Intervista ad Angelo Sicilia, Puparo antimafia palermitano

Tutti a teatro ad ammirare lo spettacolo di Angelo Sicilia, il Puparo Antimafia!

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Ci parli del suo progetto di mettere in scena uno spettacolo con pupi antimafia

“L’idea dei pupi antimafia nacque diversi anni fa. Precisamente nel periodo in cui frequentavo la casa di Peppino Impastato a Cinisi. Era il 2002, Peppino era già stato ucciso dalla mafia 24 anni prima.  Io conoscevo da tanti anni Felicia Bartolotta, l’anziana mamma di Peppino, che mi aveva quasi “adottato”. Lei mi raccontava ogni giorno un aspetto diverso del carattere di suo figlio, la sua caparbietà nel combattere la mafia  e da quelle commoventi conversazioni nacque l’idea di rappresentare la storia di Peppino Impastato con i pupi. Io già da alcuni anni facevo spettacoli tradizionali (La storia dei Paladini di Francia per intenderci) e decisi di togliere le corazze ai miei pupi per mettere in scena la storia di Peppino e del suo grande coraggio nello sfidare la mafia! Da lì è nato negli anni un ciclo epico nuovo: i pupi antimafia con 20 spettacoli che raccontano le storie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di Padre Pino Puglisi, del giudice Livatino, di Pio La Torre, del bambino Giuseppe Di Matteo, del detective italo-americano Joe Petrosino e tante altre”.

Ci parli del Premio Alessio Di Giovanni

“Il Premio nazionale Alessio Di Giovanni mi è stato conferito l’anno scorso per “l’impegno e legalità” della mia attività teatrale. Il premio è organizzato dall’Accademia Teatrale di Sicilia, presieduta da Tonina Rampello e con la direzione artistica di Enzo Alessi che da tempo segue con attenzione il mio lavoro. Questo riconoscimento viene dopo il Premio Legalità e Cultura del 2012, il Premio Buttitta e il Premio Cassarà del 2016, il premio Lia Pipitone, il premio Rita Atria, il Premio Internazionale Livatino di Catania, il riconoscimento dell’Associazione Joe Petrosino di New York, ecc. Quest’anno abbiamo ricevuto il premio per l’Impegno e la memoria da parte dell’Associazione “Libera – volti e numeri contro le mafie” della Valle d’Aosta”.

 

Come la Sicilia potrebbe diventare un’isola felice?

“Secondo me basterebbe veramente poco, bisognerebbe prendere coscienza che noi siciliani viviamo in una terra meravigliosa, che abbiamo il maggior numero dei Siti UNESCO materiali e immateriali in Italia ( tra cui i pupi siciliani), che a sua volta è quella che ne possiede di più al mondo, che i nostri scrittori hanno scandito la storia letteraria d’Italia da sempre: dalla Scuola poetica siciliana promossa dallo Stupor Mundi l’imperatore Federico II all’ottocento di Verga e Capuana, dal novecento di Pirandello e Quasimodo e Sciascia all’oggi raccontato da Andrea Cammilleri. Bisognerebbe credere nel futuro ed esorcizzare quella tremendamente veritiera frase che Tomasi di Lampedusa fa recitare a Don Fabrizio ne “Il gattopardo”: “Il sonno, caro Chevalley, un lungo sonno, questo è ciò che i siciliani vogliono”.

 

Il suo excursus artistico

“Il mio rapporto con la narrazione ed il teatro inizia da quando ero piccolissimo e mio padre, che aveva sentito da bambino i racconti dei pupari, mi trasmise questo mondo fantastico, popolato di cavalieri e dame. Durante il liceo feci il biennio dei corsi del Teatro Scuola dell’E.A. Teatro Massino di Palermo, con insegnanti del calibro di Giovanni Ferreri, Paolo Ursi, Antonio Giordano. Quando cominciai a studiare, anni dopo,  il mondo del teatro dei pupi, mi accorsi che il ciclo carolingio non era che una parte della serie sterminata di episodi narrati dai pupari dell’800 e del ‘900: vi erano, infatti, il ciclo religioso, quello shakespeariano, quello storico, ma anche e soprattutto un ciclo legato alle gesta dei banditi, dei fuorilegge che, per come mi raccontavano i vecchissimi appassionati del genere, riscuoteva un successo enorme. Si trattava delle gesta di fuorilegge quali il bandito Giuliano, Paquale Bruno, Musolino e tanti altri. A quel punto io, che avevo già iniziato a rappresentare gli spettacoli tradizionali con la mia giovanissima compagnia e che avevo anche compiuto un percorso di intensa militanza antimafia a Palermo, decisi di rompere  la tradizione e di sostituire alla celebrazione delle imprese dell’antistato la storia di chi aveva combattuto la criminalità. Tolsi le armature ai miei pupi e li rivestii con giacche, pantaloni, divise da carabinieri e poliziotti, ma anche con i jeans e le magliette dei ragazzi che utilizzai per lo spettacolo sulla storia di Peppino Impastato o con l’abito talare di Don Pino Puglisi. Lo stesso feci con gli scenari, misi da parte la reggia di Carlo Magno e l’accampamento saraceno e cominciai a dipingere Radio Aut, l’Aula Bunker di Palermo, il Palazzo di Giustizia: nacquero così i pupi antimafia. All’epoca , circa venti anni fa, non mi accorsi che, mantenendo la rigorosità della messa in scena e della manovra, nonché della costruzione dei pupi e delle scene nello stile della scuola palermitana, stava nascendo un nuovo e inedito ciclo epico che raccontava l’orgoglio dei siciliani e non più la celebrazione e l’apologia degli atteggiamenti mafiosi”.

I suoi progetti futuri. Pensa che il suo spettacolo potrà essere rappresentato anche in altre città oltre Palermo? 

“I miei spettacoli da sempre vengono rappresentati e richiesti fuori dalla Sicilia e in diverse parti del mondo. I pupi antimafia li abbiamo portati al Festival UNESCO della Corea del Sud nel 2012, in Russia nel 2019, prima ancora in Israele, Germania, Svizzera, eccetera”

 

Ci dia delle date.  Quando andrà in scena?

“Noi riprenderemo con la nostra Rassegna estiva 2020 a Cefalù, in collaborazione con la Fondazione Museo Mandralisca, ormai giunta alla terza edizione, che partirà dalla metà di luglio e durerà fino ai primi di settembre. Poi gireremo ad agosto con i nostri spettacoli in Sicilia, in Calabria e se tutto va bene anche in Lombardia e Valle d’Aosta”.

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