La bella storia dell’allievo che a 52 anni sta per diplomarsi e ha vinto il prestigioso premio immaginando, per il testo senza parole del Nobel Handke, una piazza Duomo catanese piena di specchi-scivoli.
“Una bellissima storia, che testimonia di quali straordinarie energie è ricca la nostra Accademia”. Lo ha detto la presidente di Aba Catania, Lina Scalisi, commentando la vittoria nella sezione arti figurative, digitali e scenografiche del quindicesimo Pna, il Premio nazionale delle Arti, da parte di un allievo, lavoratore e fuorisede, dell’Accademia, Giovanni Arena.
“Arena – ha spiegato il direttore Gianni Latino – non ha fatto in tempo a organizzarsi e quindi sono andato io, che ero già stato invitato, a Sassari, nel Conservatorio Luigi Canepa, a ritirare dalle mani della ministro dell’Università Maria Cristina Messa il riconoscimento, uno dei tredici assegnati quest’anno. Noi avevamo avuto in tutto otto studenti selezionati nelle varie sezioni. Arena, che sta per conseguire il diploma accademico triennale in quella materia, ha vinto il premio per la sezione Scenografia teatrale, cinematografica e televisiva con il progetto per l’opera di Peter Handke dal titolo L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro, elaborando bozzetti, foto, plastico e un video”.
Ma c’è un motivo in più per cui la vittoria di Giovanni Arena va celebrata, ed è il fatto che l’allievo di Aba Catania ha 52 anni.
“Sì – ha confessato – non sono proprio di primo pelo. E se a 49 anni ho deciso di iscrivermi all’Accademia di Catania dopo aver lavorato fin da giovane nell’azienda di famiglia, che realizza arredamenti per locali commerciali, sentivo che mi mancava qualcosa. Era diventato tutto un po’ ripetitivo, banale. Io, tanti anni fa, mi ero diplomato in un Istituto tecnico per geometri. Negli ultimi anni avevo pensato che avrei potuto iscrivermi in Architettura. Poi ricordai quella definizione della Scenografia come architettura dell’effimero e per saperne di più mi recai nell’Accademia di Catania. Ed ebbi la fortuna di incontrare il prof. Zucco, un intellettuale capace di estrapolare da un testo letterario un’idea visiva da far diventare scena”.
“Io – ha aggiunto Arena – ho vissuto a Catania fino a quasi quindici anni. Poi i miei trasferirono l’azienda a Enna. Certo, emigrare a Enna fa sorridere, ma considerate che qui c’è la nebbia come a Milano, anche se non ci sono tutti quei soldi. Insomma, finì che mi iscrissi all’Accademia e, prima del lockdown, ogni giorno facevo avanti indietro per seguire le lezioni. Faticavo, perché non ho la mente fresca come un tempo, ma ero felice. E con Covid e Dad le difficoltà sono cresciute: mi mancava il contatto umano”.
“Quando il prof. Zucco – ha raccontato -mi propose di partecipare con una mia collega di corso al bando per il premio ero titubante. Non volevo togliere spazio ai ragazzi. Ma adesso sono davvero contento: ho qualcosa da raccontare a mia figlia, che ha nove anni. E ho deciso anche di iscrivermi, dopo il diploma accademico, al biennio di specialistica. Non vorrei perdere i pochi neuroni che mi sono rimasti e tenerli in allenamento è indispensabile”.
“Quel progetto – ha ricordato il suo insegnante di scenografia, Aldo Zucco – Arena lo portò all’esame su mio invito. Ho un legame forte con Handke, vincitore del Nobel per la Letteratura nel 2019: su un suo testo, Insulti al pubblico, che avevo scoperto per caso nella biblioteca della mia città, Taurianova, era incentrata la mia prima tesi, nel 1983. Fu invece Mariano Nieddu, un attore sardo della compagnia teatrale Mana Chuma, a consigliarmi L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro, testo senza parole, d’azione, performativo, per rendere l’atmosfera della Pandemia. Con Arena lavorammo in Dad e con risultati ottimi. Progettò questo attraversamento di spazi e oggetti, anche nella piazza del Duomo di Catania, con strutture leggere di specchi, scivoli che riflettevano la città. Siamo tutti felici di questo premio perché il percorso di uno studente si deve a tutti gli insegnanti del corso”.