Intervista a Fabrizio Catalano, nipote dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia

A 100 anni dalla nascita, onoriamo la memoria di LEONARDO SCIASCIA, intervistando l’amico Fabrizio Catalano, nipote del grande scrittore siciliano, regista di fama mondiale e coordinatore delle manifestazioni per il centenario. Il presidente della FONDAZIONE LEONARDO SCIASCIA è il sindaco di RACALMUTO, Vincenzo Maniglia. Sciascia è un importante personaggio siciliano che ha lasciato un’ impronta indelebile nella cultura sicula!

E’ con gioia immensa che oggi per GLOBUS MAGAZINE, intervisto l’amico Fabrizio Catalano, che con amorevole cura, ricorda suo nonno LEONARDO SCIASCIA. Tante le manifestazioni pro anniversario della nascita di Dante Alighieri e tutto il mondo gli ha reso giustamente omaggio. Noi, da SICILIANI DOC, non possiamo non omaggiare e ricordare un grande della letteratura e della cultura siciliana: LEONARDO SCIASCIA, che nel 2021 avrebbe compiuto 100 anni. Parlare di lui per ricordarlo nel centesimo anno della sua nascita è importante per noi siciliani. Lo scrittore  nacque a Racalmuto l’8 gennaio 1921.

Noi siciliani dovremmo sempre ricordare i grandi, onesti uomini e donne che hanno reso la SICILIA UNA GRANDE ISOLA PREGNA DI ARTE E DI CULTURA: un FILO INVISIBILE che non si dovrà mai spezzare con illustre figure che hanno talmente amato e rispettato la SICILIA TANTO DA LASCIARE UN’INDELEBILE IMPRONTA PER I POSTERI. Parlare di Sciascia, di quello che d’importante ci ha lasciato, la memoria storica di un poeta, di uno scrittore, di un fotografo meraviglioso. Oggi, per GLOBUS, abbiamo il piacere d’intervistare il nipote di LEONARDO SCIASCIA, Fabrizio Catalano, figlio della figlia di Sciascia  che si chiama Annamaria Catalano. Benvenuto, maestro! Eh sì. “maestro” perché dovete sapere che Fabrizio, che vive a Roma da tanti anni, è un famoso regista oltre ad essere il presidente della FONDAZIONE LEONARDO SCIASCIA, che ha sede a Racalmuto. Vogliamo iniziare a Parlare di suo nonno, che insegnamenti di vita le ha lasciato?

Essere nipote di Leonardo Sciascia è senza dubbio un privilegio. Se ripenso alla mia infanzia, non posso che reputarmi felice per essere vissuto in un contesto al contempo così diverso e così semplice. Certo, crescere in quell’ambiente mi ha anche caricato di aspettative, non solo rispetto alla mia personale esistenza, ma anche nell’interazione con gli altri. Aspettative che vengono in un discreto numero di occasioni disattese. Ma ho imparato a ringraziare mio nonno per avere fatto di me un “disadattato”: gioiosamente, baldanzosamente e forse anche coraggiosamente incapace di sottostare ad alcune regole della società “malata” in cui viviamo. Comunque, dovendo sintetizzare l’essenza della sua eredità, direi che, nei quattordici anni in cui l’ho visto, e dopo attraverso i suoi libri e il suo esempio, mio nonno mi ha insegnato che bisogna credere nelle idee ed essere disposti a lottare per affermarle. Concetti – ed ecco il perché del disadattato – che sembrano lontanissimi dalla società basata su schemi e statistiche senza alcun fondamento in cui siamo inabissati. In maniera meno roboante, e anzi ad allietare i miei agognati momenti di solitudine, ho ereditato anche una grande passione per le arti figurative. Sciascia è stato infatti un competente appassionato di grafica e di pittura”.

All’interno dei locali della FONDAZIONE SCIASCIA, cosa si può ammirare?

A proposito di arti figurative, nella sede della Fondazione Sciascia è esposta la collezione di ritratti di scrittori che mio nonno aveva accumulato durante l’arco della sua vita. Si tratta dunque di una pinacoteca molto speciale: i quadri non solo hanno valore per la persona che li ha realizzati – e si possono ammirare, tra le altre, opere di Chagall, Fantin-Latour, Aman-Jean, de Groux, Clerici, Guttuso, Caruso, Tranchino e perfino una piccola acquaforte di Van Dyck – ma anche per quella immortalata: ci sono ritratti di Manzoni, di Stendhal, di Voltaire, di Hugo… La Fondazione ha sede a Racalmuto, il Viale della Vittoria 3, in un ex centrale dell’Enel ristrutturata appositamente per ospitare il patrimonio che mio nonno aveva deciso di legare al comune dove era nato. Oltre ai già menzionati ritratti, in quei locali è custodita una parte della biblioteca di Sciascia, e le lettere da lui ricevute – circa 15.000 – in diversi decenni. Inoltre, nella sala conferenze della Fondazione è perennemente esposta la mostra fotografica La Sicilia, il suo cuore che raccoglie una serie di scatti che vedono Sciascia protagonista, opera di Cartier-Bresson, Scianna, Leone, De Gregorio, Minnella, Pecoraino e tanti altri”. 

