Villarosa: sequestro beni al clan mafioso Nicosia

Le fiamme gialle di Caltanissetta hanno sequestrato 80 ettari di terreno, un azienda agricola, conti correnti e assegni circolari intestate a tre malviventi. 

caltanissetta gdf

Agenti della guardia di finanza di Caltanissetta  nelle prime ore di stamattina hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo, emesso dalla D.D.A. di Caltanissetta, di  80 ettari di terreno, una azienda agricola, conti correnti e assegni circolari intestati a  Maurizio Giuseppe Nicosia, il fratello Fabrizio Michelangelo e Carmela Stagno moglie di Fabrizio. L’attività di indagine nasce nel 2012, quando il Gico di Caltanissetta iniziò ad effettuare accertamenti economico-patrimoniali nei confronti del 45 enne pluripregiudicato Maurizio Giuseppe Nicosia   e più volte arrestato e condannato per reati contro la persona, contro il patrimonio, stupefacenti (associazione e traffico), omicidio volontario tentato, porto abusivo di armi, lesioni personali, indebita percezione di contributi pubblici nel settore agricoltura ed allevamento, inosservanza degli obblighi sulla sorveglianza speciale. Il soggetto è stato anche sottoposto a misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di  4 anni(dal 2003 al 2007). Le attività di indagine avevano inoltre dimostrato che Nicosia apparteneva al clan mafioso Nicosia di Villarosa nell’ennese. Durante gli accertamenti è stato individuato, tra l’altro, un atto di compravendita, perfezionato tra membri della famiglia Nicosia. Si tratta di una cessione di terreno agricolo di 80 ettari da parte di Maurizio Nicosia nei confronti del fratello Fabrizio e alla moglie Carmela Stagno per il prezzo complessivo dichiarato di 400 mila euro, per i quali i due cognati hanno chiesto e ottenuto ingenti contributi comunitari dall’ente AGEA. L’intestazione fittizia del beni ai parenti era stata effettuata da Maurizio Nicosia al fine di salvaguardare il patrimonio da un’eventuale aggressione da possibili misure di prevenzione. I tre soggetti sono indagati in concorso, oltre che per la fittizia intestazione dei beni, anche per truffa aggravata, in quanto con la loro condotta avrebbero continuato a beneficiare di contributi pubblici per l’agricoltura e l’allevamento. Tutti i reati sono stati contestati con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan mafioso di appartenenza. Le indagini delle fiamme gialle hanno permesso di porre sotto sequestro beni per circa 1,6 milioni di euro. 

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