Il Papa a Lampedusa: “Noi ormai insensibili verso chi soffre”

ROMA – Il Papa è partito dal Vaticano alle 7,20 della mattina ed è decollato alle 8 da Ciampino. Dopo un’ora e un quarto lo hanno accolto all’aeroporto di Lampedusa l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro e il sindaco Giuseppina Nicolini.

E’ richiesto un profilo basso per la prima visita ufficiale del Papa a Lampedusa che è durato due ore. Un viaggio lampo che Papa Francesco definisce una “spina nel cuore”,  mentre ha cercato di spiegare le ragioni che lo hanno spinto a portare la preghiera a quanti hanno perso la vita, cercando di arrivare in Europa per il Mediterraneo.

Ha incontrato alcuni migranti nella giornata, evocando il perdono all’indifferenza “verso fratelli e sorelle morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”.

Ad accoglierlo la comunità di Lampedusa e Linosa, ha celebrato una messa nel campo sportivo con oltre 10 mila fedeli presenti: un rito con una chiara impronta penitenziale, cui il pontefice ha aggiunto parole di forte impatto che mettono in discussione la  “cultura del benessere” e “globalizzazione dell’indifferenza”.

Nell’Omelia improntata alla penitenza vengono proclamati un brano tratto dal libro della Genesi sull’uccisione di Abele da parte di Caino e il brano evangelico di Matteo della strage degli innocenti voluta da Erode che per essere sicuro di eliminare Gesù fa uccidere tutti i neonati maschi dai due anni in giù.

La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi – ha ribadito papa Francesco – ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

Chi di noi – insiste il pontefice – ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?  per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie?”.

Chi è responsabile di questo sangue? Nessuno!”

Quei nostri fratelli e sorelle – scandisce Francesco nell’omelia riferito ai migranti – cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte”.

 “Chi è il responsabile di questo sangue?

“Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: “Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?”. Oggi nessuno si sente responsabile di questo. Abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto”.


Il Papa in partenza per il Vaticano ha gettato in mare una corona di fiori in loro memoria, accompagnato dai pescatori di Lampedusa che lo hanno  seguito con le loro imbarcazioni.

Ora Lampedusa non è più l’ultima frontiera d’Italia – ha commentato il sindaco Nicolini-  ma la prima tappa del primo viaggio del Papa, mi auguro che la sua visita aiuti tutti a prendere consapevolezza della responsabilità e della necessità di accogliere”

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