Ricoverata 15 volte per lesioni: lei non denuncia, ma lui finisce al fresco

MILANO – BUSTO ARSIZIO Ennesimo caso di femminicidio, questa volta a lieto fine. A decretarne l’Happy End la celerità delle indagine della Procura di Busto Arsizio e la recente legge contro le violenze domestiche

Femminicidio perpetuato, questa volta a lieto fine.

Donatella, 47 anni, era stata ricoverata in ospedale ben 15 volte per percosse – e non solo – del compagno, Enrico Massimiliano Pedrazzini.

Non aveva mai denunziato gli accadimenti: una donna troppo succube o semplicemente intimorita? Qualunque sia l’ipotesi, comunque, una delle tante donne “vittime” di violenze nell’ambito domestico.  Morso al terzo dito della mano destra, perforazione traumatica del timpano, contusioni multiple,  infezione dei tessuti molli della mano sinistra da morso, sospetta infrazione delle ossa nasali, contusione anca destra, distorsione del collo: tanti, troppi ricorsi a strutture ospedaliere, ma mai nessun ospedale ha mai pensato di avvisare polizia o carabinieri. Solitamente Donatella si recava all’ospedale Guido Salvini di Garbagnate Milanese: ma non è questo il punto. Il reale problema è che, qualunque fosse stato l’ospedale cui Donatella aveva deciso di far ricorso per le cure necessarie, nessun medico ha mai pensato di “aiutarla”, magari forzando la situazione, offrendole un supporto anche psicologico.  Donatella, infatti, aveva il terrore di far il nome dell’uomo, prigioniera com’era della paura di nuove sevizie e dell’“amore” per quel folle picchiatore. Perché Donatella altro non è che una delle tante, troppe!, donne che amano troppo…

Dal commissariato di Rho-Pero, guidato da Carmine Gallo, trapelano notizie circa il “dispiacere” di Donatella per la fine del suo compagno Enrico, adesso arrestato e trasferito in prigione. Salva dal massacro, pur vissuto, salva – forse – solo dalla morte, il suo eccessivo amore per il compagno, amore, però, inesistente per se stessa, la portano ad essere “dispiacuta”. ‘Io davvero ho una forte passione, io davvero sono innamorata’, ha ripetuto.

Merito della non strage stra-annunciata?  Tutto deve essere riconosciuto alla celerità delle indagini, coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, nonché alla recente legge contro le violenze domestiche, secondo la quale ‘le forze dell’ordine possono procedere anche senza querela di parte’.

Più volte le avevano chiesto, ma sempre Donatella si era dimostrata irremovibile: ‘No, niente denuncia’. Ma quanto ancora doveva andare avanti? Ma soprattutto, quanto ancora si sarebbe concluso con un ricovero in ospedale, piuttosto che in un obitorio?

Una testimonianza viene resa da una vicina di casa della coppia (che abitava in un palazzo di Rho, nell’hinterland nordovest di Milano), la signora Jessica, che ha raccontato ai poliziotti alcuni episodi. ‘Una notte di settembre del 2013…La signora ha suonato di casa in casa piangendo. Quando l’abbiamo soccorsa aveva il labbro spaccato, il setto nasale rotto, i lividi ovunque, la casa era piena di sangue. Lei insisteva di non voler chiamare né forze dell’ordine, né 118’…. ‘Un pomeriggio di fine novembre 2013…Ho visto lui sul pianerottolo che prendeva la rincorsa e le tirava un pugno sul volto’… ‘La vigilia di Natale 2013…Dopo una feroce discussione, lui le ha rotto il naso e ha lanciato fuori dalla finestra una bottiglia di spumante, stoviglie e cibo». Ma perché Jessica non ha mai dato l’allarme?

Donatella rifiutava con decisione di denunziare ‘perché lo amava e aveva il terrore che quello la uccidesse’, racconta Jessica. Ma lei, perché non ha mai denunziato ciò che sapeva?

Eppure tutto quanto riferito da Donatella nei ricoveri era chiaro e ancor più strano risulta capire per quale motivo, a fronte delle anamnesi, gli ospedali non abbiano mai voluto vederci più chiaro. Era abbastanza ovvio che fosse Pedrazzini il carnefice di tutte quelle aggressioni, soprattutto quando Donatella riferiva una ‘aggressione da persona nota nel proprio domicilio’, o quando la donna giungeva ‘in seguito ad aggressione da parte di persona nota, colpita da oggetto lanciato (telecomando) alle labbra e presa al collo e alla mandibola con successiva caduta a terra, e colpita da ombrello sulla schiena’.

Oltretutto il 41enne Pedrazzini era noto aver sempre vissuto in opposizione alle regole. Pregiudicato per reati contro il patrimonio, negli ultimi tempi si dedicava alle truffe, su internet e per strada. L’importante era fregare il prossimo. Davanti ai poliziotti, nessuna parola: troppo sicuro che Donatella non l’avrebbe mai abbandonato. Non era ubriaco. Non si drogava. Picchiava e basta.

E tutto questo durava da ben due anni, dall’inizio della loro storia.

Prima Donatella era una donna normale, come tante, lavorava alle poste e conduceva da sola la sua vita. Una vita che era la sua. Sino all’inizio della sua storia con Enrico… Aveva smesso di lavorare: il volto tumefatto, le ecchimosi, i lividi, le difficoltà motorie le avevano ormai fatto perdere persino il coraggio di uscire e camminare in strada. Aveva provato in passato a fare il numero della polizia, ma subito aveva interrotto la comunicazione.

Troppa paura e troppo amore, ma poco sostegno e pochissima attenzione da parte di chi l’avrebbe potuta salvare prima. Ma per fortuna, almeno questa volta, possiamo dire che non è stato troppo tardi e Donatella è salva. Salva da chi voleva ucciderla, ma forse non proprio da se stessa…

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