Un balletto che non convince per “Rossini ouvertures” al Bellini di Catania

Seppure le sinfonie del gran pesarese siano piacevolissime e l’Orchestra del nostro teatro abbia ben risposto, l’allestimento non ha riscosso il plauso del pubblico

19059689_1740209552725214_7051079383947770324_n

Un balletto all’insegna della modernità che non convince il poco folto pubblico del Bellini: tal può dirsi la prima di Rossini ouvertures dàtasi nel tempio della catanese lirica, la sera del 20 febbraio, a cura dello Spellbound Contemporary Ballet e dell’Orchestra del teatro.   La serata fu pensata senza dubbio in positivo, occorrendo il centocinquantesimo dalla morte del grandissimo compositore pesarese, avvenuta a Parigi nel 1868; magari avrebbe voluto immettersi nel solco della contemporaneità e di una certa linea: il medesimo balletto il direttore artistico e regista Mauro Astolfi ha dato a Pesaro l’anno scorso.  E però, se mettiamo da canto le presenze istituzionali di rigore per un turno A (caratterizzato da cravatte per gli uomini, quando c’erano, e mìse non impegnative per le signore comunque sempre ben vestite), il pubblico che scompariva già a metà del secondo ordine, in platea file lunghissime vuote, la disse lunga sulla risposta dei melomani locali all’allestimento, che non si può giustificare, come alcuni sostengono, solo perchè trattavasi di balletto e non opera. Rossini è Rossini sempre, anche se sono solo ouvertures.  L’amico Giuseppe Montemagno nel programma di sala ricorda come l’idea di allestire balletti su opere rossiniane non è nuova, sin dal 1919 a Londra Djagilev ha tale iniziativa, poi ripresa in seguito.  Pure, l’accostamento dei nove ballerini che figurano diverse opere del gran pesarese, dal Barbiere di Siviglia al Turco in Italia, dal Tancredi al Signor Bruschino, dalla Cenerentola alla Gazza ladra al finale col Guillaume Tell, con l’esecuzione da parte dell’orchestra del Bellini di tutte codeste sinfonie, nel delineare (attraverso un rozzo armadio) quadri che vagamente rammentano le trame delle singole opere, non poté evitare di scadere nei soliti riferimenti ad un erotismo di maniera e ad allusioni sessuali le quali, se fanno “moda” ultimamente sui palcoscenici, non hanno nessun legame con la grande tradizione operistica ottocentesca:  il pubblico dei melomani catanesi è sì ben ‘corazzato’ ma anche avvezzo ad altri livelli, seppur non sia più quello che ricordiamo noi almeno fino ai primi anni Novanta del XX secolo (quel pubblico avrebbe ben diversamente e ferocemente reagito…).   

rossini

L’orchestra del Bellini diretta da Antonino Manuli ha comunque ben svolto il suo compito senza sbavature, con la solita competenza e professionalità;  i timidi applausi che il pubblico riservò furono chiaramente per i musicisti e senza dubbio per i due cantanti sulla scena, seppure il giovane baritono Francesco Auriemma, apparso sulla barcaccia per l’aria di Figaro, non abbia ancora un timbro vocale tale da farsi udire dall’intiera sala; diverso il caso del mezzosoprano romeno, la giovane Martiniana Antoine, sul palcoscenico per la cavatina “Fac ut portem” dallo Stabat Mater n.7, che ha dato prova di degno impatto vocale e voce tersa, anche se in pochissime battute: tuttavia, per una ragazza che ha frequentato l’anno scorso l’Accademia del Rossini Opera Festival e recentemente debuttato a Sibiu come Tisbe in Cenerentola, può andare più che bene; Martiniana è anche una bella voce mozartiana, il che per la scuola romena e internazionale, è un ottimo credito.

Il Balletto dello Spellbound vòlle quindi tentare codesta lettura delle opere rossiniane: si può accettare nella misura in cui non si superi un certo limite di figurazione; ma dèvesi non strafare considerando, come leggiamo, che esso è dal 2000 finanziato coi fondi del MIBACT, quindi pubblici: scelte ministeriali senza dubbio, ma che democraticamente consentono ai convenuti di avere più che una riserva, laddove un allestimento operistico sarebbe stato certamente più gradito al nostro pubblico.

Ad ogni buon conto, la nobiltà delle sinfonie del Rossini, il quale -per chi ancora non lo sapesse- fu anche Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoja (il massimo riconoscimento che l’Italia unita del XIX secolo conferiva agli artisti  scrittori inventori distintisi nei varii campi delle Lettere Scienze ed Arti: oggi la tradizione continua con l’attuale Real Casa e l’Ordine al Merito Civile), nate in modo stravagante (“ho scritto l’ouverture della Gazza ladra il giorno della prima rappresentazione sotto il tetto della Scala, dove fui messo in prigione dal direttore, sorvegliato da quattro macchinisti che avevano l’ordine di gettare il mio testo originale dalla finestra, foglio a foglio, ai copisti, i quali l’aspettavano abbasso per trascriverlo: in difetto di carta da musica, avevano ordine di gettare me stesso dalla finestra”, scrive Rossini in una sua lettera ripresa nella monografia di Silvestri, 1874),  appassiona comunque il pubblico di ogni epoca; per cui come si dice comunemente, a Rossini non si può mai rinunciare.

                                                                                   

a Cognita Design production
Torna in alto