SALVO SAITTA PORTA LA CIVITA AL TEATRO ABC

“Lu Matrimoniu ‘ntra la civita” in scena dal 21 al 24 novembre a Catania

Matrimoniu ntra la civita

La prima edizione con l’interpretazione e la regia di Salvo Saitta risale al 1972. A distanza di cinquant’anni lo spettacolo tornerà in scena, al Teatro Abc di Catania, debuttando giovedì 21 novembre e proseguendo con le repliche fino a domenica 24. Uno spettacolo fortunatissimo tratto da i dialoghi popolari di Nino Martoglio, perfetta riproduzione di uno spaccato di vita del quartiere della civita.  Il dialetto, quello catanese, vero,  l’arma vincente: far assaporare al pubblico quei suoni dolci, quella musicalità di alcuni termini specificatamente catanesi, che forse oggi non sapremmo più riconoscere.  Essere spettatori di “Matrimoniu ‘ntra la Civita” sarà come riascoltare un vinile sapientemente riposto dentro un baule e tirato fuori dopo tanto tempo.  Dopo il ’72 ci furono altre due riprese: don Procopio Ballacchieri, Violante ‘a Totina, Cocimu parralestu, Cuncetta ‘a sciabacota e gli altri civitoti di marca martogliana, ripresero vita nel ’92 e ancora nel ’99. Quelle storie semplici, fatte di cose di tutti i giorni, come il fidanzamento tra Genia ‘a peritunni e Turiddu luerjcasa, la gelosia e le rivalità tra Santa ‘a bagiana e Cuncetta, la spensieratezza di Fulli e la “cultura” di don Procopio torneranno a vivere anche oggi con un nuovo allestimento curato nei minimi particolari, dalla scenografia ai costumi e dalle luci alle musiche senza tralasciare il testo che in questi ultimi anni ha subito, ovviamente, dei cambiamenti.  «Un testo adeguato alle esigenze di un pubblico diverso – spiega Eduardo Saitta, direttore artistico della stagione – , sicuramente più emancipato, preparato, che non priveremo di alcuni dei pezzi storici dello spettacolo, come la lettura della lettere “anomila” (anonima) di don Procopio; oppure della spiegazione di cos’è il microbo; oppure le teorie dei “baddisti” e dei “culunnisti” sull’argomento colera. Insomma un omaggio alla nostra città ed al nostro Martoglio, per non perdere quelle radici, quell’attaccamento alle “cose” di Catania, le vie, le frasi, i detti, i pecchi, per non perdere quel gusto, quella voglia di appartenere alla nostra Terra. Il Teatro, ancora una volta, rende tutto questo possibile».

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