Quattro chiacchiere con…Roberto Ciotti

Il suo ultimo lavoro è “Equilibrio Precario”, lui è Roberto Ciotti, bluesman romano, conosciuto nel mondo.

Lo si può considerare il rappresentante più autorevole del “blues mediterraneo”, il suo stile musicale e la sua voce lo rendono un artista inconfondibile.

Autore e compositore di colonne sonore, Ciotti ha lasciato il segno con la sua chitarra in album storici della nostra discografia, vantando collaborazioni eccellenti come quelle con De Gregori e Bennato.

A breve tornerà a suonare all’ estero, ma prima della partenza abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere.

La mia prima domanda è rivolta al titolo del tuo cd “Equilibro precario”, perché questo titolo? E’ rivolto allo stato della musica in Italia oppure alla nostra società?

Equilibrio precario, come brano è nato qualche tempo fa, ed è stata scritta in riferimento alla crisi della nostra società. Ovviamente il tutto viene esteso anche alla musica, come effetto collaterale al tutto. “Equilibrio Precario” doveva essere solo uno sfogo e invece è diventato portabandiera.

“Pensavo che le cose cambiassero, invece questa crisi peggiora e probabilmente tutto andrà sempre peggio. Forse non è il brano più bello dell’ album ci sono pezzi più ispirati come “Free Bird” o “Sometimes I Feel” e io proprio volevo chiamare il disco “Free Bird”, poi ho optato per “Equilibrio Precario”, perchè veste meglio il nostro stato attuale.”

Questo album segna continuità con i tuoi precedenti, ma apre a delle diversità ed a dei suoni parsimoniamente nuovi……

“Volevo un suono più moderno, ma poi ho deciso di farlo con parsimonia. Attualizzare il suono si, ma non stravolgerlo. Cercavo una modernità che poi ho ridotto. Ho usato suoni nuovi ma con molta parsimonia..In generale è un po’ pessimista a parte free bird e qualche altro pezzo. Ho usato un coro gospel, tastiere loop, la mia vecchia 335 Gibson, la mia vecchia Fender strato, e una j200 Gibson acustica oltre alla Martin d 41 del 70.”

E’ stato difficile fare blues in Italia?

“Quando ho iniziato io negli anni ’70 no, però adesso è cambiato tutto. Ormai viviamo nell’ omologazione, la musica è diventata un’altra cosa, in Brasile ci sono 20 canali televisivi che parlano di musica e ne parlano in modo qualificato. In Brasile però, esattamente come in Africa, paesi rispetto ai quali, noi ci riteniamo più evoluti, non hanno perso la purezza del suonare. Suonare per suonare non a fini di fama e commercio….”

…. pensi che la televisione piuttosto che i talent abbiano avuto un ruolo determinante in tutto ciò? Oppure rapportiamo il tutto alla discografia?

“I discografici, quelli di una volta, non esistono più. Per il  resto non vedo la televisione da anni e non è un modo di dire, per cui non so neanche cosa fanno e cosa passano, ma è vero che viviamo in un totale appiattimento sociale e culturale.”

Torniamo al tuo disco, hai inserito una cover di Jimi Hendrix, per la tua esperienza pensi che uno come Hendrix possa essere ancora una fonte di ispirazione e d’ insegnamento?

“Hendrix era avanti anni luce all’ epoca e lo è ancora oggi, rimane un’ icona ed una fonte insostituibile.”

Prima si parlava dell’ estero, rispetto all’ Italia, per quel che riguarda i concerti ed il pubblico, quali sono le differenze?

“Come ti dicevo c’è un modo diverso di approcciarsi alla musica, si ascolta e si sperimenta, in più organizzare concerti non è complicato come qui, spero che le cose in Italia cambino ed al più presto, una volta toccato il fondo bisogna per forza risalire e bisogna farlo dalla cultura.”

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