Fabrizio, in questi anni, che momenti culturali ha ospitato la Fondazione e chi è intervenuto?

“La Fondazione ha ospitato tantissimi convegni, con oratori provenienti da ogni parte del mondo, mostre d’arte e di fotografia – una, I volti della Storia, con le istantanee di Robert Capa ha avuto, fra il 2002 e il 2003, uno straripante successo –, incontri con gli studenti. In questo centenario, facendo di necessità virtù, stiamo incrementando moltissimo la potenza di fuoco digitale della Fondazione, non solo per far conoscere e rendere fruibile almeno una parte del patrimonio in essa custodito, ma per riproporre, attraverso le nuove tecnologie, il pensiero di Sciascia in una chiave diversa, usandolo come grimaldello per scassinare l’immane portone chiuso sul pensiero indipendente che sta facendo piombare questa nazione e questo continente nell’abisso dell’omologazione, dell’ignavia e della vigliaccheria. L’8 gennaio la Fondazione Leonardo Sciascia la lanciato la prima di tante manifestazioni online di questo centenario: una tavola rotonda che ha visto coinvolti alcuni degli studiosi che più assiduamente si sono occupati dell’opera del nostro autore. In questa occasione, è stata presentata la cartella che la Fondazione Sciascia ha realizzato in collaborazione con la Pinacoteca Alberto Martini, con una puntasecca del grande artista di Oderzo, che fu uno dei precursori del Surrealismo, dal titolo Le tre sirene e un testo di Leonardo Sciascia. Da qualche mese, c’è anche una rubrica settimanale, che abbiamo chiamato 3 minuti con Leonardo Sciascia, e che raccoglie testimonianze e opinioni, ispirate alla vita e all’opera del nostro autore di riferimento, di artisti e intellettuali provenienti da ogni parte del mondo. Alla mostra già allestita e inaugurata la scorso settembre alla presenza del Presidente della Camera Roberto Fico, che raccoglie numerosi scatti inediti di Sciascia, ne seguirà nei prossimi mesi un’altra, prestigiosa, con le foto di scena realizzate da Enrico Appetito sul set del film Il giorno della civetta. Questa seconda mostra, già presentata nel 2018 all’Auditorium, si tramuterà in una sorta di esposizione itinerante, con foto e gigantografie distribuite su tutto il territorio di Racalmuto”.

Tante le figure che hanno collaborato con lei in tutti i questi anni. Vogliamo ricordare anche Giovanni Bufalino?

“Giovanni Bufalino è il baluardo della Fondazione, il vero guardiano, anche nel senso più tradizionale e nobile dell’espressione, del sapere conservato nei locali dell’ex centrale elettrica. Naturalmente non bisogna dimenticare la bibliotecaria, Linda Graci. Né Giuseppe Palumbo. Né le altre persone che in questi hanno lavorato alla Fondazione. Il fatto interessante – e piuttosto raro in Italia – è che tutto avviene in perfetta armonia, soprattutto con la nuova amministrazione del Comune di Racalmuto guidata dal sindaco Vincenzo Maniglia”.

Suo nonno, nei suoi libri cercò di spiegare al grande pubblico i segreti ed gli “oscuri” meccanismi del potere in generale ed in particolare del potere in Sicilia; a volte mettendosi contro  la politica di allora e definendo la costituzione  della repubblica italiana non esistente più… “I  partiti (affermò Sciascia)… fanno le leggi le fanno eseguire le fanno giudicare. Quando c’è questo, una democrazia non esiste più!” Queste le parole di suo nonno. Il suo parere?

“Tragicamente, atrocemente, le parole di mio nonno oggi risuonano più che mai attuali. Viviamo in un Paese dove la costituzione viene – almeno questa è, per quel che vale, la mia opinione – calpestata senza vergogna, in un silenzio pressoché generale, da più di dieci anni. Siamo costretti a muoverci in uno scenario politico piatto e deprimente: nel nostro parlamento, tanto per fare un esempio, non siedono più partiti di sinistra. Tutta la politica italiana – ma direi tutta la politica europea – pretende d’imporci di scegliere fra partiti di destra che fanno sfacciatamente gli interessi della finanza, e altri che in maniera approssimativa vengono definiti populisti. Ma proprio nello strapotere della finanza – fatto senza precedenti nella storia dell’umanità – è da cercare la causa del vuoto ideologico e culturale in cui viviamo. Sciascia lo aveva capito in anticipo; in una vecchia intervista concessa a Enzo Biagi aveva dichiarato: è più rispettabile chi assalta una banca rischiando la pelle di chi incassa in modo meno pericoloso. Eppure, mi sembra che questo sistema malato sia agli sgoccioli; solo che, nel frattempo, chi da questo sistema trae i maggiori vantaggi si è totalmente distaccato dalla realtà o, peggio, crede di poterla condizionare e dirigere. La realtà, però, alla fine vince sempre. L’unica differenza è, appunto, che, se la si nega troppo, vince tragicamente”

Lei, Fabrizio, è un grande regista; tanti i suoi lavori. Vogliamo ricordarne qualcuno?

