Putin ritira le truppe dalla Siria

Putin annuncia il ritiro delle truppe dalla Siria. “Gli obiettivi sono stati raggiunti”, le forze russe hanno “creato le condizioni per far iniziare il processo di pace” e ora il loro ritiro può essere “una buona motivazione per dare inizio ai negoziati politici tra le forze del paese”. “Non c’è nessun ‘piano B’ – ha avvertito de Mistura -. Se falliscono le trattative si torna alla guerra, che sarà peggiore di prima“.

Vladimir Putin (Xinhua)
Vladimir Putin (Xinhua)

Il ritiro delle truppe russe dalla Siria annunciato da Putin ieri è iniziato. Un ritiro parziale ma di grande significato. Lo ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato. I tecnici, si legge nella nota, stanno preparando gli aerei “per voli a lungo raggio verso aerodromi permanenti dislocati nella Federazione russa”. Gli uomini di Mosca stanno caricando di “equipaggiamenti e materiale” i mezzi dell’aviazione militare preposti al trasporto, che saranno scortati fino in Russia.

Putin ha ordinato ieri il ritiro di “gran parte” delle forze russe in Siria, dove Mosca aveva iniziato raid aerei al fianco del regime di Damasco, il 30 settembre scorso. Non è chiaro quanto personale militare la Russia abbia dispiegato, ma stime Usa parlando di un numero tra i 3.000 e i 6.000 uomini.

Il Cremlino ha comunque sottolineato che la base aerea di Hmeimim e quella navale di Tartus continueranno a operare normalmente. Il regime siriano ha fatto sapere ieri che l’operazione di ritiro è stata accuratamente concordata da Damasco e Mosca, mentre i rappresentanti dell’opposizione siriana hanno aperto all’annuncio di Putin affermando che “se c’e’ la volontà di ritirarsi, ciò può dare impulso ai colloqui di pace“.

Gli obiettivi sono stati raggiunti“, le forze russe hanno “creato le condizioni per far iniziare il processo di pace” e ora il loro ritiro può essere “una buona motivazione per dare inizio ai negoziati politici tra le forze del paese”. Così Putin ha informato della decisione in una conversazione telefonica il presidente siriano Bashar al Assad, il quale – riferisce il Cremlino – avrebbe assicurato di “essere pronto a iniziare il processo politico il più presto possibile“.

Anche nel comunicato della Casa Bianca dopo la telefonata tra i due leader si parla dell’obiettivo di fare avanzare la trattative politiche su una risoluzione del conflitto e si sottolinea che Obama ha messo in evidenza la necessità di una “transizione politica“.

Ma intorno al significato della decisione di Putin rimangono alcuni dubbi.

Primo perché Mosca non ha mai ammesso il dispiegamento di truppe sul terreno, bensì solo di forze aeree impegnate dal 30 settembre scorso in raid per quello che è stato sempre presentato come l’obiettivo dell’operazione, la lotta al terrorismo. E l’Isis, escluso dal cessate il fuoco in vigore dal 27 febbraio, rimane padrone di vaste regioni, tra cui quella di Palmira, dove le forze governative stanno avanzando proprio con l’appoggio dei bombardamenti russi.

In secondo luogo, rimarrà operativo, insieme alla base navale di Tartus, l’aeroporto russo di Hemeimeem, nella provincia di Latakia, da cui partono i raid.

Una delegazione del regime siriano ha incontrato oggi a Ginevra de Mistura nella prima giornata del nuovo round negoziale. Governo e opposizione sono giunti nella città svizzera per riprendere separatamente con l’inviato dell’Onu le trattative che erano state sospese il 3 febbraio a causa di un’offensiva governativa nel nord sostenuta da massicci bombardamenti russi “Non c’è nessun ‘piano B’ – ha avvertito de Mistura -. Se falliscono le trattative si torna alla guerra, che sarà peggiore di prima“.

Ma il percorso da affrontare è lungo e accidentato perché, ha sottolineato ancora de Mistura, “la vera questione da affrontare, la madre di tutte le questioni, è la transizione politica“.

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