Matrimonio per contratto…consolidata abitudine ‘english’

Nei Paesi anglosassoni i contratti prematrimoniali sono una consolidata abitudine, fanno parte delle consuetudini accettate e non sono considerati una dimostrazione di grettezza o di scarso romanticismo

Nei Paesi anglosassoni i prenuptial agreements sono una consolidata abitudine. Certo, sono molto più diffusi tra i vip – quando i promessi sposi portano in dote patrimoni da capogiro – che tra la gente comune; ma fanno parte delle consuetudini accettate e, grazie a una buona dose di senso pratico, non sono considerati una dimostrazione di grettezza o di scarso romanticismo. Vero è che a volte assumono ai nostri occhi connotazioni un po’ folcloristiche, quando vanno ben oltre gli aspetti economici e pretendono di stabilire per contratto questioni che sembrano davvero poco regolamentabili.

Pare per esempio che Priscilla Chan abbia imposto a Mark Zuckerberg clausole relative ai rapporti sessuali (almeno una volta a settimana) e al tempo ‘di qualità’ da passare insieme (almeno 100 minuti a settimana). L’elenco delle clausole stravaganti potrebbe essere corposo, ma al di là dei dettagli divertenti o bizzarri che ci restituiscono le cronache rosa, i patti prematrimoniali sono ormai argomento di discussione anche qui in Italia, dove per ora non sono consentiti. Da noi sono considerati nulli gli accordi stipulati per disciplinare le condizioni di un eventuale divorzio, si può solo scegliere il regime di separazione o di comunione dei beni. È lo Stato a dettare le regole in materia matrimoniale e gli effetti del matrimonio non sono modificabili dai coniugi a loro piacimento: il diritto all’assegno di divorzio rientra infatti nell’ambito dei diritti ‘indisponibili’, e non può essere in alcun modo negoziato a priori, ma va stabilito attraverso le procedure del tribunale competente. Inoltre, non sono previste limitazioni temporali alla possibilità di revisione del regime divorziale, sia rispetto all’affidamento dei figli sia per ciò che riguarda l’assegno di mantenimento.

La società però cambia, si sta affermando un orientamento favorevole a lasciare maggiore autonomia ai coniugi e sono in molti a valutare positivamente l’introduzione di questi patti anche in Italia. Un simile provvedimento consentirebbe infatti di ridurre la conflittualità e i tempi delle cause di divorzio, e di alleggerire i carichi dei tribunali; il rischio è però che a dettare ‘amorevolmente’ legge finisca con l’essere sempre il coniuge più forte economicamente.

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