Ricordando Giovanni Falcone all’Istituto De Felice di Catania

 “L’eredità di Giovanni Falcone ai giovani d’oggi”, l’incontro svoltosi sabato 23 maggio all’Istituto De Felice.

Una giornata particolare. Per qualcuno carica di ricordi, per altri, come i giovani studenti del quarto anno dell’Istituto De Felice di Catania, di curiosità. In ogni caso, per tutti, carica di significato. Si è svolto sabato 23 maggio, nell’aula magna dell’Istituto De Felice di Catania, l’incontro dal titolo “L’eredità di Giovanni Falcone ai giovani di oggi”, organizzato dall’associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta, in collaborazione con PiazzaGrandeAdv, per commemorare il sacrificio del giudice palermitano, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta, il 23 maggio del 1992.

Dopo l’introduzione del vicepresidente dell’associazione, Carmelo La Rosa, e i saluti del preside, Francesco Ficicchia, che ha ricordato come questa data sia diventata un simbolo per tutti gli italiani e per i siciliani in particolare, cambiati profondamente dalle stragi di mafia che videro saltare in aria prima Giovanni Falcone e poi il collega, Paolo Borsellino, ha preso la parola il Sostituto Procuratore Alessandro La Rosa, che si è soffermato sull’importanza della cultura nella lotta al fenomeno mafioso e sulla necessità di contribuire, ognuno nel proprio piccolo, a combatterlo.

Mi sento a casa mia – ha esordito. Mi sono diplomato in questo istituto e sono felice di essere qui, grazie all’associazione Agosta, anche perché ritengo che la scuola sia la base di tutto; è qui che si formano le coscienze, la cultura. Gesualdo Bufalino – ha aggiunto – diceva che la mafia si combatte con un esercito di maestri elementari, per intendere che è la scuola che forma l’individuo ed è proprio in questo luogo in cui si deve discutere di antimafia”.

Il magistrato ha poi sottolineato l’importanza del ricordo e di fare tesoro delle esperienze passate, pensando sempre prima di agire. “Falcone ci ha lasciato tanti messaggi – ha continuato – ma credo che uno sia particolarmente importante, cioè che non è detto che chi ha una mentalità mafiosa sia un criminale. Questo significa che la mafia è un sistema che cerca di radicarsi nella società in vari modi e che ognuno di noi potrebbe avere atteggiamenti che danno l’idea di questa mentalità che si avvicina al pensare mafioso”.

La Rosa ha poi spiegato come riconoscere questo modo di pensare. “Il mafioso non rispetta le regole se non le sue, che normalmente tendono al sopruso”, ha detto, soffermandosi poi sul ruolo dei magistrati che, da soli, non possono risolvere il problema. “La mafia è un fenomeno sociale e culturale – ha sottolineato – e non può essere combattuto solo dalle forze dell’ordine o dai magistrati. Ci vuole la società, in ogni sua manifestazione”.

Anche con una canzone, anche con un videoclip si può fare molto per diffondere la cultura dell’antimafia. Come ha fatto il cantautore Paolo Antonio che, con il suo “Piacere Salvatore” e la campagna a favore di Addiopizzo, ha dimostrato come ognuno di noi possa contribuire nel proprio piccolo a combattere la mafia.

La musica è un modo per arrivare anche a chi, quel 23 maggio del 1992, non c’era – ha detto. Io avevo 9 anni: il 24 maggio fu il giorno del primo minuto di silenzio della mia vita – ha aggiunto – e quel momento mi ha segnato molto. Con Piacere Salvatore – ha evidenziato – ho denunciato il fenomeno del pizzo, una delle più odiose manifestazioni dell’arroganza mafiosa, sostenendo concretamente chi lotta per estirpare questa piaga dalla società”.

Paolo Antonio ha poi ringraziato la platea, gli studenti che lo hanno accolto con applausi scroscianti: “Grazie a voi perché date senso  a quello che faccio”.

Prima delle domande, Giuseppe Agosta, figlio del maresciallo ucciso dalla mafia, ha ricordato la figura del padre, raccontando della Catania buia degli anni Ottanta, e ringraziato i presenti. “Oggi per noi – ha detto – è una giornata particolare perché si ricorda un grande uomo. Parlare della strage di Capaci, di cui ricorre il ventitreesimo anniversario, nel tempio della formazione dell’individuo, non è stata una scelta casuale da parte dell’Associazione intitolata a mio padre – ha continuato –  perché questo è il luogo dove si fa cultura e la cultura deve essere antimafia. Siamo onorati di essere qui – ha concluso – di fronte a questi studenti che sono il nostro futuro”.

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