Lettera d’amore al Calcio Catania

Commento triste di un tifoso innamorato della sua squadra …nonostante la retrocessione in B

Caro Catania,

sono un ragazzo di vent’anni che oggi ti scrive per ricordarti quanto importante tu sia, poche ore dopo aver ricevuto il suo primo dolore sportivo con la retrocessione in Serie B.
La prima volta che ti ho visto è stato per caso. Ero piccolo, avevo solo otto anni quando mio padre e mio nonno ti guardavano in televisione. Tu eri tutto bagnato e giocavi a Pescara. Lottavi nel pantano per ottenere la promozione in Serie B attraverso la via dei play-off. Proprio così ti ho conosciuto, come un combattente che mette l’anima propria in battaglia. Quel giorno perdesti uno a zero, ma dopo una settimana passasti il turno vincendo con lo stesso risultato, essendoti piazzato meglio in classifica durante la stagione. Si andava in finale contro il Taranto. All’andata quel meraviglioso gol di Michele Fini ci regalava un sogno che si sarebbe realizzato pareggiando a reti bianche in Puglia nella partita di ritorno. Ne ho un ricordo ancora chiaro in mente: calcio d’angolo, ribattuta della difesa, stop di ginocchio destro, pallone sul sinistro, tiro a giro all’incrocio dei pali. Che emozione. Ma ancora in fin dei conti non provavo niente per te se non ammirazione.
Il nostro primo incontro ravvicinato fu l’anno dopo in Serie B in quello Stadio Angelo Massimino che ben presto sarebbe diventato la mia seconda casa. Quella sera pioveva come a Pescara e tu giocavi contro il Napoli. Ricordo che avevo il piede ingessato perchè mi ero fatto male e mia madre aveva rimproverato mio padre perchè non era la serata adatta per portarmi da te. Ma quella volta non si discuteva, io dovevo conoscerti. Mi sono bagnato tutto e tu hai perso per due reti a zero, ma nonostante ciò ero contento perchè ti avevo visto giocare dal vivo per la prima volta. Quell’anno si soffrì molto, seguivo tutte le tue partite tramite Angelo Patanè che col suo sostegno mi metteva tanto entusiasmo. Era il campionato di Iezzo, Monaco, Baronchelli, Bussi, Grieco, Cordone, Martusciello, ma soprattutto di Lulù Oliveira e di Carlo Taldo. Ci si giocò la salvezza fino all’ultima giornata quando a Cagliari finalmente si vinse la prima partita in trasferta di tutta la stagione. Nonostante ciò si retrocesse, ma il presidente Gaucci ricorse al famosissimo “Caso Martinelli” e ottenne la riammissione al campionato di Serie B dell’anno seguente, formato da 24 squadre. Fu davvero pesante ed infinito. La squadra fu messa in piedi in un solo giorno dal Ds Guido Angelozzi. Era buona, ma i ragazzi erano forse troppo giovani, uno su tutti Giuseppe Mascara che ben presto divenne importante per tutti i catanesi. Nel 2004 poi la gestione della società passò a Pulvirenti. Quel giorno al Massimino ci furono i fuochi d’artificio e si sognava di raggiungere la massima serie in quel Catania-Fiorentina dello “scandaloso rigore di Riganò”. Finì con un nono posto e buoni auspici per il futuro. L’anno dopo si dovette fare un gran lavoraccio. Eri pieno di debiti e senza un pacco giocatori praticamente. Arrivarono grandi nomi come quelli di Ferrante, Walem, Fresi, Vugrinec, Pantanelli, Bruno, Bianco, Miceli. Tutta gente che avrebbe potuto far bene, ma che invece non diede i risultati che si sperava ottenere. Ritocchi a gennaio e ci si salvò la faccia con un tredicesimo posto finale. Poi giunse l’estate del 2005 e vennero acquistati dei giocatori che divennero degli eroi di lì a poco. Spinesi, De Zerbi, Del Core, Brevi, Baiocco, Sottil, Lucenti e di nuovo Mascara, per formare una corazzata che avrebbe dovuto conquistarsi un sogno chiamato Serie A. Ma l’inizio della stagione non fu entusiasmante. I