore deciso e penetrante, la ricotta morbida e seirass,i tomini freschi. In commercio anche il Maira, forme di latte vaccino a pasta rotta, semidura, battezzate in onore della valle. Tutti ottimi abbinati al miele locale. Altrettanto rinomata la toma d’Elva e una qualificata produzione di caprini a San Damiano Macra. Tra i dolci è la Torta dei Tetti a capeggiare, fatta con le pere cotte al vino, le spezie, gli amaretti, le mandorle, e il cacao quando si mette in tavola è subito festa”.

La vostra valle è ricca di chiese medioevali. Come si chiamano e con quale storia sono intrecciate?

La nostra bellissima Valle Maira ha fatto parte dell’antico Marchesato di Saluzzo che comprendeva anche le valli Po, Varaita e Grana. Questo territorio difendeva i diritti dei marchesi ma in cambio mantenne una certa autonomia che per quasi quattro secoli gli permise di conservare alcuni privilegi e buone consuetudini. La valle Maira in particolare era governata da una sorta di Confederazione di Dodici Comuni che amministrava secondo regole dettate dagli Statuti redatti a partire dal XIII secolo. Ciò permise la fioritura dei commerci e delle arti. Gli edifici medievali più preziosi fanno capo a quell’epoca. La vicinanza culturale al Midi francese e alle corti dei signori d’oltralpe contribuì a diffondere lo spirito della civiltà cavalleresco-cortese, retaggio della grande epoca trobadorica di cui anche la corte dei marchesi di Saluzzo era impregnata. Furono erette chiese e cappelle in stile romanico-gotico stupendamente affrescate da artisti provenienti anche dal resto d’Europa. In questo senso la figura più emblematica è quella del pittore fiammingo Hans Clemer che ha lasciato un autentico capolavoro di affreschi nella Chiesa Parrocchiale di Elva e il Polittico conservato nella Parrocchia di Celle di Macra. Ad oggi i beni restaurati e visitabili nelle quattro valli sono circa 40, ma potrebbero crescere se vi fossero sufficienti risorse per poter intervenire. Poche zone del Piemonte sono altrettanto visibilmente connotate da una civiltà medievale dagli esiti notevolissimi come Saluzzo e le sue valli: la concentrazione di beni artistici e religiosi è davvero impressionante e non ha eguali per qualità e numero nell’intera regione. Oggi tutti questi edifici religiosi sono noti come beni “Mistà”, antico termine occitano che indica le piccole immagini sacre. In Valle Maira ce ne sono 15. Per avere l’elenco completo suggerisco di collegarsi al sito www.codemistà.org che tra l’altro è una realizzazione della mia associazione. In questi beni la pittura figurativa gotica aveva lo scopo di raggiungere l’immaginario di coloro che non erano in grado di leggere e scrivere. In questo modo essi potevano apprendere, attraverso le storie “raccontate” sulle pareti ciò che non riuscivano a capire dalle prediche in latino e dai libri. Si trattava della cosiddetta Bibbia dei Poveri e i dipinti costituivano un efficace metodo di evangelizzazione che, esaltando le figure di Cristo, della Vergine e dei Santi, rendevano accessibili al popolo i dogmi religiosi e i principi moral”i.

Sono rimasta molto colpita di conoscere questa interessante realta’ che si distingue per originalita’ e storia; infatti dovete sapere che qui  sono radicati dei mestieri antichi, originali come per esempio il RACCOGLITORE DI CAPELLI. C’è ne parli? 

