Portata in scena al Centro Zo “A mani nude”, di e con Pamela Toscano:

Storia vera dell’artista Besnik Harizaj

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Per la sezione Nuova Drammaturgia Siciliana della rassegna di creazioni contemporanee “Altrescene”, Associazione Zo e Statale 114, presentano in prima assoluta “A Mani Nude”, di e con Pamela Toscano, elaborazione teatrale a partire dal romanzo biografico “A Mani Nude” di Lucia Andreano, che ha già ricevuto il patrocinio di Amnesty International, e narra la storia dell’artista albanese Besnik Harizaj, scultore affermato in Italia e all’estero. Nella messa in scena si delineano stralci di vita dello scultore, riscrivendole dal punto di vista delle donne che ne hanno attraversato la vita. Suggestive musiche Luca Zarbano; voce Rachele Amore; illustrazioni animate di Michela Giuffrida; disegni originali di Besnik Harizaj; assistente alla regia Segolene Le Contellec; light design Aldo Ciulla.

Le “mani nude” sono quelle di chi ha lavorato prima la terra e poi l’argilla, sotto il sole della campagna albanese. Sono le mani di Besnik Harizaj, protagonista di A mani nude, romanzo della docente catanese Lucia Andreano, presentato al Consolato generale d’Italia di New York e in libreria in Italia il prossimo 27 maggio.

Quello di Besnik è un percorso che ha come sfondo le campagne del sud dell’Albania, le scuole di periferia e gli istituti d’arte del suo Paese, per arrivare agli anni della rivolta politica a Tirana, delle statue dei dittatori abbattute nelle piazze e della fuga in massa dei più giovani. Nella sua terra sarebbe stato destinato a fare il contadino, come voleva per lui il padre tradizionalista e severo. Ma le sue mani erano fatte per modellare la ceramica ed è questo a dargli la forza per sfidare la famiglia, la povertà e la logica di un Paese dominato dalla dittatura.

Besnik arriva sulle coste italiane nel ’96, per iniziare una vita da immigrato «senza identità», sottolinea l’autrice. Il giovane è prima studente, poi soldato e immigrato clandestino, fuggito a Creta e infine approdato in Sicilia. Qui colleziona nomi finti e lavora in nero nelle campagne, ma incontra anche artigiani onesti e apre la sua bottega di ceramiche a Caltagirone.

«È un libro nato per caso – racconta Andreano -, passeggiando per le vie di Caltagirone, in un giorno di pioggia di dicembre. Sono entrata nella bottega di un artigiano che creava teste di Moro diverse dalle altre ed è stata una locandina con un nome albanese a incuriosirmi. L’ho conosciuto e abbiamo iniziato a chiacchierare». È una storia vera, spiega l’autrice, «non c’è nulla di romanzato in questo libro».

Oggi Besnik è un uomo di quasi cinquant’anni e «le sue teste in ceramica fanno il giro di tutto il mondo – afferma Andreano – perché sono particolari, molto grandi, come lo erano quelle realizzate durante le dittature dell’Est». La sua, come quella di tanti suoi conterranei, è una storia fatta di «sofferenza e solitudine, crisi e diffidenze», continua la scrittrice, prima per la sua condizione di immigrato, poi per le sue origini. «Era chiamato l’albanese, non aveva il permesso di soggiorno e quando ha aperto il suo laboratorio è iniziato per lui un altro tipo di solitudine – aggiunge -, ha dovuto dimostrare di essere una brava persona, perché rappresentava una popolazione che nell’immaginario collettivo porta guai».

Andreano è docente di Lettere in un istituto tecnico catanese, è impegnata in progetti per l’educazione alla legalità e all’integrazione sociale, la lotta alla dispersione attraverso l’uso del linguaggio scritto.

Racconta: «In molte occasioni ho lavorato con ragazzi in difficoltà dal punto di vista sociale e psicologico. Ho capito che attraverso la scrittura si può raggiungere l’anima di una persona e fare emergere le sue potenzialità. È così che i ragazzi iniziano ad avere consapevolezza di sé e ad avere fiducia negli altri, ed è così che ha inizio il percorso di integrazione».

Un pubblico attento e vicino alla storia costruita su un susseguirsi di episodi legati alla vita del ceramista, si è appassionato con intensità, trovando spunti di dialogo e commento al termine dello spettacolo.

 

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