tifosi chiedevano la testa del mister Pasquale Marino perchè si andava male. Il fondo si toccò a Mantova con un sonoro tre a zero. Da lì qualcosa cambiò nella testa di quella squadra. Sei vittorie di fila ed una volata verso la promozione a dir poco entusiasmante. Si arrivò all’ultima giornata giocandosela in un testa a testa a distanza col Torino. Mancava l’ultimo sforzo, si doveva vincere assolutamente contro l’Albinoleffe per tornare nel calcio che conta. Ricordo quel pomeriggio del 28 maggio 2006 con gli occhi del bambino che ero. Gli stessi occhi che assieme quelli di altri trentacinquemila spettatori spinsero il pallone lemme lemme toccato da Del Core ad insaccarsi nella rete avversaria. Era Serie A dopo 23 anni, era la prima vera gioia sportiva che mi regalavi tu. L’entusiasmo era incredibile. Non si faceva altro che parlare di te in città e ci si aspettava tanto. Non potevi deluderci dopo aver compiuto quell’impresa in fin dei conti. Infatti la Serie A iniziò meravigliosamente e arrivasti alla fine del girone d’andata in zona Europa mettendo in difficoltà tutte le squadre. Ma poi una catastrofe si abbattè su tutta la città di Catania. Il 2 febbraio 2007 durante il derby col Palermo una guerra civile scoppiò al di fuori dello stadio ed un ispettore di Polizia morì durante gli scontri. Da quel giorno la città fu piegata e si fece di tutto per rimandarti giù. Ti costrinsero a giocare per mesi lontano dalle mura amiche e senza i tuoi tifosi che erano la tua più grande forza. Ma tu anche quella volta dimostrasti di essere più forte e non mollasti affatto, riuscendo ad ottenere una difficilissima salvezza in uno scontro diretto all’ultima giornata che sapeva più di danza della morte che di una semplice partita di calcio. Così Rossini inzuccò il Chievo e Minelli lo finì decretando la continuazione di un sogno. L’anno dopo fu altrettanto difficile. Arrivò mister Silvio Baldini ed i risultati scadenti portarono al cambio di guida tecnica targato Walter Zenga. La squadra si riprese e si giocò il tutto per tutto ancora una volta all’ultima di campionato contro la Roma. Quel giorno fu un tiro al piattello, ma quella dannata palla non voleva entrare. Ricordo che scoppiai a piangere talmente alta era la tensione. La Serie B era vicina, ma una deviazione vincente di Jorge Martinez ci salvò ancora. Che gioia, avevi avuto ancora ragione. Dall’anno dopo iniziò un cammino ascendente. Ti facesti conoscere in tutt’Italia attraverso il bel calcio che svolgevi e ricevevi parole di complimenti da tutti quelli che t’incontravano. Io lo posso dire perchè ci sono sempre stato e ho vissuto di te. Io c’ero quando vincesti quattro a zero al Barbera contro il Palermo e dopo sette giorni perdesti tre a zero in casa contro il Siena, quando Peppe Mascara disse che “se non eravamo campioni una settimana prima, non siamo di certo dei brocchi una settimana dopo”. Io c’ero quando con Atzori in panchina arrivasti a dicembre ultimo a nove miseri punti e con l’avvento di Mihajlovic cambiasti totalmente registro totalizzando 36 punti nelle seguenti ventuno partite. Io c’ero quando Marianito Izco segnò il gol della vita a Torino contro la Juventus, così come c’ero quando vincesti per tre reti ad una contro l’Inter del triplete realizzando un altro “Clamoroso al Cibali”. Io c’ero quando non giocavi affatto da Catania sotto la guida di Giampaolo, per poi tornare ad essere quello che sei sempre stato con El Cholo Simeone. Io c’ero quando Ciccio Lodi fulminò Buffon su calcio di punizione all’ultimo secondo di partita, così come c’ero quando El Papu Gomez rovinò l’Europa alla Roma proprio allo scadere del tempo. E c’ero ancora quando con Montella diventammo il Barcellonino e insegnavamo a giocare a calcio a tutti quelli contro cui giocavamo, così come ci sono stato l’anno dopo quando con Maran sei riuscito a realizzare il record di cinquantasei punti e ad arrivare all’ottavo posto, il tuo miglior piazzamento di sempre in serie A.
