Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione, è libera

Amnistia per Sakineh Ashtiani, adesso rimessa in libertà dopo 8 anni di carcere. Nel 2006 era stata condannata alla lapidazione per adulterio e per il suo presunto coinvolgimento nell’uccisione del marito

Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e complicità nell’omicidio del marito, è stata rilasciata “per buona condotta” alcune settimane fa.

Madre di due bambini, l’oggi 47enne Sakineh nel 2006, sotto la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, venne condannata alla lapidazione, ma la condanna venne sospesa nel 2010 grazie a una mobilitazione internazionale senza precedenti. La sua vicenda commosse il mondo che si mobilitò per lei, salvandola dalla lapidazione e dall’impiccagione. La pena, poi convertita in dieci anni di carcere, è adesso stata revocata: Sakineh è stata rilasciata dopo soli otto anni di carcere.

L’atto di magnanimità, comunicano le autorità – le è stato concesso a seguito di un periodo di libertà, segno della “benevolenza religiosa verso le donne” del sistema iraniano. ‘Un provvedimento di amnistia l’ha salvata!’: così ha spiegato l’avvocato italiano di Pordenone Bruno Malattia, che da anni segue il caso della donna iraniana.

Il provvedimento di clemenza, che ha patrocinato le ragioni di Sakineh al Parlamento europeo, insieme al Comitato internazionale contro la pena di morte e la lapidazione, è stato adottato in coincidenza con l’inizio del nuovo anno, secondo il calendario iraniano (il nuovo anno è il 1393 dall’emigrazione di Maometto dalla Mecca alla Medina). L’annuncio è stato dato da Mahamad Javad Larijiani, Segretario Generale del Consiglio Superiore iraniano per i diritti umani e diffuso dalla stampa governativa del paese’.

Un annuncio che, inizialmente, ha fatto pensare ad una “bufala”, dato che questa storia, negli anni, ha raccolto già diversi precedenti poi smentiti, che provocarono alternanza di sollievo e docce fredde nei governi, nelle organizzazioni per i diritti umani e i media di tutto il mondo.

Nel 2010, infatti, il Comitato internazionale contro la lapidazione, con sede in Germania e guidato dalla dissidente iraniana Mina Ahadi, aveva dato notizia della imminente impiccagione di Sakineh e poco più di un mese dopo del suo rilascio. Notizia smentita dalle autorità iraniane, che l’attribuì ad un’azione di propaganda della stampa occidentale. La tv di stato iraniana mostrò la donna che confessava l’adulterio e la complicità nell’omicidio del marito: una confessione che il figlio di Sakineh, Sajad Qaderzadeh, disse esserle stata estorta con la tortura, aggiungendo che alla madre veniva quotidianamente detto che sarebbe stata giustiziata l’indomani. Nel 2011 fu dato l’annuncio della sospensione dell’impiccagione, anch’esso smentito dalla magistratura iraniana. Solo nel 2012 gli avvocati dissero che il regime islamico non pensava più alla sua impiccagione ed era propenso a tramutarle la pena in 10 anni di carcere. 

Il caso era, così, stato anche posto all’attenzione del Parlamento Europeo, con la predisposizione di un dossier che documentava l’innocenza della donna e le violenze subite dall’avvocato Hutan Kia, che in Iran l’aveva difesa. Fra i governi che si mobilitarono in suo favore anche quello italiano, con l’allora ministro degli esteri Franco Frattini. Ora il nuovo annuncio, che – questa volta – pare ufficiale e definitivo. Forse – si vocifera – si tratta di un “gesto distensivo” nell’ambito del “nuovo corso” impresso alla politica estera dal presidente moderato Hassan Rohani.

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