Come nasce (e si collauda) un farmaco

Intervista con il farmacologo catanese prof. Filippo Drago in margine a taluni recenti decessi nella fase di sperimentazione all’Estero. Nella fase avanzata un margine di rischio esiste ma è molto raro grazie ai severissimi controlli.

download

Vive perplessità ha suscitato recentemente, la notizia del decesso, in Francia, di un volontario (con gravi reazioni avverse per altri sette persone che versano adesso in gravi condizioni) a seguito di una sperimentazione di un nuovo farmaco lo stesso (assieme a altri tre ) si era sottoposto.

Ed è su tale episodio(che ha avuto qualche precedente anni dietro in Inghilterra )che abbiamo intervistato uno studioso catanese con specifica competenza nel settore, il prof. Filippo Drago, nella sua veste di ordinario di Farmacologia e direttore del dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’Università di Catania che per altro ha rivestito il ruolo di componente prima nella Commissione unica del farmaco(Cuf) e poi all’Aifa(Agenzia Italiana del Farmaco).

Nel processo di sviluppo di un farmaco-spiega lo studioso- si identificano 4 fasi che seguono alla sperimentazione in laboratorio e sull’animale: le prime tre (fasi I, II e III) rappresentano il  pre-marketing, mentre la fase IV segue l’immissione in commercio del farmaco medesimo.Gli studi pre-marketing sono finalizzati all’immissione in commercio di nuove molecole, nuove associazioni e di nuove forme farmaceutiche di farmaci registrati e di farmaci generici, oltre che all’approvazione di nuove indicazioni.Gli studi di fase I rappresentano i primi studi sull’uomo, successivi alla fase pre-clinica e di sviluppo farmaceutico, e sono essenziali per affrontare il delicatissimo passaggio dalla sperimentazione sull’animale a quella sull’uomo e per fornire una valutazione preliminare sulla sicurezza del farmaco; inoltre in questa fase vengono stabilite le dosi da utilizzare negli studi successivi

prof.Drago

Quali i margini di pericolo in tale fase particolarmente delicata della sperimentazione?

Senza dubbio, gli studi comportano un certo grado di rischio, senza alcun vantaggio diretto per il soggetto che è nella maggior parte dei casi un volontario sano rigorosamente selezionato. Sono condotti presso centri altamente qualificati e sottoposti a preliminari accertamenti da parte delle autorità regolatorie nazionali. È significativo che normalmente il 50% delle sostanze studiate non supera la fase I”.

Gli studi di fase II comprendono studi preliminari (studi-pilota) che coinvolgono un numero limitato di pazienti (circa 100) rigorosamente selezionati con l’obiettivo di definire le dosi attive tra quelle precedentemente studiate in fase I, il rapporto dose-effetto e l’attività in confronto al placebo e/o in confronto ad un farmaco standard. Questa fase porta a un’ulteriore selezione delle molecole studiate con esclusione di quelle che hanno dimostrato insufficiente attività terapeutica e scarsa tollerabilità (circa il 30%).La fase III comprende studi allargati e comparativi sull’efficacia e sulla sicurezza a lungo termine (da 1 a 5 anni), coinvolgendo un ampio numero di pazienti selezionati in base a ristretti criteri di inclusione. Nella fase III viene valutata l’efficacia verso il farmaco standard o il cosiddetto placebo e vengono valutati  gli effetti indesiderati nel breve e lungo periodo e il rapporto beneficio/rischio. In questa fase vengono condotti anche  studi per approfondire le conoscenze sul farmaco in condizioni più simili alla normale pratica clinica, su popolazioni speciali (anziani, bambini, pazienti diabetici, ecc.), su pazienti cronicamente sottoposti ad altre terapie (studi di interazione farmacologica), ovvero studi di farmacogenetica. Infine, la fase IV (post-marketing), definita anche la fase della Farmacovigilanza, comprende studi condotti su un grande numero di pazienti e si pone diversi obiettivi finalizzati al miglioramento dell’utilizzo del nuovo farmaco: studiare in una popolazione più ampia il valore terapeutico del farmaco verso lo standard (disegno in aperto o randomizzato in doppio cieco); valutare la sicurezza del farmaco nelle normali condizioni d’uso; approfondire il rapporto beneficio/rischio”.

