Premio Bellini d’Oro: focus on sul “bel canto italiano” al Teatro Bellini di Catania

Evento promosso dalla Scam e dall’ente lirico del Teatro Bellini di Catania, nell’ambito della rassegna del Festival Belliniano di Enrico Castiglione. 

Giunto alla ventinovesima edizione con un prestigioso curriculum di artisti, Il “Premio Bellini d’oro”, promosso dalla SCAM (Società Catanese Amici della Musica), presieduta dal musicologo Giuseppe Montemagno, ha nuovamente calcato i legni del Teatro Massimo Bellini, questa volta in stretta collaborazione con l’ente lirico, che ne ha posto in prima linea l’orchestra e il coro, curati rispettivamente dalla bacchetta di Alessandro Vitiello e dal maestro Gaetano Costa.

Altra novità, l’inserimento del Premio nel Festival Belliniano, fondato sei anni fa da Enrico Castiglione, che ha  evidenziato la sinergia con il nostro teatro, in onore al grande musicista catanese.

Montemagno e la giornalista Caterina Rita Andò hanno presentato con spigliatezza la manifestazione, istituita nel 1968 (sotto l’allora presidente Antonio Maugeri) e divenuta autentica vetrina di talenti (Nicolai Gedda, Luciano Pavarotti, Giuseppe Di Stefano, Piero Cappuccilli, Cecilia Bartoli), al pari dell’appena scomparsa Anita Cerquetti, da sempre incentrata sul “bel canto italiano“: a riprova di ciò, le ammalianti voci dei protagonisti della serata, il mezzosoprano Daniela Barcellona e il tenore John Osborn, che sono stati insigniti del Bellini d’oro 2014, catturando a piene mani vivissimi consensi, sino ai rispettivi bis di Habanera dalla Carmen di Georges Bizet e Una furtiva lagrima  da L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti.

Ancora una volta è stato espresso un messaggio di solidarietà ai precari del teatro, che da numerosi giorni protestano sul tetto dell’edificio con il rischio di affondare come il Titanic, come si evince da uno degli striscioni appesi dal loggione. A loro il fraterno saluto di Montemagno, che ha ringraziato il sindaco Enzo Bianco e la sovrintendente del Teatro Rita Gari Cinquegrana.

Il programma della serata è stato dipanato con maestria dai cantanti, nel ruolo di pregevoli interpreti belliniani e verdiani, accanto ad una fremente Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea nell’aria della Principessa di Bouillon Acerba voluttà, dolce tortura.
Ben coesa e accurata l’orchestra, sotto la perentoria bacchetta di Vitiello, sempre incline a cogliere le sottigliezze agogiche quanto l’espansione lirica dell’Ottocento prescelto, non da meno tra le righe dell’Intermezzo da Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Le arie celeberrime Meco all’altar di Venere da Norma e A te, o cara, amor talora da i Puritani nelle rispettive cavatine di Pollione e di Arturo hanno profuso la vocalità sostenuta dall’americano Osborn e il suo timbro caldo e suadente, quanto duttile alla finezza belliniana; altrettanta perizia si evinceva dalla Scena e duetto di Adalgisa e Pollione. Sgombra è la sacra selva e Va’, crudele, al dio spietato, nella ricchezza espressiva della Barcellona, mai esente da leggiadria e quanto mai incisiva nell’Azucena verdiana di Stride la vampa!.

Ottima la prestazione del nutrito coro, che, istruito da Gaetano Costa, ha ben aderito agli accenti testuali in sintonia con la compagine orchestrale, nell’Inno guerriero Guerra! guerra! Le galliche selve, quanto nel Coro e Canzone di Azucena Vedi! le fosche notturne spoglie, quest’ultima dall’opera Trovatore.

Il Premio agli artisti, le cui motivazioni sono state lette sul palco da Marco Impallomeni (direttore artistico Scam) è stato conferito dalla Commissione aggiudicatrice, composta, oltre a quest’ultimo, dai critici Sara Patera, Michelangelo Zurletti, Aldo Mattina, Giancarlo Landini, Giorgio Gualerzi, Elvio Giudici, Fernando Gioviale, Domenico De Meo, Maria Rosa De Luca, Caterina Andò, Antonio Maugeri e Giovanni Pasqualino. Il direttore Vitiello, al termine della serata, ha elogiato la nostra italianità nel sentire la musica dentro, in un’ottica non solo europea, ma intercontinentale.

Il pubblico del “Bellini” ha acclamato le qualità strepitose dei due interpreti, sensibili all’anima più riposta del “bel canto italiano“.

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