Antisismica, a Catania proposta cantierabile e applicabile

Convegno a Catania organizzato da Ance, Ordini di Ingegneri e Architetti. Presentata la ricerca condotta da Imperial College di Londra e Università etnea, si è parlato di protezione degli edifici in cemento armato di vecchia generazione, occorrono strutture più elastiche con dispositivi dissipativi in acciaio.

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Sono passati 324 anni da quell’11 gennaio del 1693 che non lasciò scampo alla Sicilia orientale e che, oltre a rappresentare una delle date più significative della storia sismica del Paese, modificò radicalmente l’intera rete insediativa. Nello stesso giorno a Catania, territorio col più alto rischio in Europa, l’Associazione dei costruttori edili, affiancata dagli Ordini di Ingegneri e Architetti, ha organizzato un convegno di rilevanza internazionale «per presentare un’importante ricerca, condotta dall’Università di Catania e dall’Imperial College di Londra – ha spiegato il presidente Ance Catania Giuseppe Piana – che la nostra Associazione ha voluto finanziare con l’obiettivo di individuare possibili tecniche di adeguamento degli edifici in calcestruzzo armato, progettati in assenza di specifiche norme antisismiche». A presentarlo stamattina – presso il Dipartimento di Agraria del capoluogo etneo, davanti a una platea di oltre 700 persone – il professore ordinario di Meccanica Computazionale dell’Università britannica Bassam Izzuddin, e il professore Ivo Caliò, ordinario di Dinamica delle Strutture e Ingegneria Sismica presso l’Ateneo etneo. Tra i contributi tecnici anche quello del presidente dell’Istituto nazionale di Urbanistica Sicilia, prof. Paolo la Greca: «Solo con la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini è possibile trattare la questione, e su questo fronte gli studi urbanistici danno un contributo importante, facendosi carico di un tema determinante che è il condominio. È necessario incentivare premialità per interventi di rigenerazione urbana».

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«Tutti i professionisti tecnici hanno la responsabilità di individuare un sistema per cui la città di Catania, e tutti i centri siciliani e del resto d’Italia, devono essere messi in sicurezza – hanno dichiarato i presidenti di Ingegneri e Architetti, Santi Cascone e Giuseppe Scannella – si tratta del più grande e utile piano di interventi che possiamo immaginare, perché la vita delle persone è sicuramente la priorità più importante, e le competenze e le conoscenze delle nostre categorie sono al servizio del bene comune».

Il sistema delle intelligenze di Catania – composto da Ance, Ordini, Università, Amministrazione e associazioni di categoria – ha scelto di agire e reagire in merito alla problematica del rischio sismico lavorando insieme per individuare soluzioni, strategie e iniziative: «Dal nostro tavolo di lavoro vengono fuori risposte fattibili e concrete – ha continuato Piana – applicabili in tempi rapidi, come il convegno di oggi e la ricerca finanziata dalla nostra Associazione».

Durante i saluti, anche gli interventi del vicepresidente Ance Gianluigi Coghi – che porterà lo studio all’attenzione dell’Associazione nazionale – del sindaco di Catania Enzo Bianco e del sindaco di Messina Renato Accorinti, che ha sottolineato l’importanza di evitare inutili campanilismi e di fare rete, stringendo un vero e proprio patto di solidarietà tra i comuni. «La nostra Amministrazione – ha spiegato Bianco – sta lavorando seriamente per mitigare il rischio sismico attraverso progetti condivisi con tutta la filiera di esperti coinvolta nel processo di rigenerazione urbana. Un modello di collaborazione, basato su un efficace spirito di squadra, che in qualità di presidente Anci propongo di estendere ad altre città italiane. Nel regolamento edilizio abbiamo previsto la raccolta dei dati utili dei singoli edifici per conoscere a fondo il patrimonio immobiliare privato; invece, sul fronte pubblico siamo partiti dalla progettazione della messa in sicurezza delle scuole, per la quale abbiamo già richiesto i finanziamenti. Alla luce dei fatti recenti oggi c’è una accresciuta consapevolezza a livello politico centrale del rischio sismico».

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LA PREMESSA. Il rischio di un territorio oltre a dipendere dalla probabilità di subire forti terremoti dipende soprattutto dalla capacità delle costruzioni di fronteggiare le azioni sismiche. Considerando il binomio pericolosità-vulnerabilità, Catania può considerarsi una delle città a più alto rischio a causa della vicinanza alla faglia Ibleo-Maltese. Nei prossimi anni ci si aspetta un terremoto simile a quello del 1693, con una previsione di 160mila morti (fonte: Protezione Civile).