Quali gli organismi preposti a tale rigorosa sequenza di controlli?

“In Europa la sperimentazione clinica con farmaci è regolamentata dalla Direttiva europea che definisce sperimentazione clinica “qualsiasi studio sull’uomo finalizzato a scoprire o verificare gli effetti clinici, farmacologici e/o altri effetti farmacodinamici di uno o più medicinali sperimentali, e/o a individuare qualsiasi reazione avversa ad uno o più medicinali sperimentali, e/o a studiarne l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione, con l’obiettivo di accertarne la sicurezza e/o l’efficacia”. Qualsiasi sperimentazione clinica deve essere autorizzata dalle autorità competenti. Il Codice di Norimberga, approvato nel 1947, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, e successivamente la Dichiarazione di Helsinki rappresentano i capisaldi dell’etica e dei fondamenti giuridici sia nel campo delle sperimentazioni cliniche sia nella comune pratica clinica.Emanazione di questi documenti etici sono le Good Clinical Practice (GCP), che rappresentano uno standard internazionale di etica e qualità scientifica per progettare, condurre, registrare e pubblicare studi clinici di qualsiasi fase e tipologia che coinvolgano soggetti umani. L’aderenza a questi standard di GCP garantisce pubblicamente non solo la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano allo studio, in conformità con i princìpi stabiliti dalla Dichiarazione di Helsinki, ma anche l’attendibilità dei dati relativi allo studio clinico.

Le GCP stabiliscono che nessuna sperimentazione clinica può essere condotta senza l’approvazione del Comitato Etico competente, il quale formula il proprio parere sullo studio valutando in particolare il razionale e la rilevanza della sperimentazione clinica, il protocollo, il disegno sperimentale, i criteri d’inclusione dei soggetti, la giustificazione del rapporto rischio/beneficio, il dossier dello sperimentatore e le modalità di arruolamento dei soggetti. Il Comitato Etico valuta, inoltre, l’adeguatezza, la completezza e la comprensione del consenso informato per il paziente, l’adeguatezza della copertura assicurativa dei soggetti e la durata postuma della stessa.Nel 2014 è stato approvato il nuovo regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche, che si applicherà in maniera esclusiva non prima della seconda metà del 2016, con carattere vincolante e direttamente applicato a tutti gli Stati Membri. Si tratta di un provvedimento che colma una serie di lacune normative sugli studi clinici, uniformando l’autorizzazione degli stessi da parte di tutti gli Stati Membri interessati con un’unica valutazione sui risultati. aumentando così la competitività nel settore delle sperimentazioni nell’Unione Europea, assicurando dati affidabili ad alto impatto scientifico, garantendo la sicurezza dei pazienti. Il principio generale stabilisce che una sperimentazione clinica può essere condotta esclusivamente se i diritti, la sicurezza, la dignità e il benessere dei soggetti sono tutelati e se essa è progettata per generare dati affidabili e robusti.”

-Quali pertanto le deduzioni dall’episodio drammatico di qualche giorno addietro?

