Obama sconfitto: il Congresso va ai Repubblicani

I Repubblicani vincono le elezioni di medio termine e conquistano la maggioranza al Congresso. Obama “anatra zoppa” per i prossimi due anni 

Alla fine il tanto sospirato sorpasso dei Repubblicani sui Democratici è arrivato: con 52 seggi a 44 al Senato e con 242 deputati a 174 alla Camera, il Gop raggiunge la maggioranza assoluta al Congresso americano e scardina la coalizione che nel 2008 e nel 2012 aveva portato Barack Obama alla Casa Bianca. Iniziano dunque due anni difficilissimi per il presidente statunitense, definitivamente “anatra zoppa” come lo hanno chiamato i Rep in queste settimane, il quale dovrà gestire il potere esecutivo in una posizione di assoluta debolezza, per lui e per il suo partito, che dovranno ricostruire una nuova e più efficace strategia elettorale per tornare competitivi per le presidenziali del 2016.

La giornata era iniziata già storta fin dai primi exit poll: la maggior parte degli elettori intercettati ai seggi aveva chiaramente risposto di essere deluso dalla politica di entrambi i partiti, ma soprattutto dell’amministrazione Obama. Le elezioni di medio termine per il rinnovo di 435 membri della Camera dei Rappresentanti e un terzo dei 100 membri del Senato (più 36 governatori, svariati sindaci e il referendum consultivo sulla marijuana terapeutica in alcuni Stati, compreso il DC) è diventato un referendum sulla politica presidenziale. Ad Obama non è bastato il segno positivo dell’economia. A pesare sugli elettori soprattutto le delusioni per il lancio della riforma sanitaria, l’occupazione traballante, il mancato rinnovo delle leggi sull’immigrazione, il tentativo fallito di limitare la vendita delle armi dopo la strage di Sandy Hook, le crisi internazionali, specialmente l’Isis, e persino la gestione dell’emergenza Ebola non andata perfettamente come gli americani si aspettavano.

Per il Grand Old Party (GOP) la vittoria alla Camera era più o meno scontata; la gara si è da subito concentrata per strappare i sei seggi di maggioranza dei Democratici al Senato. Il risultato finale è andato ben oltre le aspettative dei Repubblicani: non hanno vinto solo negli Stati più deboli detenuti fino a ieri dai loro avversari, ma anche in molte regioni che proprio Obama aveva conquistato, cambiando la geografia politica degli Usa. Il Grand Old Party si è ripreso subito, senza particolari sorprese, i seggi del Montana, West Virginia, South Dakota, Arkansas e Alaska. Poi ha portato via anche Iowa, North Carolina e Colorado, Stati che Obama aveva colorato di blu (il colore dei Dem, contro il rosso del Gop) nel 2008 e 2012. La sconfitta di Obama è venuta a galla proprio nella coalizione che più sembrava dovesse durare: il primo presidente di colore che puntava sugli immigrati ispanici, i neri, le donne, i giovani, e i moderati bianchi che non si riconoscevano negli estremismi dei repubblicani modello Tea Party. Tutto, infine, è definitivamente crollato col ballottaggio in Louisiana che sembra destinato a perdere il prossimo 6 dicembre. A nulla sono servite le vittorie di misura ottenute in New Hampshire e, soprattutto, in Virginia – altro stato tradizionalmente repubblicano – che Obama era riuscito a conquistare.

Per i prossimi due anni Barack Obama sarà un presidente azzoppato, anzi un’“anatra zoppa” come l’hanno apostrofato i Repubblicani in campagna elettorale. I Rossi guardano con ottimismo – e con ragione – alle presidenziali del 2016: negli ultimi otto anni mai la Casa Bianca è stata così alla loro portata. I nuovi governatori eletti in Florida e in Wisconsin (quest’ultimo da sempre democratico), la neonata stella Scott Walker (neo governatore in Wisconsin) oltre ai nomi già noti di Jeb Bush, Rand Paul, Marco Rubio, e Chris Cristie, fanno alzare gli occhi in cielo al Gop ma soprattutto, da domani, dovranno necessariamente smetterla di fare ostruzionismo al Congresso e proporre la loro versione di politica federale. Soltanto in questo modo potranno veramente aspirare alla Casa Bianca e non pagare salato la paralisi governativa del presidente.

Ma il risultato altamente deludente di Obama si trascina dietro anche la futura candidata presidenziale Hillary Clinton, la cui macchina elettorale ha perso visibilmente colpi: nonostante abbia partecipato a 45 eventi negli ultimi due mesi, l’ex Segretario di Stato ha avuto un impatto misero ovunque – ha vinto solo in New Hampshire, ma era più o meno scontato. Persino in Arkansas, lo stato di cui il marito Bill era governatore prima di diventare presidente, i candidati che ha sostenuto sono stati tutti sconfitti. Il risultato di questo midterms impone inevitabilmente un esame di coscienza approfondito se si vuole andare alle presidenziali con qualche speranza di vittoria.

Per Obama iniziano due anni di irrilevanza in cui difficilmente potrà risollevarsi, ma non senza pesantissimi compromessi – tipo gli accordi per il commercio internazionale come il T-TIP con l’Europa, i programmi per la costruzione di infrastrutture, e la riforma fiscale per alleggerire i carichi sulle imprese – che ne mineranno ulteriormente il potere politico. Il presidente potrebbe addirittura sfidare il Congresso usando i poteri esecutivi per decretare l’amnistia e riformare l’immigrazione in maniera di favorire la minoranza ispanica che sarà comunque fondamentale per i democratici nel 2016.

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