Allarme plastica per il Mediterraneo!

 La spedizione ‘Race for water odissey’ porta alla luce una situazione preoccupante: l’80% dei rifiuti presenti in mare è plastica.

Vi siete mai chiesti cosa nasconde il mare sotto la sua superficie? A partire dal boom delle industrie, la plastica è il materiale che popola maggiormente gli oceani mettendo a rischio la biodiversità. Una constatazione allarmante della quale si è iniziato a prendere consapevolezza a partire dagli anni Ottanta. A seguito di ciò, negli ultimi trent’anni sono state finanziate numerose spedizioni in mare, allo scopo di rilevare dati utili per analizzare i tipi di plastica e la quantità di rifiuti che si trovano negli oceani.

L’ultima di queste missioni, chiamata ‘Race for water odissey’ è partita lo scorso 15 marzo da Bordeaux, in Francia, con l’obiettivo di ispezionare l’Oceano Atlantico, l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano Meridionale. La spedizione, presieduta e finanziata dall’italo-svizzero Marco Simeoni, ha portato alla luce una serie di dati sconcertanti, frutto di decenni di inquinamento. La mano dell’uomo non ha risparmiato nemmeno l’ambiente marino, ed è emerso che l’80% dei rifiuti presenti in mare è plastica, inoltre grazie ai dati raccolti da 24 spedizioni compiute tra il 2007 e il 2013 sono state stimate 269.000 tonnellate di frammenti di plastica negli oceani.

Una scoperta ancora più preoccupante che fa riflettere sulla portata dell’emergenza ambientale in corso, è riferita al Mar Mediterraneo. Per via delle correnti marine la plastica disseminata negli oceani viene trasportata nel ‘Mare Nostrum’, che si trasforma in una zona di accumulo di rifiuti, nonostante sia caratterizzato da una superficie inferiore rispetto a quella degli altri oceani. Infatti, il carico totale dei frammenti di plastica presenti sulla superficie del mare è di 1000 tonnellate, vale a dire il 7% del carico globale. In particolare è stato rilevato che si possono trovare da 1 a 10 pezzi di plastica per mq nelle zone più inquinate. Una situazione abbastanza grave se si pensa che nel Mediterraneo sono presenti tra il 4% e il 18% di tutte le specie marine.

Grazie alla spedizione sono stati individuati cinque tipi diversi di plastica presenti nel Mediterraneo: pellet industriale, pellicole sottili, lenze per la pesca, schiuma, e svariati frammenti di plastica di oggetti rotti. La presenza ingombrante di plastica nel mare comporta una serie di rischi per l’ambiente e per la salute dell’uomo, motivo per cui è necessario correre ai ripari. Il materiale, ampiamente diffuso, rilascia una serie di veleni e sostanze tossiche: ritardanti di fiamma, cioè miscele di sostanze chimiche derivanti dall’industria e utilizzati per rendere meno infiammabili determinati prodotti; Pcb, composti chimici che contengono cloro; ftalati, vale a dire sostanze chimiche prodotte dal petrolio.

Questi veleni oltre a inquinare il mare entrano nella catena alimentare comportando un serio rischio per la salute dell’uomo. In base a uno studio effettuato dallo ‘Scripps Institution of Oceanography’ del 2010, la plastica depositata in mare non si limita a rilasciare sostanze tossiche, ma assorbe quelle già presenti nell’ambiente come ad esempio il cromo e sostanze radioattive provenienti dalle famose ‘navi dei veleni’. Ne sono un esempio i relitti affondati in maniera inspiegabile in prossimità delle coste italiane, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Il 5% – 10% dei pesci ingeriscono le sostanze inquinanti e in questo modo la plastica entra a far parte della nostra catena alimentare.

Tutto questo lascia immaginare quali possano essere gli effetti sulla salute dell’uomo. Inoltre, la produzione della plastica è destinata ad aumentare e di conseguenza il suo utilizzo, pertanto sarebbe opportuno pensare ad una soluzione che risolva il problema alla radice. Intervenire sull’emergenza attraverso la pulizia dell’ambiente è fondamentale, ma non basta. Occorre puntare su una corretta gestione dei rifiuti attraverso il riciclo, l’educazione ambientale, fondamentale per creare un vero e proprio movimento culturale che risvegli le coscienze, e una legislazione a parte per i reati ambientali.

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