In Valle Maira l’emigrazione stagionale è sempre stata praticata per ovvie ragioni di sostentamento e tanti sono stati i mestieri che si sono evoluti nel trascorrere del tempo. Due di essi però colpiscono l’immaginario per la loro inconsueta originalità visto il territorio in cui si sono sviluppati: il mestiere dei “pelassiers” di Elva (i raccoglitori di capelli) e quello degli “anchoiers” (venditori di acciughe e pesce sotto sale) La vicenda dei pelassiers di Elva è assai curiosa e si dice che sia stata avviata da alcuni soldati dopo la pace di Campoformio del 1797, che concluse la prima avanzata di Napoleone contro l’Austria nella regione veneta dove il mestiere era già sviluppato. Era un mestiere prettamente maschile. Gli uomini di elva partivano nel periodo dei santi con panni da corredo di produzione valligiana da scambiare con i capelli. Andavano per cascine e conventi e avevano grande capacità oratoria tanto da convincere anche le fanciulle più riluttanti a tagliarsi le chiome. Finita la raccolta i pelassies ritornavano a Elva dove tutta la comunità si impegnava in una paziente lavorazione da cui uscivano trecce uniformi per colore, lunghezza, spessore e qualità. I grossisti di Elva le vendevano poi ad alto prezzo nelle metropoli europee della moda, Parigi, Londra, dove venivano utilizzate per le acconciature e le parrucche. L’attività rese ricchi gli elvesi per circa un secolo e mezzo, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale con l’avvento delle parrucche sintetiche il mestiere si esaurì”.

Altro mestiere molto antico sono le acciughe sotto sale; un commercio che DA SECOLI SUSSISTE CON LA SICILIA IN MODO PARTICOLARE CON LA CITTA’ DI SCIACCA. Ci racconti?

A differenza di quello dei pelassiers il mestiere degli anchoiers (in italiano “acciugai”) praticato principalmente dagli abitanti di Celle di Macra, Macra e Dronero è ancora oggi riscontrabile nei mercati del Nord Italia. La maggior parte dei venditori ambulanti di pesce conservato come acciughe sotto sale, baccalà, tonno e altri prodotti ancora pochi sanno che ha origine valmairese. Anche sulla nascita di questo mestiere si sono fatte molte ipotesi: una delle quali racconta di un bottaio di Celle di Macra che sceso in pianura con le sue botti per prestare la sua opera sulla riviera ligure, abbia voluto ritornare a casa riempiendo una sua piccola botte invenduta di acciughe sotto sale, giusto per non rientrare col carretto vuoto. Durante il viaggio si accorse che la gente che incontrava le voleva comprare. Le vendette tutte e arrivò in paese con la sacca piena di soldi, molti di più di quelli guadagnati facendo il bottaio. Raccontò la sua esperienza ai suoi compaesani che sentito il racconto decisero di provare anche loro. Non tutti sono d’accordo con questa storia, ma resta il fatto che questo mestiere iniziato condotto per lungo tempo come stagionale divenne nella società industrializzata del dopoguerra definitivo ma lontano dalla valle. Nacque il commercio all’ingrosso e i commercianti più intraprendenti della categoria si organizzarono per l’importazione, lo stoccaggio e la distribuzione e l’acciuga contribuì a creare grandi fortune. Per quanto riguarda Sciacca occorre dire che a riempire i magazzini degli acciugai della Valle Maira non erano le acciughe del mare di Liguria ma quelle che provenivano da Sciacca. I barili di acciughe in salamoia partivano da Palermo e arrivavano a Genova. Qui gli acciugai le prendevano e le portavano nelle loro cantine a stagionare anche per un anno. I salatori di Sciacca hanno sempre lavorato le acciughe con una qualità eccellente raramente riscontrabile in altri luoghi”.

Quali sono le altre caratteristiche delle vostre VALLI e che cosa direbbe ai lettori del GLOBUS per invogliarli a visitare questi luoghi?

