Roberto Perotti si dimette: non c’è speranza per la “spending rewiew”

Tagli alla spesa pubblica e crisi economica: la spending rewiew? Tanto spending e poco review.

Avanti signori, altro giro altra corsa. Così siamo al terzo commissario per la revisione di spesa che se ne va. Adesso è toccato a Roberto Perotti e lo ha fatto in diretta Tv su Rai 3. Tutti i giorni si sente parlare di tagli alla spesa pubblica, di sacrifici per uscire dalla crisi, di nuova gestione delle risorse economiche. Per dare senso alle parole, in tempi e governi diversi ma susseguenti, furono chiamati dei commissari alla cosiddetta “spending review”, l’italianissima “revisione di spesa”. L’ultimo, in ordine di tempo è stato Roberto Perotti, economista e professore ordinario al dipartimento di Economia della Bocconi di Milano, voluto lì da Matteo Renzi.

«Ho dato le dimissioni sabato, non mi sentivo molto utile» ha annunciato Perotti ieri sera in Tv, durante la trasmissione Parallelo Italia, condotta da Gianni Riotta su Rai 3. Una risposta che lascia a bocca aperta, ma quell’incarico di consigliere economico a titolo gratuito, svolto dal settembre 2014 alla settimana scorsa, non era più sostenibile, visti i presupposti. Ancora una volta ci si arrende di fronte all’impossibilità di fare quello che viene chiesto di fare: cioè, tagliare sugli sprechi per dare un corso nuovo e virtuoso alle spese dello Stato.

Perotti come Cottarelli e Bondi. È valsa ancora la regola del “Non c’è due senza tre”, perché questo è stato solo l’ultimo colpo di scena, di questa farsa che dura ormai dai tempi del governo Monti, quando l’incarico fu affidati a Enrico Bondi, dirigente d’azienda e commissario doc, dalla Parmalat all’Ilva di Taranto allaspendingreview.Con il governo di Enrico Letta(poi “rottamato” lui stesso dall’amico Matteo), arrivò dal Fondo monetario internazionale Carlo Cottarelli, economista di fama mondiale e attuale direttore esecutivo Fmi. All’aria fritta di Bondi, Cottarelli proponeva un piano per tagliare la spesa pubblica di 32 miliardi entro il 2016. Obiettivo ambizioso che avrebbe toccato prima di tutti i privilegi della casta, tanto per dare il buon esempio. Tanto buono che gli è servito, a meno di un anno dei tre previsti, per un biglietto aereo di ritorno per Washington, per ritornare – in signorile silenzio – al suo vecchio lavoro. Si parlò di un meschino benservito al “revisore dei conti”, dopo l’incontro con il premier e i ministri Pier Carlo Padoan e Maria Elena Boschi, a causa di quei tagli, dettagliati in 25 dossier, “secretati” e mai portati a conoscenza dell’opinione pubblica.

Adesso, con il nuovo abbandono di Roberto Perotti e di nuovo i tagli lineari previsti nella nuova Finanziaria, sembra confermato che chi tocca gli sperperi veri dello Stato, “muore”. O quantomeno, viene messo in condizione di non nuocere ai potentati gestiti dai boiardi di Stato. E, alla luce di quando è di nuovo successo, come non poter essere d’accordo con la massima attribuita al defunto senatore Andreotti, «A parlar male si fa peccato, ma spesso s’indovina». Se è vero che non c’è due senza tre, facciamo un’eccezione e nominiamone un altro. Però attenti a chi ci si mette, perché non bisogna disturbare il manovratore.

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