Vincendo il ballottaggio di domenica scorsa con il 62 per cento dei voti davanti alla sua avversaria Evelyn Matthei, Michelle Bachelet torna alla Moneda come presidente del Cile a tre anni dal precedente mandato
È stata la prima donna ad essere stata eletta presidente del Cile nel 2006; dopo il ballottaggio di domenica scorsa, che l’ha vista vincere contro Evelyn Matthai, Michelle Bachelet è la prima donna ad essere rieletta presidente del Cile appena tre anni dopo la fine del precedente mandato. Bachelet ha vinto col 62 per cento dei voti (dieci in più del primo turno) contro il 38 della Matthai, ma con un altissimo livello di astensione – attorno al 60% – dopo che nel 2011 è stato abolito il voto obbligatorio.
Michelle Bachelet, medico pediatra di 62 anni, figlia di un generale dell’aviazione morto sotto tortura durante il regime di Pinochet, assumerà l’incarico l’11 marzo. La sua avversaria – figlia di un generale pinochettista e ministra del lavoro durante il governo neoliberista di Sebastian Piñera – ha riconosciuto la vittoria della Bachelet commentando: «La responsabilità della sconfitta è solo mia». La sconfitta della coalizione Alianza è la peggiore subita dalla destra dal 1958.
Il Cile dal 2009 ha raggiunto un benessere economico di tutto riguardo, merito del presidente miliardario Piñera che dall’inizio del suo mandato ha viaggiato col vento in poppa. In pochi scommettevano su una sconfitta del presidente, ma i tumulti del 2011 hanno fatto emergere l’altra faccia del “miracolo cileno”. È l’immensa disuguaglianza e l’alto prezzo pagato dai settori popolari in termini di salari, educazione, salute, pensioni che hanno fatto la differenza: un 5% di privilegiati guadagna 257 volte di più del 5% dei più poveri; lo stipendio di un responsabile d’azienda è di oltre cento volte lo stipendio di un operaio. Il 31% delle risorse del paese è appannaggio dell’1% di straricchi: la concentrazione della ricchezza in poche mani – dice uno studio compiuto dall’Università del Cile nel 2013 e citato da El Pais – supera il livello registrato negli Stati uniti (dove l’1% detiene il 21% della ricchezza) o della Germania (nelle mani dell’1% dei più ricchi si concentra il 12% della ricchezza).
Le elezioni presidenziali hanno portato in Parlamento anche la leader studentesca Camila Vallejo e insieme a lei il programma di Nueva mayoria: gratuità del sistema educativo, una riforma fiscale che dovrebbe aumentare le imposte alle imprese dal 20 al 25% in quattro anni. Indirizzo pubblico anche per il sistema pensionistico e per quello sanitario, a cui Bachelet ha promesso quattro miliardi di dollari per ospedali e centri di salute. Anche in tema lavoro si aspettano buoni propositi. All’Onu Bachelet si è occupata di diritti delle donne, da presidente avrà molto da lavorare in un paese in cui le disuguaglianze di genere sono particolarmente accentuate: le ultime stime parlano di una differenza salariale che arriva fino al 30 per cento e solo il 3% delle donne è dirigente d’azienda.
Nel suo primo discorso da presidente, Bachelet ha parlato «di un momento storico che per la prima volta rende possibile un vero cambiamento consentito da un’ampia maggioranza ottenuta». Ha promesso «una Costituzione nata in democrazia, che assicuri il diritto e che si trasformi in un nuovo patto sociale rinnovato di cui il Cile necessita». Nessun accenno alla nazionalizzazione del rame, prima risorsa del paese. L’estrema destra afferma però che il livello di astensione non legittima la sinistra a governare, e promette l’arrivo di «un nuovo Pinochet».