Ma poi ti è successo qualcosa, ti ha preso una malattia che ha rovinato piano piano te e tutto ciò che avevi costruito con così tanti sforzi e sacrifici.
Qualcosa ti ha fatto dimenticare chi fossi e da dove venissi. Sei diventato spaccone, pieno di te e degli allori del passato, totalmente lontano da quel Catania che ho visto sin dalla prima volta che ti ho potuto apprezzare. Hai comnciato a peccare d’umiltà e a giocare diversamente da come hai sempre giocato. Lo facevi svogliatamente e non con quel cuore e quell’attaccamento che ti hanno contraddistinto sempre in tutti questi anni. Ti sei ritrovato lì in fondo alla classifica e non sapevi più come risalirla. Sei andato totalmente in borderline e solo l’amore di chi ti ha sempre sostenuto ti ha tenuto in vita. Sei diventato protagonista di un’annata scellerata e sei finito sull’orlo del precipizio, mancando di rispetto a chi c’è sempre stato per te. Ma poi ti sei ritrovato e sei tornato ad essere quello d’un tempo. Ti sei riappropriato della voglia di combattere e hai ripreso a lottare come hai sempre fatto. Eri malato, in coma irreversibile, senza segni di vita, eppure ti sei risvegliato. Ma purtroppo non c’è stato niente da fare, è stato troppo tardi. Hai provato a riprenderti quello che ti era stato tolto, ma l’hai fatto quando ormai c’era poco da fare. La partita di Bologna dell’11 maggio 2014 non la dimenticherò mai e la racconterò ai miei figli. Sei tornato ad essere il combattente di una volta, ma purtroppo il tuo destino non dipendeva più da te. Tu potevi limitarti a fare il tuo dovere e l’hai fatto encomiabilmente, da Catania insomma. Hai vinto uno spareggio salvezza in dieci contro undici, senza sbagliare un pallone e servendoti di uomini che hanno combattuto una battaglia come se fossero i trecento nelle Termopili. Saranno i novanta minuti più lunghi che ricorderò nella mia vita forse, pieni di sofferenza e tanta speranza, per poi tramutarsi in un pianto di disperazione per una retrocessione meritata in fin dei conti, ma arrivata nel modo più amaro possibile. Racconterò ai miei figli che al gol del vantaggio definitivo di Bergessio mi sono inginocchiato scoppiando a piangere a dirotto e ripetendomi che non fosse giusto retrocedere in quel modo, con una vittoria arrivata troppo tardi, quando purtroppo non si poteva più essere artefici del proprio destino.
E da qui io voglio ripartire, da quest’ultima emozione che mi hai dato prima di retrocedere definitivamente. Ti ringrazio per tutto quello che mi hai sempre fatto provare sin da bambino e per tutto quello che posso condividere con te, che siano gioie, dolori, vittorie, sconfitte e sentimenti indimenticabili. Tu mi hai insegnato ad amare il calcio ed io vedo il calcio in te. Se c’è una cosa che posso dire col sorriso sulle labbra è che il Catania non muore mai e l’hai dimostrato ancora una volta. Non importa contro chi giochi, è importante solamente che giochi. Ci sarà tanto da fare per tornare ad essere quelli di un tempo e, perchè no, migliorare ancora. Sappi che io sarò accanto a te per tanto altro tempo e non importa contro chi sarai e dove sarai, importa solo che ci sarai. Perchè sono sempre al tuo fianco. Perchè di te non mi stanco. Perchè sei la cosa più bella che c’è. Perchè  sarò sempre con te. Perchè non ci lasceremo mai finchè morte non ci separi. Perchè il mio cuore batte solo per te.

Per sempre tuo, Federico

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