Calcio Catania: legame intrinseco, filosoficamente e tatticamente

Netto ed evidente il calo di cui si è resa protagonista la truppa rossoazzurra. Risultati e gioco latitano, la mediana va troppo spesso alla deriva e l’attacco fa fatica a pungere.

calciocatania.it
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Legame. Una bella parola, spesso abusata, nella vita così come nel calcio. Legami indissolubili, evidenti, netti circondano le azioni di tutti i giorni. Sia dal punto di vista scientifico che da quello puramente filosofico, “sentimentale”. Il legame è qualcosa che non è mai mancato alla piazza etnea, legata, appunto, a due colori, utilizzati a più riprese sui propri vessilli. Colori diventati mantra, ragione di vita (sportiva e non). Colori per i quali si percorrono chilometri, si festeggia, si piange. Colori che da qualche anno a questa parte non trovano più la lucentezza e la nitidezza di un tempo. Al di là di tutte le argomentazioni, di tutte le analisi ripercorse a più riprese, qui ciò che si vuole mettere in evidenza è il legame intrinseco che esiste tra squadra e tifoseria. Nonostante tutto. Una tifoseria che si interroga sul motivo per cui le cose, anche in questa stagione, stiano andando verso direzioni poco auspicate. Nulla è perduto, certo. Mancano ancora nove partite. Ma il tempo rimanente non basta a colmare un senso di latente inquietudine che serpeggia alle falde dell’Etna. Playoff, obiettivo tutto da raggiungere, tra paura di fallire e segrete speranze di costruire un’impresa, al momento, poco credibile.

La classifica recita in modo netto ed incontrovertibile il ruolo dei rossoazzurri in questo campionato. Nonostante i sette punti di penalizzazione, il ruolino di marcia non convince appieno. Anzi, non convince proprio. Perché, per quanto queste parole possano venire contestate e vituperate, l’organico a disposizione di mister Giovanni Pulvirenti è di altissimo livello per una categoria come la Lega Pro. Un organico che, senza i sette punti a fare da zavorra, avrebbe dovuto contendere il primo posto e la promozione diretta a Foggia e Lecce. Un organico che con i sette punti sul groppone avrebbe dovuto conquistare la postseason a mani basse. Un organico che, invece, si ritrova ancora succube di problemi nascosti, di dilemmi irrisolti. E finisse oggi la stagione, i playoff sarebbero un miraggio. Tornando al discorso relativo al “legame”, c’è qualcuno che ipotizza l’esistenza di una sottile linea di congiunzione tra i discorsi societari cui ci ha reso edotti Pietro Lo Monaco ed il rendimento altalenante della squadra. Difficile da dire. Conoscendo l’AD rossoazzurro, sarà stato più che competente nello scindere temi delicati e così importanti. Certo, occuparsi delle questioni economiche impellenti ed al contempo cercare di dare una sveglia ai giocatori non è cosa semplice. Ma proprio perché non semplice, fattibile solo da Pietro Lo Monaco. 

Semplicemente, la squadra sta rendendo al di sotto delle aspettative. Un gruppo che difetta di personalità, identità, che abbonda in fragilità e debolezze sparse. Giocatori che hanno assimilato male le dimissioni di Petrone, che non hanno risposto a dovere al richiamo “lomonachiano” arrivato dopo la separazione consensuale con Rigoli, quando il dirigente aveva affermato a chiare lettere che la decisione presa era volta a togliere qualsiasi alibi a chi scende in campo. Ora che alibi non ce n’è più, ad eccezione forse dell’ultima gara di Lecce in cui probabilmente è stato subito il contraccolpo psicologico delle dinamiche settimanali, chi scende in campo ha il dovere di dimostrare con i fatti la veridicità di quanto annunciato a più riprese riguardo il valore inestimabile di più di qualche elemento e dell’organico in generale.

Da legame filosofico a legame tattico. Si è parlato a più riprese dei problemi della mediana rossoazzurra. Difficoltà a trovare la quadratura del cerchio in un centrocampo che è apparso quasi sempre in affanno. Inefficienza della mediana che è profondamente legata all’impossibilità, nel periodo recente, di rendersi pericolosi in fase offensiva. Solo tre gol segnati nelle ultime cinque partite: briciole. Ed oltre alle poche reti, ciò che spicca è la pochezza delle occasioni create, un torpore generale che non permette, per larghi tratti, di calciare verso la porta avversaria.

Legame, inoltre, tra palle perse sanguinose in mediana e occasioni create in ripartenza dagli avversari. Negli occhi c’è ancora il clamoroso tre contro uno a favore degli etnei da cui è uscito vincitore il singolo giocatore del Lecce. I tre rossoazzurri erano Di Grazia, Biagianti e Bucolo, non proprio gli ultimi arrivati. Episodio che ha condotto alla rete decisiva di Costa Ferreira.

Il Catania soffre. Catania soffre. Perché se soffre la squadra, lo fa anche la città, sempre per quale famoso legame di cui sopra. La mediana rossoazzurra soffre, priva di qualità e quantità al momento. E di conseguenza soffrono anche gli altri reparti. Non serve scriverlo, i protagonisti ne saranno già ben consci, ma è arrivato il momento che questa sofferenza finisca. In tutto e per tutto. A cominciare da Pagani: o si vince o si ridimensionano i sogni di gloria, qualora ci siano ancora. 

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