La valle Maira è un territorio selvaggio in cui la natura incontaminata, l’arte, la storia e la cultura occitana si fondono insieme per offrire ai turisti angoli esclusivi dove il fascino dei paesaggi incanta qualunque visitatore. E’ il regno degli escursionisti con oltre 120 km di sentieri, i Percorsi Occitani, nati sulla traccia delle antiche vie di collegamento fra le borgate, dalla bassa all’alta valle. Il paesaggio ha un’incredibile variabilità e presenta peculiarità uniche: i Ciciu del Villar, l’Orrido di Elva, l’Altipiano della Gardetta, La Rocca Provenzale e tanto altro ancora. Dalla bassa all’alta montagna è il trionfo della natura in tutti i suoi aspetti. La Valle Maira non possiede alcun impianto a fune, non vi sono mai stati investimenti invasivi e perciò ha mantenuto il suo carattere di autenticità. Per questo è profondamente apprezzata dai turisti di tutta Europa che vedono in essa l’opportunità di una vacanza fuori dal caos del turismo di massa, il luogo ideale per rigenerarsi e ritrovare il proprio benessere fisico e emotivo, E’ una delizia per i mountain-bikers e per gli sportivi outdoor sia in estate che in inverno. Tanti gli sport possibili: dal trekking all’arrampicata, dalle racchette da neve allo sci-alpinismo e sci di fondo, ecc, ma anche tante opportunità di rilassarsi e godere dei benefici dell’ambiente puro e naturale. La cultura si presenta con tante occasioni di visita: piccoli e deliziosi musei da vedere, chiese e cappelle medievali magistralmente affrescate da ammirare, feste e musiche della tradizione da vivere. L’accoglienza e la ricettività sono davvero straordinarie: locande a prevalente conduzione famigliare di livello eccellente sono ovunque. E’ un territorio a misura d’uomo che riserva sorprese inusuali e straordinarie. Vale e davvero la pena venirci”.

Come gestite l’importante ISTITUZIONE REGIONALE che si chiama ECOMUSEO DELL’ALTA VALLE MAIRA? 

