UNICT: il valore dell’Acqua tra sprechi, mancanza di risorse e questioni geopolitiche

Esperti e studiosi di diverse discipline si sono confrontati sulle valenze ecologiche, socio-economiche e culturali dell’acqua nel corso di un webinar organizzato nell’ambito del progetto “Tresor”.

Oltre 1,5 miliardi di persone non ha accesso all’acqua, mentre 2,6 miliardi ai servizi fognari. Dati allarmanti che rischiano di crescere nel corso dei prossimi decenni tra sprechi, uso distorto delle risorse idriche, consumi eccessivi e questioni geopolitiche.
È quanto emerso nel corso del webinar dal titolo “Il valore dell’Acqua” organizzato nell’ambito del progetto “TRESOR – TRaitement des Eaux uSées et des bOues Résiduaires par filtres plantés et usage agricole durable”, finanziato dal Programme IEV de coopération transfrontaliere Italie-Tunisie 2014-2020, per celebrare la Giornata Mondiale dell’Acqua.
«Nel corso della storia l’acqua da bene comune si è trasformata in bene economico, amplificando divari socio-economici preesistenti. La distribuzione diseguale delle risorse idriche su scala globale, in termini di quantità e qualità dell’acqua, ha alimentato questioni socio-politiche e tensioni per l’accesso e lo sfruttamento» ha spiegato la docente Teresa Graziano dell’Università di Catania nel corso del suo intervento sul tema “Geopolitica dell’acqua: impatti, conflitti, disuguaglianze”. Un intervento preceduto dai saluti di Agatino Russo, direttore del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania Salvatore Barbagallo, presidente del Centro Studi di Economia Applicata all’Ingegneria – CSEI Catania, e Laura Zimbardo dell’Autorità di Gestione del Programma Italia-Tunisia.
«La domanda crescente di acqua è dovuta all’incremento demografico, ai mutamenti degli stili di consumo e ai tassi crescenti di urbanizzazione – ha aggiunto la ricercatrice del Di3A dell’Università di Catania -. Secondo l’Onu nel 2050 la popolazione mondiale vivrà per più del 60% in aree urbane e si registreranno, inoltre, 200 milioni di migranti ambientali legati a scarsa quantità, qualità ed eventi estremi legati all’acqua,». Dati evidenziati anche da Olfa Mahjoub dell’Institut National de Recherches en Génie Rural, Eaux et Forêts dell’Università di Cartagine, intervenuta sul tema “Les ressources en eau dans les pays de l’Afrique du Nord: potentialités et exploitation”.
«La Regione del Nord-Africa oggi conta 241 milioni di persone, nel 2100 saranno il doppio e purtroppo le risorse idriche già limitate saranno insufficienti» ha spiegato Olfa Mahjoub che ha evidenziato anche «le ripercussioni sul sistema socio-economico nord-africano causate dall’innalzamento delle temperature medie, tra i 2 e i 6 gradi, in particolar modo in Egitto, Libia, Marocco e Tunisia».
Un bene primario, dunque, che, come ha spiegato il prof. Giuseppe Luigi Cirelli del Di3A dell’Università di Catania, intervenuto sul tema “Come ridurre la nostra impronta idrica”, purtroppo, registra un «eccessivo utilizzo, pari al 60-70%, delle risorse idriche per uso agricolo anche perché il 40% della produzione agro-alimentare mondiale proviene dall’agricoltura irrigua che investe, però, meno del 20% dell’intera superficie agricola del nostro Pianeta». «Entro il 2050 si stima che sarà necessario incrementare la produzione agricola del 70% per fronteggiare il fabbisogno alimentare di una popolazione di 10,5 miliardi di persone – ha aggiunto -. Nel 2040, secondo il World Resource Institute, registreremo uno stress idrico elevato nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, nel Medio-oriente e nella zona euro-asiatica oltre che in Australia, nella zona più a sud dell’Africa, negli Stati Uniti e in Messico».
Il prof. Cirelli, inoltre, ha sottolineato gli eccessivi consumi delle intere catene di produzione di beni come un paio di jeans (7.600 litri di acqua), una maglietta (1.500) e un telefono cellulare (12.100 litri) evidenziando una “impronta idrica” delle nazioni europee superiore del 25% rispetto alla media mondiale (1.400 metri cubi di acqua annui per abitante) con l’Italia che “viaggia” intorno ad un consumo pari a 2.300 metri cubi di acqua annui per abitante.


A far da padrone nei “consumi” è proprio «il settore agricolo che – come ha spiegato il prof. Cirelli – necessita di un “ripensamento” nei modi di utilizzo per abbattere gli sprechi. Occorre lavorare sulla gestione delle colture, su pratiche agronomiche, sui metodi irrigui e sull’uso delle acque reflue depurate, obiettivi del progetto Tresor. Occorre un grande sforzo della ricerca per garantire la sostenibilità ambientale dell’irrigazione e una profonda modifica delle nostre abitudini alimentari per preservare le nostre risorse idriche».
A seguire sono intervenuti Viola Sorbello del Circolo Legambiente Catania su “Liberare l’acqua dalla plastica: le campagne del circolo Legambiente di Catania”, Luigi Pasotti dell’Autorità di Bacino – Sicilia su “Cambiamento climatico ed emergenza Idrica in Sicilia” e Manuela Coci dell’Associazione Microb&co su “Bufale? Un tanto al litro. L’esperienza di Catania”.
L’iniziativa è stata organizzata dal Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania in collaborazione con il Centro Studi di Economia Applicata all’Ingegneria (CSEI Catania) e l’assessorato regionale all’Istruzione e Formazione professionale, con il patrocinio della Società Geografica Italiana e dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia – sezione Sicilia.

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