“Romeo e Giulietta, ovvero la perdita dei padri”: un progetto che dà voce ai giovani

Una coproduzione Teatro Stabile di Catania e Compagnia Biancofango, dal 17 al 22 dicembre al Verga. La rilettura di Macrì e Trapani declina una storia di giovani infelici e di fallimento trans-generazionale.

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Un progetto speciale costruito con una insolita compagnia di attori professionisti e 12 adolescenti catanesi: è quello che propone lo spettacolo Romeo e Giulietta, ovvero la perdita dei padri, una produzione realizzata dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con la Compagnia Biancofango, in scena alla Sala Verga da martedì 17 a domenica 22 dicembre.

Nella rilettura di Francesca Macrì e Andrea TrapaniRomeo e Giulietta smette di essere una storia d’amore, e diventa quello che più profondamente è: una storia di giovani infelici, una storia di non ascolto, di fallimento trans-generazionale, di errori troppo tardi riconosciuti e di un tempo troppo severo nel suo scorrere inesorabile. La regia è firmata dalla stessa Macrì, mentre Luca Tilli firma la drammaturgia musicale. Ad interpretare i Padri, Angelo Romagnoli e Andrea Trapani, mentre gli adolescenti selezionati per il progetto sono Mario Abramo, Giulio Belvedere, Claudia Cavallaro, Daniele Corsaro, Gabriele Gravino, Alessia Marino, Umberto Pitari, Marina Politano, Siria Rindone, Sofia Spata, Francesco Umana, Chiara Zuccarello.

Come sottolinea il presidente del Teatro Stabile di Catania, Carlo Saggio: «Il progetto Romeo e Giulietta si pone l’obiettivo di tessere sempre più stretti rapporti con il mondo della scuola e dei giovani, affinché essi possano avvicinarsi al teatro come bene comune, accessibile e necessario alla crescita dell’individuo. Questo è uno dei compiti principali di un teatro stabile».

Per la vicepresidente Lina Scalisi: «Il Romeo e Giulietta che andrà in scena da martedì 17 è qualcosa di più di uno spettacolo della nostra stagione; è occasione di incontro e di scambio con il nostro pubblico più giovane tramite alcuni ragazzi selezionati che racconteranno gli entusiasmi, le delusioni, gli smarrimenti dell’adolescenza, insieme al serrato confronto con il mondo dei padri. Si tratta di temi che sfuggono alle maglie del tempo e che saranno declinati attraverso un adattamento inedito, originale, appassionante in costante dialogo con la città e con il territorio».

Alle radici dell’operazione c’è dunque la necessità e l’urgenza di un’interrelazione tra il teatro e le nuove generazioni: «Questo spettacolo – evidenzia il direttore del TSC Laura Sicignano – si inserisce nel più ampio lavoro che il nuovo TSC sta attuando per coinvolgere il mondo dei giovani e della scuola. Il teatro non è solo spettacolo a cui assistere, ma qui diventa palestra in cui cimentarsi con il corpo, la voce e tutto il vissuto emotivo di ciascuno. I giovani coinvolti hanno avuto un’occasione importante di alto livello professionale per mettersi alla prova, raccontare se stessi, il proprio mondo e la propria generazione attraverso uno strumento antico e modernissimo, il teatro, che è in grado di curare e far crescere, insegnare e liberare. Questa esperienza non sarà per loro un ingresso nel mondo dello spettacolo, ma una tappa importante di crescita della propria intelligenza emotiva. Stare insieme, lavorare ad un progetto comune,offrire il proprio lavoro al pubblico, è anch’essa una prova di maturità. Il teatro deve porsi in relazione con i giovani, ascoltare il loro linguaggio e crescere con loro.»

Gli attori avranno appunto il ruolo dei padri, Montecchi e Capuleti, ma i veri protagonisti saranno i giovani selezionati da Biancofango, nata nel 2005 dall’incontro tra Francesca Macrì e Andrea Trapani: non solo Romeo e Giulietta, ma tutti i ragazzi che attraversano le strade del mondo shakespeariano. Incompresi, senza positive figure genitoriali di riferimento. «Soffrono – spiegano Francesca Macrì e Andrea Trapani nelle note di regia – tutti i ragazzi che Shakespeare delinea in quello che, ad ogni rilettura, appare come un affresco tra Padri e Figli. Soffre Romeo nel suo innamorarsi di tutto. Soffre Giulietta nel sentirsi troppo presto ingannata dal mondo degli adulti. Soffre Rosalina, splendido ritratto muto che ai margini del testo cerca silenziosamente di farsi spazio e darsi dignità. Soffre Benvolio perennemente alle spalle di qualcuno. E insieme a loro, tutti gli altri, una moltitudine, eppure ognuno di una singolarità e umanità commoventi. Non sanno cosa sia l’amore eppure ne parlano continuamente. Non sanno cosa sia l’odio eppure cercano ossessivamente di darne una forma. Vagano per la porca città, inciampano nelle parole, cercano di lottare contro un mondo che non ha spazio per loro. Urlano, strepitano, non sanno dove andare e vagano, vagano, vagano. Sono stati scritti quattrocento anni fa, ma non ci sembrano lontani dai ragazzi di oggi. Insieme a tutti loro, in questa lotta eterna tra Montecchi e Capuleti, ma anche fra Padri e Figli, giovani e vecchi, realtà e immaginario: il calcio. Non quello spettacolarizzato dai mass media, ma quello delle partite nei piazzali sotto casa, nelle strade, negli angoli dei quartieri, con palloni sgonfi o lattine vuote. 

Un ruolo importante svolge nell’allestimento la drammaturgia musicale di Luca Tilli, che esegue dal vivo le proprie composizioni al violoncello, e sottolinea: «La musica è una di quelle arti che non si vedono e che per questo gode di maggiore libertà. Le sensazioni che scaturiscono dalla collaborazione di dodici persone devono emergere dalla musica: bisogna vedere ascoltando e ascoltare vedendo. Il teatro non è solo parola e i ragazzi devono capirlo, ci sono sentimenti e sensazioni espressi con il non detto, cioè con la musica. Ho usato la musica come uno scenografia immaginaria, cercando di suggerire le temperature che i ragazzi-personaggi attraversano con le parole di Shakespeare  e dando  loro un cielo sotto cui agire.»

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