““L’ecomuseo è una pratica partecipata di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, elaborata e sviluppata dalla comunità locale anche per il tramite di un soggetto organizzato nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.” (dalla Carta di Catania – 2007). Quello di ecomuseo è un concetto complesso e che non trova una definizione univoca. Molti studiosi e operatori lo legano a un territorio caratterizzato da ambienti di vita tradizionali e a un patrimonio naturalistico e storico-artistico particolarmente rilevante e degno di tutela, conservazione e valorizzazione. E’ universalmente riconosciuto che un ecomuseo, per potersi definire tale, debba possedere alcuni requisiti: un territorio (inteso in senso fisico di “spazio” e anche in quanto “memoria storica”), una comunità (gli abitanti, gli amministratori, le associazioni e in generale tutti coloro che vivono il territorio), un progetto (ideato dalla comunità, con obiettivi ben definiti e condivisi, finalizzato ad accrescere le risorse sul territorio attraverso un vero processo di sviluppo locale). L’Ecomuseo dell’Alta Valle Maira è stato istituito dal Consiglio Regionale il 1° marzo 2000 in base alla Legge regionale N. 31/95 con cui il Piemonte è stata la prima regione italiana a legiferare in tal senso. Nato su iniziativa del comune di Celle di Macra, in accordo con il comune di Macra, il progetto si propone, idealmente, di ricomporre l’insieme dei 12 comuni che hanno formato, per circa tre secoli, una Repubblica quasi indipendente, governata con Statuti stilati già a partire dalla fine del XIII secolo. Questa particolarità unitamente all’appartenenza della valle al territorio di lingua d’oc, danno un’identità precisa al territorio. L’ Ecomuseo dell’Alta Valle Maira porta il sottotitolo Alpi Occitane, per sottolineare come la catena montuosa, soprattutto in Piemonte, abbia sempre giocato un ruolo fondamentale. Le Alpi un tempo rappresentavano un luogo di cerniera tra i popoli al di qua e al di là dei versanti montuosi, ed erano un luogo di scambi economici e culturali, di passaggio di etnie diverse, di uomini e di idee. Tra i temi individuati come rappresentativi dell’identità della valle, quello dei mestieri itineranti illustra al meglio il carattere migratorio delle popolazioni alpine, frutto di un’esigenza di ricerca e movimento, insita nell’indole dell’uomo di montagna:  merciai, bottai, bastai, ma soprattutto cavié e acciugai, sono i più noti e i più caratteristici della Valle. Attualmente hanno aderito alla proposta i seguenti comuni dell’alta Valle Maira ognuno dedicando un luogo a “Cellula ecomuseale” in cui vengono presentate al visitatore le particolarità di quel territorio con la sua comunità: Celle di Macra che ospita, all’interno del “Museo Seles dei Mestieri Itineranti” la parte dedicata all’emigrazione stagionale ed ai mestieri con riferimento agli acciugai, i più noti protagonisti dell’intraprendenza commerciale degli abitanti di alcuni comuni di media ed alta valle. Macra che ha realizzato all’interno del vecchio municipio dell’ex comune di Albaretto una esposizione permanente che illustra il mestiere dei Bottai praticato in modo itinerante dagli abitanti del luogo. Prazzo ha aderito al progetto ecomuseale realizzando il Museo “Fremos, travai e tero”, che attraverso la documentazione della coltivazione e lavorazione della canapa, volge uno sguardo al fondamentale apporto della figura femminile nella vita sociale ed economica del territorio. Marmora, luogo la cui tradizione era la realizzazione di basti e selle di ogni foggia e per ogni tipo di animale utilizzato da carico e soma. Elva, che annovera il curioso mestiere di raccoglitori di capelli, trattato all’interno del “Museo di Pels”. Molta attenzione viene rivolta al coinvolgimento della comunità ed in particolare dei bambini organizzando eventi, laboratori didattici e stage formativi per i più grandi. Altre iniziative in corso riguardano la promozione dei prodotti locali ed la riscoperta di produzioni tipiche a rischio di scomparsa, è di pochi mesi fa la realizzazione di una piccola vigna con il reinpianto di un particolare vitigno locale andando a recuperare con i vecchi del paese tralci di vite ormai inselvatichita sui pendii terrazzati della montagna un tempo intensamente coltivata. Da ricordare la coproduzione del film “Il vento fa il suo giro”, opera prima del regista Giorgio Diritti realizzato in lingua originale ed in gran parte con la partecipazione di “attori” locali. Il film vinse più di venti festival ed ottenne la candidatura a 5 David di Donatello divenendo il “trampolino di lancio” del regista recente vincitore del David con “Volevo nascondermi” dedicato al grande artista Antonio Ligabue. Link ai siti: Ecomuseo Alta Valle Maira https://ecomuseoaltavallemaira.it Consorzio turistico Valle Maira https://www.vallemaira.org Associazione Espaci Occitan http://www.espaci-occitan.org

“L’ecomuseo è una pratica partecipata di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, elaborata e sviluppata dalla comunità locale anche per il tramite di un soggetto organizzato nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.” (dalla Carta di Catania – 2007)

Quello di ecomuseo è un concetto complesso e che non trova una definizione univoca. Molti studiosi e operatori lo legano a un territorio caratterizzato da ambienti di vita tradizionali e a un patrimonio naturalistico e storico-artistico particolarmente rilevante e degno di tutela, conservazione e valorizzazione.

E’ universalmente riconosciuto che un ecomuseo, per potersi definire tale, debba possedere alcuni requisiti:

– un territorio (inteso in senso fisico di “spazio” e anche in quanto “memoria storica”),

– una comunità (gli abitanti, gli amministratori, le associazioni e in generale tutti coloro che vivono il territorio),

– un progetto (ideato dalla comunità, con obiettivi ben definiti e condivisi, finalizzato ad accrescere le risorse sul territorio attraverso un vero processo di sviluppo locale).

L’Ecomuseo dell’Alta Valle Maira è stato istituito dal Consiglio Regionale il 1° marzo 2000 in base alla Legge regionale N. 31/95 con cui il Piemonte è stata la prima regione italiana a legiferare in tal senso.

