“L’uomo dal fiore in bocca” in scena all’auditorium “Nelson Mandela” di Misterbianco

Ritorna in scena, grazie alla felice e surprising regia di Pino Pesce, “L’uomo dal fiore in bocca”, all’auditorium “Nelson Mandela”. Mario Opinato offre un’interpretazione antiretorica del capolavoro pirandelliano

WP_20160115_12_17_42_ProNel prestigioso Auditorium “Nelson Mandela” di Misterbianco è andato in scena l’imaginific e surprising spettacolo teatrale “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello, con l’originale rivisitazione della regia e adattamento del testo di Pino Pesce.

Lo spettacolo pirandelliano, prodotto dal periodico “l’Alba” e patrocinato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Misterbianco, assessore Mancuso (già preside Santo), è stato rivolto a tutte le scuole del territorio misterbianchese.

Derivato, con poche varianti, dalla novella Caffè notturno del 1918 (rinominata nel 1923 La morte addosso), L’uomo dal fiore in bocca è un atto breve di Luigi Pirandello rappresentato per la prima volta da Anton Giulio Bragaglia al “Teatro degli Indipendenti” di Roma, viene riproposto dalla raffinata intelligente regia di Pino Pesce, un piccolo gioiello che il regista porta in scena dal 2014. Pirandello ha scritto l’atto unico di questo dramma straordinario tirando fuori “il meglio delle sue virtù narrative”, come sottolinea il regista, che mettono a fuoco l’illusoriWP_20160115_12_18_56_Proetà della vita, la quale – pur se vista nella sua nuda labilità – vuole essere vissuta; per cui l’uomo vi si attacca «Come un rampicante attorno alle sbarre d’una cancellata».

Una “lezione” semiseria su Pirandello e la follia attraverso un gioco, che ha coinvolto gli spettatori-alunni, grazie alla brillante interpretazione antiretorica di

Il dialogo fra i due si trasforma è in realtà un monologo tra l’uomo razionale cosciente del proprio male, che sembra accettare serenamente la malattia, e l’uomo comune preso dagli affanni della vita quotidiana. Una sapientissima miscela di tragico, grottesco e umoristico un testo difficile soprattutto da proporre a un pubblico sbarazzino e disimpegnato come quello delle scuole, ma il regista riesce, grazie ai commenti acuti e ironici a punzecchiare il pubblico, a stimolare e a rendere la platea unita e coesa preparandola psicologicamente all’atto breve, che segue con massima attenzione; così il dramma riesce a rivolgersi a spettatori di diverse culture ed età.

Domina la scena l’illusione dei sensi, che si svuota, e l’allegoria della vita in più sfumature come inno dell’anima alla speranza, anche se rimane sospesa. Alla fine la Uomo-Pasqualino e Mario-2novità di un Pirandello, attraverso Pesce, non più cupo, ma ottimista. Da qui l’interpretazione allegorica dell’attaccamento alla vita (l’edera) e al fluire della stessa in una visione che oscilla fra il mondo classico greco (le tre parche) e le suggestioni filosofico-religiose orientali.

Si vuole rappresentare una realtà (se lo è!) generalmente sfuggente, dove la quotidianità condiziona facendo perdere il vero senso della vita, e il regista tende a precisare che lo spettacolo “vuole far riflettere sulla imprevedibilità della vita e su ciò che la rende misteriosa e sorprendente; infatti i dialoghi parlano di incertezza, instabilità ma alla fine sono rivestiti di speranza anche se non suffragate dalla certezza assoluta della fede”.

Tra voce fuori campo di Pino Caruso, le eccellenti musiche di Elisabetta Russo che entrano nell’anima, i lumini votivi che si alternano a giochi di luci (simboleggianti l’aureola vitale), le due ballerine, raccontano bene il “risveglio dal sonno e dal sogno”. Quindi l’approdo al concetto finale di “burattini del nulla” che però non sono di chiusura nichilista se portano all’interrogativo:  “Non c’è un segreto filo che porta alla Verità Assoluta?!!”

Opinato impiega il suo “savoir faire” acquisito da tante esperienze teatrali e televisive per condurre il pubblico dove vuole lui: a teatro, quello vero.

La scenografia della sala, curata dallo stesso regista è originale ed essenziale, completata da uno sfondo nero e la proiezione-video della stazione della cicumetnea di Misterbianco; e tutto coordinato dal direttore di scena Alga Pesce.

Ad uItima1-4-05-intervistaopinato-giovannapipari-img1 considerazione, direi che il regista non si limita a vivere sulle spalle del mito pirandelliano, ma che arricchisce e rinnova la “pièce” riuscendo a cogliere il rapporto tra surrealismo ed espressionismo, creando un velo di nebbia sulla morte che rinasce. Su questo, Mario Opinato segue una linea psicologica con un’analisi delle dinamiche dell’inconscio puntando sull’interiorità come un personaggio di Dostoevskij, ed interpretando bene la sapiente regia di Pesce descrive “l’uomo del sottosuolo”, nutrendosi di storie che si colorano di non senso e ricche metafore, le quali attraverso un registro semantico e sentimentale acquistano significato.

La “pièce” viene valorizzata – come già detto – dalle musiche originali, scritte per questo lavoro teatrale da Elisabetta Russo. “Eros” e “tanatos”, oniricità e mistero, si legano grazie al suggestivo supporto dei video (“videomaker”: Dalila Romeo, Vincenza Mastroeni e Vincenzo Santonocito), alla sinuosità del teatro-danza con coreografie di effetto e creature stilizzate: “l’allegoria della vita” rappresentata da Luisa Ippodrino e “l’allegoria del trapasso” da Rossana Scinà.

Nel tutto, vibra il duello della vita e della la morte ineluttabile; per cui, da un breve silenzio, il suono avvolgente dell’organo, la voce fuori campo di Pino Caruso, il quale marca, ripercorrendola, la mitologia filosofico religiosa orientale del corpo abbandonato dall’anima che anela ad un’altra vita!

 

 

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