“I fatti accaduti in Francia lo scorso venerdì 15 gennaio durante una sperimentazione clinica di fase I potrebbero, agli occhi dell’opinione pubblica, mettere in dubbio la validità dei meccanismi della ricerca clinica, che in realtà sono regolamentati in modo molto preciso in modo da tutelare e garantire la sicurezza dei soggetti che volontariamente decidono di sottoporsi ad uno studio.Sei giovani adulti, tra i 28 e i 49 anni, volontari sani arruolati in uno studio per valutare una molecola con azione sul sistema cannabinoide endogeno (la sigla del farmaco è BIA 10-2474), sono stati ricoverati presso l’ospedale universitario di Rennes, Francia. Uno di questi è deceduto dopo due giorni trascorsi in morte cerebrale e tre sono ancora in gravi condizioni e potrebbero subire danni cerebrali irreversibili a seguito di uno stroke. Il principio attivo era in sviluppo per il trattamento dei disturbi dell’umore e per il suo effetto analgesico. I volontari sani assumevano al proprio domicilio la compressa per via orale e ricevevano, come previsto dalla normativa vigente, un compenso.Lo studio clinico, iniziato già nel luglio 2015, è stato condotto dalla Contract Research Organization (CRO) francese Biotrial, per conto dell’azienda portoghese Bial, coinvolgendo circa 90 soggetti che non hanno fino ad ora manifestato problemi e che, alla luce delle gravi conseguenze verificatesi in questi giorni, verranno rivalutati con opportuni approfondimenti diagnostici. In particolare, il gruppo dei soggetti ricoverati stava assumendo la dose più elevata in modo ripetuto, mentre gli altri hanno assunto una somministrazione unica del farmaco. Saranno necessarie numerose valutazioni e ispezioni per accertare la causa del grave episodio. Le ipotesi sulla causa di questi fatti riguardano la possibilità di una contaminazione durante il processo di produzione o di un possibile effetto della molecola non previsto negli studi preclinici.

-Quali le deduzioni da tali tragici eventi?

“Incidenti di questo tipo sono rarissimi, proprio per la selezione che viene fatta con gli studi in laboratorio. Nel 2006 un episodio simile si è verificato a Londra, quando sei volontari sani subirono gravi danni, fino ad una insufficienza multi-organo con pericolo di vita, durante la somministrazione di un farmaco biologico con azione sulle cellule del sistema immunitario (anticorpo monoclonale TGN1412) in sviluppo per patologie come la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide o leucemie. Durante gli studi preclinici non erano stati riscontrati effetti negativi di particolare rilievo, tanto da consentire di ottenere l’autorizzazione da parte delle autorità regolatorie per il “first in man”. Anche in questo caso furono condotte valutazioni per accertarne la causa, che risultò essere legata ad un calcolo errato della dose. Normalmente la dose iniziale per le prime valutazioni viene calcolata, sulla base dei dati disponibili dalla preclinica, in modo da ottenere al massimo un effetto pari al 10% del massimo prevedibile. In questo caso sfortunato la dose utilizzata risultò capace di occupare il 90% dei recettori bersaglio, tanto da causare gli eventi catastrofici osservati (perdita delle dita, sindrome dell’Elephant man). Questo effetto era imprevedibile in base ai risultati degli studi di preclinica, in quanto legato ad una differenza tra le specie animali studiate nella struttura del recettore. Il farmaco è stato successivamente sottoposto a un nuovo studio di fase I ad una dose dello 0,1% di quella utilizzata nel 2006 ed è adesso in corso uno studio su pazienti con artrite reumatoide con apparente successo terapeutico. Ciò dimostra l’importanza di disegnare uno studio adeguato non solo per la sicurezza dei volontari che ricevono il farmaco per la prima volta ma anche per garantire che una possibile nuova arma terapeutica possa arrivare al paziente. Il caso degli eventi avversi insorti nello studio del 2006 ha avuto conseguenze importanti anche dal punto di vista regolatorio, poiché l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) nel 2007 ha emesso nuove linee guida per la conduzione degli studi di fase I, in particolare per l’individuazione della dose con il minimo rischio per tutti i tipi di molecole da usare nel “first in man”.Pertanto, bisognerà aspettare tutti gli accertamenti che permetteranno di chiarire cosa abbia provocato l’episodio di Parigi per capire le ripercussioni sulle modalità attuali di conduzione degli studi. Rimane, tuttavia, indiscussa l’importanza e l’utilità della conduzione degli studi preclinici, che consentono l’esclusione di un numero elevato di molecole dall’accesso alla clinica ed evitano che incidenti come questo avvengano con maggiore frequenza”.

a Cognita Design production
Torna in alto