“Migrazioni” di Raimondo Raimondi

Viaggio a fianco di un’umanità dolente.

Pubblicata una raccolta di poesie di Raimondo Raimondi dal titolo “Migrazioni” per i tipi di VERSUS edizioni d’arte contemporanea. Si tratta di una breve silloge di undici poesie ispirate dal drammatico tema dei migranti che attraversano il Mediterraneo verso l’Europa spesso rimettendoci la vita. Il volumetto ha in copertina un dipinto di Ramzi Harrabi artista tunisino da tempo trapiantato a Siracusa, musicista e mediatore culturale,che di recente ha esposto in Ortigia nella mostra “Uprooted”.

Immigrazione: un esodo biblico scrive l’autore in una sua prefazione ai versi –  l’Africa intera vuole traghettare in Europa, inseguendo sogni di benessere e una vita migliore. O semplicemente una vita, visto che in certe parti del continente nero restare in questo mondo è un difficile traguardo, o si muore ammazzati o si muore affamati. E noi, popolo pingue e sovrappeso, abbiamo paura di questi poveretti, noi, una nazione di 60 milioni di abitanti, non riusciamo a organizzare un’accoglienza decente per questi rifugiati, anzi vorremmo i “respingimenti”, parola cruda e asettica per dire: ributtiamoli a mare. Noi, popolo cattolicissimo devoto a Papa Francesco, non li vorremmo nemmeno vedere per strada questi giovanissimi colorati e magri, con gli occhi spalancati verso un incerto futuro e la memoria dolente per i compagni annegati nel tragico viaggio della speranza su un barcone rattoppato. E pensare che un paio di secoli fa le navi negriere degli europei li andavano a caricare questi giovani abbronzati strappandoli con la forza ai loro villaggi, alle loro famiglie, alle loro donne, per trarli in catene a lavorare senza paga nelle piantagioni. Allora erano ricercati, forza lavoro a buon mercato, bestie da soma per arricchire gli speculatori inglesi, tedeschi, olandesi, spagnoli e americani. Ora questo esodo ci terrorizza, pensiamo che gli immigrati possano rubarci l’osso rosicato che è la nostra economia, ciechi non vediamo le opportunità di un mondo che cambia, un movimento epocale dei popoli, inarrestabile come le orde dei unni, che voler contrastare è vano, impossibile, tanto vale accettarlo e gestirlo al meglio, con buona pace di tutti. Tanto poi loro, i migranti, non ci vogliono nemmeno restare in questa Italia piena di livore e di rabbia, asservita a politici ladri, dove impera la corruzione e il malcostume. Loro, i migranti, – conclude Raimondi – vorrebbero andare altrove transitando verso un’Europa più mitica e ricca, alla ricerca di un lavoro e di una nuova patria”. 

Raimondo Raimondi, giornalista e critico d’arte, ha pubblicato libri di poesia, narrativa e saggistica ed ha curato l’edizione di numerosi cataloghi d’arte. E’ componente del Comitato Direttivo del Museo Civico di Augusta e Direttore responsabile della testata “Dioramaonline”. Nel 2014 per le Edizioni Il Foglio di Piombino ha pubblicato il libro di narrativa dal titolo “L’undicesima” ed ha ricevuto il prestigioso Premio ConfCulture. Si noti che far poesia è cosa diversa dallo scrivere letteratura.

Un romanzo ha bisogno, oltre che dell’intuizione di una trama, anche e soprattutto di un lavoro costante e continuo che, giorno dopo giorno consente di stendere un numero di pagine congruo alle esigenze dell’editoria. Scrivere una poesia è altra cosa. E’ un lampo, un’intuizione veloce, un’emozione dell’anima, che si concretizza in un componimento breve, in poche immagini originali, in alcune parole accuratamente scelte e soppesate, scritte per far emergere dalla psiche un proprio stato d’animo e comunicarlo agli altri, rendendo in tal modo universale ciò che è nato da un sentimento personalissimo ed intimo.

Emblematici alcuni titoli delle poesie di Raimondo Raimondi: Corri ragazzo nero, Dove i piedi ti portano, Nel tuo villaggio desolato, Ciò che il mare donava, Dio, Allah o chiunque tu sia, Cambia il mondo, Dopo il soffio nudo delle dune, Sagoma aurea d’un isola incerta, Scendono dalla nave in lunga teoria, Arrivammo, Naufragammo all’alba. Nel suo verseggiare chiuso a tenaglia ogni immagine si stempera in una breve perifrasi e gode di una vibrata formulazione sintetica, elementi questi che fanno si che il suo metro si dinamizzi con elastica plasticità in una scansione ritmica antica e modernissima. E l’autore riesce a far provare a noi le sue stesse emozioni per i grandi temi della guerra, della morte, dell’immigrazione, insomma poesia la sua che è cronaca ma anche riflessione e compartecipazione verso un’umanità dolente in cerca di redenzione e salvezza.

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