Legge Fini-Giovanardi incostituzionale: così sentenzia la Corte Costituzionale

ROMA – La Corte Costituzionale “boccia” la legge Fini-Giovanardi, che equipara droghe leggere e pensanti. Riesumata la legge Iervolino-Vassalli, che prevede pene più basse per le droghe leggere. Boccata d’aria per il decreto svuota-carceri

Spallata definitiva inferta dalla Corte Costituzionale alla norma Fini Giovanardi, che dal 2006 equiparava le droghe leggere a quelle pesanti, livellando verso l’alto reati e pene. Il risultato è che cannabis e hashish tornano ad essere considerate “leggere”, la distinzione tra i diversi tipi di stupefacenti riprende corpo e con essa il sistema delle pene previsto prima della Fini-Giovanardi: il massimo scende da 20 a 6 anni di carcere.

Tutto questo riapre lo scenario alla legge Iervolino-Vassalli del ’90, come modificata dal referendum dei Radicali, che nel ’93 abolì il carcere per l’uso personale di droga. Lo polemiche imperversano: si tratta non tanto di un passo indietro, ma di una totale necessità di ridisegnare le contingenze. 

Chi ha in corso un processo per detenzione e trasporto di droghe leggere, potrà adesso contare su sanzioni più lievi o evitare persino il carcere, se ricorrono le condizioni. Le stime dicono che circa 10mila sono dietro le sbarre per reati connessi alla droghe leggere, ora potenziali beneficiari della sentenza. Che si tratti di una sconsiderata “scarcerazione di massa”? O, forse, di un palliativo per eliminare alla radice il problema dello “svuota carceri”?

L’autore della legge dichiarata “illegittima”, Carlo Giovanardi, tuona contro la Corte Costituzionale: ‘La Fini-Giovanardi è entrata in vigore all’inizio del 2006: nessuno dei Governi e dei Parlamenti eletti nel 2006, 2008 e 2013, con maggioranze di centrosinistra, di centrodestra o tecniche, ha mai provveduto a modificarla. Dopo otto anni, la Corte Costituzionale scavalca il Parlamento, confermando alcuni articoli aggiunti nella legge di conversione e annullandone altri, sulla base di una ben orchestrata campagna promozionale’. ‘Non ci faremo fermare dalla Consulta’, aggiunge Maurizio Gasparri, Forza Italia. Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, parla di ‘sentenza politica e ideologica’.

Ma, com’era facilmente desumibile, dalla sponda Pd arriva una piena approvazione della sentenza, che definisce “assurda e dannosa” la Fini-Giovanardi. Istantanea, quindi la promessa di una riforma in materia di droga e tossicodipendenze.

Gli avvocati penalisti – dal canto loro –  chiedono che si intervenga già sul decreto “svuota-carceri” a firma Cancellieri, in fase di conversione in Parlamento, affinché, nella parte in cui si occupa di stupefacenti, ‘si abbandonino eccessi punitivi e irragionevolezze’. Concorde anche il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, che, seppur invita ad attendere le motivazioni della sentenza, ritiene che la decisione della Corte sia l’occasione per ‘rimodulare meglio la legge, riservando sanzioni gravi ai grossi trafficanti’, evitando così di intasare le carceri con i pesci piccoli, appello condiviso anche dal coordinatore dei garanti dei detenuti, Franco Corleone.

Un forte cambio di rotta con la Fini-Giovanardi, questo è fuori dubbio: le pene, infatti, prima comprese tra due e sei anni, per chi spaccia hashish, erano aumentate sensibilmente, prevedendo la reclusione da sei a venti anni, con una multa compresa tra i 26mila e i 260mila euro.  

Gli effetti sulle condizioni delle carceri italiane non sono facilmente quantificabili, ma certo si sentiranno, considerando che circa il 37% del totale dei detenuti è per violazione del solo articolo 73 del Testo Unico sugli stupefacenti.

Chi è in custodia cautelare in base alla Fini-Giovanardi, si vedrà applicare le misure della Jervolino-Vassalli, mentre chi ha già una sentenza definitiva potrà chiedere ai giudici che la propria pena venga ricalcolata, con un incidente di esecuzione. Una quota di detenuti uscirà, dunque, dal carcere prima del previsto, alcuni anche subito. Ciò contribuirà a farci arrivare a maggio – all’appuntamento con la scadenza che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dato all’Italia per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario – con una situazione più vicina alla legalità.

La speranza è, tuttavia, che la sentenza apra una discussione anche di merito. La questione delle droghe va affrontata politicamente, giuridicamente e culturalmente, con la profondità di riflessione che merita. È legittima una legge che punisce – se pur oggi meno dell’altro ieri – comportamenti senza vittima, se non colui che li mette in atto? È giusto trattare penalmente questioni dove non si individua alcun bene protetto violato?

Di tutt’altro umore quello che si respira tra le associazioni che difendono i diritti dei detenuti e quelle che chiedono di depenalizzare il consumo di droghe leggere. Secondo la Società della Ragione, associazione che ha lanciato la campagna per l’incostituzionalità della legge, è decaduta una “norma cancerogena” e il suo presidente, Stefano Anastasia, parla di ‘una sentenza che fa storia’.

La questione sembra ancora aperta: il decreto “svuota-carceri” indubbiamente le fa da sostegno, ma l’opinione pubblica (e parlamentare) è ancora molto combattuta.

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