Intervista al poeta Antonio Policarpo

Antonio Policarpo festeggia il suo compleanno con il  suo primo libro. Esordio letterario del giovane poeta palermitano.

Antonio Policarpo nasce a Palermo il 5 marzo del 1992 “Il Tremore del battito dei passi di una vita” è il suo libro d’esordio. Tante poesie che racchiudono l’essenza di Antonio. Cosa l’ha spinta a scrivere delle poetiche rime?

“La mia incondizionata sovversione a dei canoni definibili accademici, secondo i quali questi non possano o non debbano essere invertiti o interpretati, e in tal caso espressi mediante l’ausilio della parola scritta, con un significante  interpretativo dominante puramente soggettivi che, rompono e spezzano fendendo le regole e le diciture predefinite da seguire e condurre, che la poesia ci offre e ci incanta , trasportandoci interiormente e spiritualmente in una dimensione temporale ignota della realtà; in cui siamo totalmente immersi ed “ebbri,” nutrendocene senza soffermarci all’irrazionale senso di spirito che viviamo ogni istante dei giorni della nostra vita quotidiana. L’incantevole mondo della parola poetica spazia la sua formidabile coscienza nel nostro IO più ignoto e nascosto facendo emergere in noi profondi e indecifrabili stati emozionali, che con Nobile sofferenza come cito nel testo: “la mano di carne di un poeta intercede alla Divina espressione rendendola preziosa”.

Il suo libro l’ha dedicato a suo zio Aristide. Che   funzione ha avuto nella sua vita suo zio?

“Mio zio Aristide è un uomo che   esprime tramite la sua sola e maestosa figura, la debolezza dell’essere che viene accerchiato e emarginato per le sue mancanze, ma che in realtà rappresentano le virtù grazie alle quali l’uomo si ritrova misero se “spento” e “acceso” se “attivo,” in una società dove la realtà non ha un fine se non quello di prevaricare e sobbarcare il prossimo anche più vicino a noi. La compassione e le sofferenze di mio zio Aristide che porta con sé inconsciamente, nonostante la sua “nobile” e possente presenza hanno anche segnato indelebilmente come marchio incandescente su carne la mia vita, dove le angosce e le disperazioni sono state tante sin dalla mia nascita, motivo per cui la più bella cosa che potessi fare era quella di innalzare un uomo tanto escluso, quanto additato nel corso della sua intensa vita, dove continua a lottare giorno dopo giorno come tutti noi, come la vera significante di questo mio libro che incarna me in lui e lui in tutti noi”.

Oggi lei Antonio compie 29 anni. Che messaggi  vuole dare ai giovani come lei con queste sue poesie?

“La parola, il verbo, l’arte sono ovunque; il nostro stesso corpo inteso come indumento sacro è un’ arte. Vien difficile a ricamare su di essi frange significanti che ci distinguono non esteriormente, ma nel vero nettare dell’essenza dell’essere. Credo che anche il più semplice e “insignificante” frutto può divenire un immenso e gigantesco maestoso “albero,” che produrrà tantissimi altri frutti che a loro volta incanteranno a suon di idee e di parole chi li sfiorerà o li assaporerà, riempiendo e colmandolo di odori e sapori speranzosi di sogni, che non avranno mai una fine facendoci avvolgere dai “buoni” suoni di musicalità, che questo nostro intimo e teatrale passaggio ci offre, delineando e incrociando liberi pensieri che vanno oltre l’infinito del nostro essere, che ha le radici su questo immenso “Giardino” chiamato mondo; potendo così viaggiare e migrare anche solo spiritualmente su orizzonti di incanti preziosi, che si riveleranno ai nostri brillanti e lucenti occhi”. 

Lei ama molto anche vivere in campagna. Pensa che lo scorrere della vita immersi nella natura possa portare sollievo all’anima?

“Il futuro è dettato dall’istante del presente di ciascuno di noi. I passaggi che si intersecano sui nostri corpi  sono definibili e indefiniti a livello razionale, ma ricercano continuamente: “Chi siamo adesso, e forse chi saremo e perché siamo stati probabilmente, anche in un’ altra vita. Io personalmente ho avuto modo di attraversare spiritualmente e carnalmente diversi passaggi che, sicuramente  ognuno di noi si pone come domande o come risposte, quale senso dare a noi. Qui seduti su un mondo che vive e continua a brillare di luce propria in cui le sofferenze e il dolore ne fanno da padrone, con la speranza che ogni essenza di essere di noi sparga un buon seme che al suo “nobile tramonto” si ricordi con un pianto di gioia che non avrà mai una “fine,” ma sarà solo il suo “inizio” così citando il libro di Tiziano Terzani: “La fine è il mio inizio “.

POESIA: Padre

Braciere di fecondità attorno al quale arde il tepore del focolare domestico. 

Commento: Fondamento di un pilastro che sorregge con il suo calore e le sue parole la vita della famiglia.

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