Il ritorno di Vinicio tra musica folk e versi in rima

È uscito il 6 maggio il nuovo concept album di Vinicio Capossela. Un omaggio alla musica folk e ai versi in rima dei cantastorie.

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C’è qualcosa di magico in Canzoni della Cupa, il nuovo album di Vinicio Capossela uscito il 6 maggio. Qualcosa che crea un legame tra le raccoglitrici di tabacco italiane e gli schiavi neri portati in America per lavorare nei campi di cotone.

Il cantautore paragona la fatica e il sudore di casa nostra con quella dei lavoratori afro-americani e lo fa mischiando diverse sonorità (musica folcloristica, blues americano, ballate) ai vari versi e sonetti con spirito allegro, quasi a voler dire alle persone che la musica popolare non deve essere un pezzo di antiquariato da mettere in cantina, ma una forma d’arte da diffondere in maniera gioiosa.

Canzoni della Cupa è l’ultimo capitolo di una saga iniziata con il libro Il Paese Dei Coppoloni e proseguita con il film Nel Paese dei Coppoloni. Un capitolo iniziato nel 2003 quando Capossela cominciò un lungo viaggio alla ricerca di sonorità provenienti da un mondo antico, tutto da riscoprire. Nelle sue musiche fa riferimento alla tradizione popolare italiana, avvalendosi anche di artisti internazionali del calibro di Flaco Jimenez, i Los Lobos e i Giant Sand (Howe Gelb e i Calexico).

In questo lavoro si fa uso di strumenti  quali,violini, tamburi a sonagli e  zampogne che richiamano  suoni provenienti da terre lontane.

Capossela in questo album abbandona il pianoforte e si dedica alla sua chitarra acustica, affiancato dal cymbalon, dal cubba cubba e da percussioni a corde.

In alcuni dei suoi testi il cantautore  rende omaggio ai cantastorie e agli oratori di un tempo, in altri, si fa lui stesso portavoce delle storie di paese, raccontando di feste popolari e tradimenti.

Per orientare il suo pubblico all’ascolto, Capossela, inserisce nel doppio cd i commenti alle canzoni e parla dei personaggi e dei luoghi che le caratterizzano creando così un affresco di un paese ormai quasi inesistente.

Il disco si chiude con il brano Il Treno, un omaggio al padre migrato al Nord.

Una magia e un’atmosfera ormai lontana ricreata dalle note e dalle parole di Vinicio.

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