Notte. Fiore e Davide, una madre e un figlio, si fanno largo impacciati tra le fronde di un bosco. L’aria è umida, farsi strada è complicato, c’è il fango e ci sono gli insetti, soprattutto ci sono le mille cose che i due non si sono mai detti, i segreti, i silenzi, le bugie piccole e grandi, i dolori taciuti, la distanza siderale che negli anni si è creata tra loro. La morte del capofamiglia, marito e padre, li ha riportati vicini.
Il funerale ha appena avuto luogo, ben presto scopriamo che si trovano in quel boschetto perché proprio lì è fuggita Martina, la figlia minore, mentalmente ritardata, sconvolta dalla scomparsa del papà, che è sgattaiolata fuori di casa nel cuore della notte e si è gettata nel bosco buio, inspiegabilmente armata di un fucile. Ma a tutto c’è una spiegazione.
Fiore e Davide, nella loro goffa e faticosa avanzata tra felci e arbusti, disseppelliscono ricordi, affrontano fantasmi, si rivelano a vicenda, fino a che la madre non racconta al figlio una verità oscena: il padre, che da tempo soffriva di una segreta depressione, si è tolto la vita.
Durante gli anni della sua spossante malinconia, l’uomo ha motivato alla figlia Martina la ragione del suo malessere raccontandole una favola spaventosa: esiste la Cosa Brutta, un’orrida creatura che di tanto in tanto gli fa visita, gli strappa via la voglia di vivere e lo minaccia di portarlo via con sé, per sempre.
La ragazza non ha accettato l’idea che il padre fosse morto e ha pensato che il mostro lo avesse rapito, per quello si è lanciata armata nella foresta, con l’idea di trovare la tana della Cosa Brutta, ucciderla, salvare il padre e riportarlo a casa…
Questa storia così intima e privata è adagiata sul manto muschiato della favola nera, con atmosfere che rimandano ai fratelli Grimm e ai racconti di Hoffman, un incubo lungo una notte popolato da esseri umani, animali, forse anche mostri.
Il bosco notturno si fa scenario rituale della reviviscenza di un’epopea famigliare, i sentieri accidentati e inospitali della foresta si fanno simbolo delle zone inesplorate del sé, delicate, pericolose.
L’ambiente perfetto per raccontare queste creature imperfette, incomplete, irrisolte e bellissime.