“Dubito di essere un grande; diciamo che sono piuttosto bravo e inventivo… Ho diretto, scritto o tradotto un po’ di tutto. Caratterialmente, intimamente, ho una notevole propensione per il Simbolismo. Il successo però è arrivato in special modo da alcuni spettacoli tratti dai libri di mio nonno: Il giorno della civetta, soprattutto, è stato in tournée per più dei sei anni nei maggiori teatri italiani, in un’entusiasmante cavalcata che è stata anche una dimostrazione che il popolo italiano non è brutto come lo si dipinge. Quando questo delirio sanitario è cominciato, invece, eravamo in tournée con La scomparsa di Majorana…”

Suo nonno ha scritto (tra l’altro) molti testi che si adattano facilmente ad interpretazioni teatrali;  “tinti di giallo”. Uno dei titoli più famosi è  “La scomparsa di MAJORANA” e “IL TEATRO DELLA MEMORIA”. Lei, gentile regista, ha ripreso, a piene mani, questo racconto che parla del fisico siciliano scomparso ETTORE MAJORANA  ed ha diretto uno spettacolo. Vogliamo ricordare al pubblico di Globus questo suo lavoro, quando si è svolto, chi sono stati gli attori, dove si è svolto e se lo potremo in futuro rivedere ed riapplaudire?

Lo spettacolo è stato presentato al Teatro Palladium di Roma e poi è partito per una tournée nazionale. Con la diffusione di questo nuovo coronavirus, tra l’altro, il testo ha acquisito un’ulteriore, inquietante attualità. La stessa vicenda umana di Ettore Majorana diventa attualissima. Il giovane e promettente fisico siciliano, chiuso in se stesso e concentrato su studi di cui non parlava con nessuno, aveva forse intuito prima d’ogni altro la strada per la creazione di una devastante arma nucleare; e ne era rimasto atterrito, e aveva voluto estraniarsi dal mondo prima che questo precipitasse nel baratro dell’era atomica. Oggi più che mai, con la sua scelta Majorana ci invita a dire di no, ci fa capire che si può mettere un argine alla deriva della scienza. Lo spettacolo è una sorta di thriller ad orologeria, tutto ambientato in una notte d’agosto del 1945. Alessio Caruso interpreta Ettore Majorana, e nello spettacolo ci sono anche Loredana Cannata, Giovanna Rossi e Roberto Negri. Un cast eclettico e coraggioso, per uno spettacolo decisamente diverso rispetto al panorama teatrale italiano”.

Una frase che le è rimasta nel cuore, che le ha insegnato suo nonno Leonardo e un messaggio che  vuole dare a tutta la SICILIA?

Riallacciandomi a quanto dicevo poc’anzi, vorrei citare questo brano di Nero su Nero: un’idea morta produce più fanatismo di un’idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte. E sono tanti, e talmente brulicano sulle cose morte, da dare a volte l’impressione della vita. Il razionalismo, del quale l’umanità ha avuto tanto bisogno in passato, è arrivato oggi alla sua metastasi: il capitalismo. All’insensato concetto di profitto illimitato. Un’idea – in verità, non credo sarebbe giusto usare la parola idea per un pensiero così confuso, imposto con la forza e che tende a considerare inalienabile dall’essere umano l’istinto di sopraffazione – non solo morta, ma putrefatta; e che tuttavia viene strenuamente e fanaticamente difesa”.

Concludiamo questa interessante e  istruttiva intervista, per i lettori del famoso NETWORK, chiedendo qualche anticipazioni dei suoi progetti artistici che saranno realizzati nei prossimi anni?

Prima o poi spero che riprenderemo la tournée de La scomparsa di Majorana; so che c’era un certo interesse anche da parte di alcuni istituti italiani di cultura all’estero: Beirut, Varsavia, Belgrado… Poi, insieme al produttore Gino Caudai e a Mariano Equizzi, stiamo studiando l’ipotesi di allestire in uno spettacolo con l’avatar di mio nonno: cioè che riporti tangibilmente in vita Leonardo Sciascia.

Collateralmente, mi auguro di tornare al mio primo amore – il cinema – e alla nazione dove vorrei trasferirmi, cioè la Bolivia. Lì ho in animo di realizzare una specie di pamphlet audiovisivo sulle streghe insieme a Fátima Lazarte, oltre ad un più complesso progetto cinematografico: un film fantastico intitolato Il lato invisibile dell’eternità. La Bolivia è un paese in cui carne e magia, sogno e realtà si mescolano in maniera unica. Ed è soprattutto un posto dove la gente guarda al futuro con speranza. Insomma, esattamente il contrario dell’Europa”.

Le foto accorparate all’intervista si riferiscono ad alcuni scatti eseguiti dallo stesso Leonardo Sciascia negli anni 50, altre foto immortalano Leonardo Sciascia con Fabrizio piccolo, Leonardo Sciascia  insieme allo scrittore ed amico Gesualdo Bufalino, altra foto è stata scattata  in Bolivia e raffigura Enrique Quizor, amico di Fabrizio Catalano.

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