A quarant’anni dal film ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’, tanti legami con la legge Basaglia e Goffman

 ‘Dal teatro alle istituzioni totali’

 

 

Teatri e manicomi, cos’ hanno in comune? Sembrerebbe niente. Nei primi si celebra la rappresentazione dell’ arte invece nei secondi avviene la negazione dell’individuo. Eppure per Erving Goffman non è così: sono due facce della stessa medaglia. Non a caso, il sociologo canadese ha ispirato ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’ di Milos Forman (‘Amadeus’): il film, che l’anno prossimo compirà quarant’ anni, ha chiuso per sempre i manicomi.

Come avviene la contaminazione tra teatro e malattia metale? E’ perché quello che avviene sul palcoscenico è reale e vero solo fino a quando lo spettacolo resta vero per il pubblico. Proprio come nella vita reale. La rappresentazione drammaturgica è un rituale e vale fino a quando gli individui la riconoscono come tale. Durante l’atto recitativo, l’attore trasmette dei simboli che vengono poi tradotti e condivisi dal pubblico il quale li porta con sè. Nella vita di ogni giorno, la realtà viene quotidianamente costruita e mantenuta attraverso gli stessi rituali coercitivi.

Il più pregnante elemento di assonanza tra vita e teatro è il rapporto che si crea tra retroscena e la vera e propria rappresentazione, ovvero la ribalta. Quest’ ultima interessa di più i ‘non addetti ai lavori,’ il pubblico impreparato che assiste alla recita. Ma resta il retroscena lo spazio che suscita più curiosità in quanto non visibile e, paradossalmente, quanto più quest’ultimo e negato, tanto più la ribalta apparirà migliore. E questo vale anche per noi stessi.

Se si passa alla vita di ogni giorno, la cucina, la camera da letto e il bagno sono come il retroscena, ovvero i luoghi inviolabili e, mentre il salotto è la ribalta.

Supponiamo un paradosso, ovvero che ribalta e retroscena si confondano. O per fare un esempio più familiare, che la padrona di casa litighi col marito davanti ai suoi ospiti. Per fare un esempio positivo di tutto questo, c’è il caso di Umberto Orsini, che durante la recitazione ‘La Tempesta’ di William Shakespeare al Teatro Metropolitan di Catania (ribalta), cade a terra in preda ad un malore, il pubblico viene coinvolto, ma Orsini coraggiosamente domanda la battuta di risposta all’ attore che voleva invece soccorrerlo (retroscena), e conclude così alla grande.

Volendo invece fare un esempio negativo, nei manicomi o istituzioni totali, come le chiama Goffman, retroscena e ribalta si confondono totalmente fino a portare all’annientamento dell’identità dei pazienti. Proprio come accadeva nelle strutture sanitarie mentali precedenti alla legge Basaglia.

Forse tutto questo è quello che  il sociologo ha ispirato Forman. Non a caso, per sperimentare tutto questo sulla sua pelle, Goffman si finge pazzo e si fa ricoverare. Può così studiare da vicino i meccanismi coercitivi che vengono messi in atto negli istituti per ciechi, sanatori, ospedali psichiatrici, prigioni, campi di concentramento, conventi e collegi dell’epoca. In queste strutture, tutto sembra lavorare a scapito del paziente e di quell’uomo che dovrebbe invece essere riabilitato: trova inferriate, porte, finestre, catene, lucchetti, serrature, letti di contenzione, camicie di forza, elettroshock e lobotomia. Tutto questo più la sottomissione e l’annientamento della persona, esercitata dall’istituzione psichiatrica fa perdere al malato la sua libertà.

Grazie anche a Goffman queste strutture coercitive non sono più neanche immaginabili e grazie al suo contributo  é stata attuata la riforma della legge psichiatrica (legge Basaglia, legge 180), ed è cambiato il concetto tradizionale di malattia mentale: adesso essa è considerata una patologia come tutte le altre, e nel sistema d’intervento psichiatrico moderno è l’individuo stesso a chiedere il ricovero. 

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