Nato su iniziativa del comune di Celle di Macra, in accordo con il comune di Macra, il progetto si propone, idealmente, di ricomporre l’insieme dei 12 comuni che hanno formato, per circa tre secoli, una Repubblica quasi indipendente, governata con Statuti stilati già a partire dalla fine del XIII secolo.

Questa particolarità unitamente all’appartenenza della valle al territorio di lingua d’oc, danno un’identità precisa al territorio.

L’ Ecomuseo dell’Alta Valle Maira porta il sottotitolo Alpi Occitane, per sottolineare come la catena montuosa, soprattutto in Piemonte, abbia sempre giocato un ruolo fondamentale.

Le Alpi un tempo rappresentavano un luogo di cerniera tra i popoli al di qua e al di là dei versanti montuosi, ed erano un luogo di scambi economici e culturali, di passaggio di etnie diverse, di uomini e di idee.

Tra i temi individuati come rappresentativi dell’identità della valle, quello dei mestieri itineranti illustra al meglio il carattere migratorio delle popolazioni alpine, frutto di un’esigenza di ricerca e movimento, insita nell’indole dell’uomo di montagna:  merciai, bottai, bastai, ma soprattutto cavié e acciugai, sono i più noti e i più caratteristici della Valle.

Attualmente hanno aderito alla proposta i seguenti comuni dell’alta Valle Maira ognuno dedicando un luogo a “Cellula ecomuseale” in cui vengono presentate al visitatore le particolarità di quel territorio con la sua comunità:

Celle di Macra che ospita, all’interno del “Museo Seles dei Mestieri Itineranti” la parte dedicata all’emigrazione stagionale ed ai mestieri con riferimento agli acciugai, i più noti protagonisti dell’intraprendenza commerciale degli abitanti di alcuni comuni di media ed alta valle.

Macra che ha realizzato all’interno del vecchio municipio dell’ex comune di Albaretto una esposizione permanente che illustra il mestiere dei Bottai praticato in modo itinerante dagli abitanti del luogo.

Prazzo ha aderito al progetto ecomuseale realizzando il Museo “Fremos, travai e tero”, che attraverso la documentazione della coltivazione e lavorazione della canapa, volge uno sguardo al fondamentale apporto della figura femminile nella vita sociale ed economica del territorio.

Marmora, luogo la cui tradizione era la realizzazione di basti e selle di ogni foggia e per ogni tipo di animale utilizzato da carico e soma.

Elva, che annovera il curioso mestiere di raccoglitori di capelli, trattato all’interno del “Museo di Pels”.

Molta attenzione viene rivolta al coinvolgimento della comunità ed in particolare dei bambini organizzando eventi, laboratori didattici e stage formativi per i più grandi.

Altre iniziative in corso riguardano la promozione dei prodotti locali ed la riscoperta di produzioni tipiche a rischio di scomparsa, è di pochi mesi fa la realizzazione di una piccola vigna con il reinpianto di un particolare vitigno locale andando a recuperare con i vecchi del paese tralci di vite ormai inselvatichita sui pendii terrazzati della montagna un tempo intensamente coltivata.

Da ricordare la coproduzione del film “Il vento fa il suo giro”, opera prima del regista Giorgio Diritti realizzato in lingua originale ed in gran parte con la partecipazione di “attori” locali.

Il film vinse più di venti festival ed ottenne la candidatura a 5 David di Donatello divenendo il “trampolino di lancio” del regista recente vincitore del David con “Volevo nascondermi” dedicato al grande artista Antonio Ligabue.

Link ai siti:

Ecomuseo Alta Valle Maira

https://ecomuseoaltavallemaira.it

Consorzio turistico Valle Maira

https://www.vallemaira.org

Associazione Espaci Occitan

http://www.espaci-occitan.org

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