LO STUDIO. Il lavoro è stato condotto per 6 mesi dal team di ricerca composto anche dal professore Lorenzo Macorini dell’Imperial College, e dal dottorando di ricerca Giuseppe Occhipinti, titolare della borsa. Lo studio è stato effettuato su un edificio prototipo di 10 piani, costruito in calcestruzzo armato per soli carichi verticali, individuato come rappresentativo di numerose costruzioni residenziali progettate a Catania tra gli anni ‘60 e ‘80, prima dell’introduzione della normativa antisismica. Il caso è stato scelto in collaborazione con un gruppo di ricerca coordinato da Aurelio Ghersi, ordinario di Tecnica delle costruzioni dell’Università di Catania. Le simulazioni del comportamento sismico dell’edificio sono state condotte mediante modelli ad alta fedeltà, implementati in un software di calcolo ad altissime prestazioni.

I RISULTATI. I risultati mostrano l’estrema vulnerabilità sismica del prototipo esaminato, rispetto al terremoto atteso nella città di Catania, dov’è emersa una resistenza di circa il 30%. Il gruppo di lavoro, utilizzando gli stessi raffinati strumenti di analisi, propone una soluzione innovativa di adeguamento dell’edificio che consente con costi sostenibili un sostanziale incremento della prestazione antisismica, paragonabile agli edifici di nuova costruzione.

STRATEGIE INNOVATIVE. L’unico modo per difendersi dal sisma, è quello di diffondere il messaggio che il terremoto è un fenomeno naturale ciclico da cui ci si può difendere. Lo studio ha fatto emergere una proposta cantierabile e applicabile su larga scala, perché compatibile con le facciate di tutti gli edifici: si tratta di un sistema dissipativo compatibile con la distribuzione architettonica delle pareti e dei vuoti al loro interno. «Abbiamo focalizzato l’attenzione sull’uso di pareti di taglio – spiegano i ricercatori – vale a dire pareti in cemento armato che corrono dalle fondazioni fino alla sommità, disposte in posizioni strategiche, e che spesso coincidono con pareti cieche (dove non è presente nessuna apertura, per ridurre l’onere gravoso ed economico dell’intervento), con uso di controventi dissipativi in acciaio inseriti e disposti in coincidenza degli altri tamponamenti. Tecnologie già esistenti per la nuova edilizia ma mai applicate con questa configurazione negli edifici esistenti. Gli edifici di quell’epoca sono caratterizzati da un foglio di mattoni interno molto sottile, una camera d’aria e un foglio esterno di mattoni forati: la soluzione prevede la rimozione del foglio esterno, l’intervento nello spazio ricavato e la successiva occlusione. Si tratta di dispositivi metallici appositamente progettati per assorbire e dissipare energia in modo controllato dal terremoto alla struttura, che in loro assenza sarebbe trasmessa direttamente agli elementi strutturali e non strutturali. L’installazione dei controventi dissipativi è in generale mirata a evitare che l’eventuale nascita di cinematismi nelle strutture in cemento armato si risolva nel collasso, riducendo l’eccessiva deformabilità e quindi limitando il danno».

LE TIPOLOGIE DI CONTROVENTO. Controvento non dissipativo a croce, che segue le diagonali che in facciata creano travi e pilastri, e un controvento a P greco che, nel momento in cui l’edificio tende a spostarsi orizzontalmente, tende a ruotare: quindi la parte centrale avrà uno spostamento differenziato, inducendo l’elemento posto al centro a comportarsi come un fusibile, cioè a plasticizzarsi.

Sono intervenuti per i saluti istituzionali il direttore del Dicar–Unict Enrico Foti e il prof. Rosario Lanzafame, l’apertura dei lavori è stata affidata a Gianluigi Coghi vicepresidente di Ance nazionale, mentre Massimo Cuomo (Università etnea) ha moderato gli interventi di: Giuseppe Margani, Giuseppe Lombardo, Edoardo M. Marino, Aurelio Ghersi, Pier Paolo Rossi, Melina Bosco, Francesca Barbagallo, Francesca Contrafatto (Università di Catania); Bassam Izzudin, Lorenzo Macorini (Imperial College London); Ivo Caliò, Giuseppe Occhipinti, (Università di Catania); Antonio Borri (Università di Perugia).

Nel pomeriggio l’intervento di Paolo La Greca (Università di Catania e presidente Inu Sicilia) ha dato il via alla tavola rotonda moderata dal presidente Piana a cui hanno partecipato: Giuseppe Castiglione (Sottosegretario Mipaaf); Giovanni Pistorio (assessore Infrastrutture Regione Siciliana); Calogero Foti (direttore generale Protezione civile Regione Siciliana); Luigi Bosco (assessore ai Lavori Pubblici Comune di Catania); Salvo Di Salvo (assessore Urbanistica Comune di Catania); Santi Maria Cascone (presidente Ordine Ingegneri di Catania); Giuseppe Scannella (presidente Ordine Architetti Catania); Antonio Pogliese (presidente Centro Documentazione Ricerca e Studi sulla Cultura dei Rischi).

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