“L’invisibile nutrimento” è il titolo del libro di poesie di Myriam De Luca

In questo “difficile periodo” nutrire l’anima può essere di conforto!

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La scrittrice palermitana trae le sue ispirazioni dalla natura, da passate esperienze e da  tutto ciò che la “stimola” intellettualmente. Dolce e sensibile sa essere al tempo stesso, molto caparbia nel raggiungere i suoi obiettivi. Myriam l’ho conosciuta un sereno pomeriggio di primavera e subito è scattata la “molla” della simpatia, come dire: “Le  affinità dell’anima”. Nei suoi occhi ho letto la malinconia e la solitudine ma anche la  gioia di vivere. Lei ama molto la sua famiglia ed anche il suo canuzzo che le tiene compagnia mentre scrive. Oltre a inventare poesie è anche narratrice. Il suo libro “Via Paganini 7” è un romanzo dove l’autrice esprime tutta la sua voglia di rinascita  e  di ciò ne fa partecipe la protagonista che alla fine  riuscirà a trovare  finalmente la sua strada  nella vita. Il libro diventerà una commedia. Ma ritornando alle poesie, mi preme sottolineare che in questo periodo di “confusione”, ancora di più noi tutti dovremmo “evadere “, e cosa c’è di meglio che leggere o scrivere dei versi poetici?

“L’invisibile nutrimento” + il suo ultimo libro di poesie che nasce da un momento particolare della sua vita?

“L’invisibile Nutrimento” è il risultato di diversi momenti della mia vita in cui le emozioni si intrecciano, di volta in volta, con gioie, amori, traguardi e sconfitte”

Tommaso Romano, poeta affermato e noto, ha scritto la recensione al suo libro. Da quanti anni conosce il professore e come è nata  questa collaborazione?

“Sì, Tommaso Romano ha scritto un’attenta e lucida prefazione del mio libro edito dalla sua casa editrice Thule. La scelta del prefatore è una scelta delicata, poiché la prefazione è la porta d’ingresso della lettura di un libro. Non ho avuto nessuna perplessità nell’affidare a Tommaso Romano il frutto delle mie emozioni più intime, e ho desiderato fortemente che fosse lui a presentare i miei versi a chi vorrà leggerli. Conosco il Professore Romano da diversi anni e ho sempre nutrito nei suoi confronti sentimenti di profonda stima e autentica ammirazione. Nel 2016, egli è stato anche il primo relatore del mio romanzo d’esordio “Via Paganini 7”.

In questo periodo di pandemia, nelle giornate forse più  buie del nuovo millennio, la poesia ancora una volta può essere riferimento di “bellezza” per ispirare donne e uomini intorno alla vita, alle seduzioni, alle dolcezze, alle asperità, alle  contraddizioni. In questi giorni in cui si stanno limitando le occasioni per trovare  e per trovarsi e per sentirsi parte di una  comunità, tendono a prevalere  idee di individualità ed un più o meno consapevole senso di solitudine. La psicologia  distingue però la solitudine dall’isolamento. Possiamo sentirci completamente isolati  e, forse, lo siamo sempre di più anche prima del Coronavirus, anche se siamo pieni di contatti reali o virtuali. D’altra parte, possiamo essere soli, ma continuare a coltivare il dialogo con noi stessi e con  gli altri, ad esempio quando leggiamo un libro, quando studiamo o siamo concentrati su un progetto. Dunque,  questo suo libro, Myriam, come tanti ha lo scopo di condividere a distanza pensieri, riflessioni, sentimenti, paure, emozioni, la solitudine,  il rischio reale  e concreto di uno stravolgimento di gerarchie e valori. Insomma poesie e vita al tempo della pandemia ?

“Della solitudine dell’uomo del nostro tempo il coronavirus non ha alcuna responsabilità, dell’isolamento sì. La solitudine, spesso, viene fraintesa con l’isolamento e associata a uno stato di tristezza. L’isolamento è l’assenza dell’altro, “altro” inteso anche come mezzo che ci faccia distrarre da noi stessi. La solitudine è uno stato di profonda libertà che ci conduce nel centro del nostro essere, ed è anche lo stato di bellezza in cui si crea  la poesia, “invisibile nutrimento” dello spirito”.

In che chiave può  e devono essere lette le liriche che ha scritto?

“La dimensione metaforica e infinita è generalmente l’humus delle mie liriche, attraverso la quale cerco vie di accesso alla realtà dell’esistenza e alla visione della vita che non possono essere ridotte a schemi unici e generalizzati. Quindi, la migliore chiave di lettura è quella di lasciarsi andare al fluire delle parole oltre qualsiasi argine, avvalendosi anche di una fervida immaginazione”

Quante poesie contiene il suo recente lavoro poetico?

“La raccolta contiene 60 poesie e, a differenza delle precedenti contenute nel libro “Esortazioni Solitarie”, risentono molto di più del sentimento panico della natura che io percepisco in modo profondo e totale. Le sensazioni uditive, visive, olfattive e tattili della natura, in particolare dei boschi, rigenerano il mio spirito, la mia mente, il mio corpo e la mia ispirazione poetica. Tuttavia, non trascuro mai fondamentali tematiche sociali e molte delle mie liriche denunciano ogni tipo di guerra e discriminazione, parlano di una pace “utopica”, di violenza fisica e psicologica, di squallidi giochi di potere e di ingannevole moralità. La poesia è un mezzo potente di autentica libertà. Un modo per ribellarsi e dire “basta”

Lei sarà presente alla Biennale di Panormus che sto curando con amorevole abnegazione. Pensa che l’arte porterà sollievo a questo mondo, che viene “sporcato” da figure indegne e losche?

“Purtroppo penso che l’arte rischi seriamente di essere sopraffatta dalla sporcizia di figure indegne e losche perché sono proprio queste figure, non sempre facilmente identificabili, che si infiltrano in modo viscido nel mondo della bellezza e dell’arte usandolo come copertura per riuscire a soddisfare le loro spregevoli esigenze. I veri operatori di cultura devono essere più che mai compatti e fare muro contro questi adescatori di masse”

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