Mentre il Parlamento Europeo da il suo via libera definitivo sull’accordo di aiuti alla Tunisia che comprende anche la quota aggiuntiva per l’importazione senza dazi nella Ue di 35.000 tonnellate in più l’anno di olio d’oliva prodotto nel Paese nordafricano Coldiretti lancia l’allarme sulla crisi del “Made in Italy”.
Presto la spremuta d’arancia italiana sarà solo un ricordo, l’allarme di Coldiretti è tanto chiaro quanto inquietante. Secondo i dati emersi il 31% delle piante d’arance è stato tagliato negli ultimi 15 anni.
Una strage annunciata dalla Coldiretti di Catania nell’ambito della mobilitazione nazionale di migliaia di agricoltori per difendere l’agricoltura Made in Italy che rischia di perdere i prodotti simbolo.
“Il disboscamento delle campagne italiane è il risultato – spiega Coldiretti – di una vera invasione di frutta straniera. Ma vanno anche considerate le importazioni di succo dall’estero che arrivano spesso in Italia da Paesi extracomunitari attraverso triangolazioni. Il risultato è un calo dei consumi, scesi per le arance sotto i 15 chili a persona l’anno“.
Ma non solo il problema delle arance, è tutto il mondo dell’agricoltura italiana a soffrire una crisi infinita.
Oggi l’Europarlamento si appresta a dare il suo via libera definitivo sull’accordo di aiuti alla Tunisia che comprende anche la quota aggiuntiva per l’importazione senza dazi nella Ue di 35.000 tonnellate in più l’anno di olio d’oliva prodotto nel Paese nordafricano.
“Non possiamo essere contenti dell’immissione di tali quantità di olio tunisino nei mercati europei. Un errore far entrare ancora più olio estero nei mercati italiani, noi abbiamo chiesto più volte che l’olio siciliano sia riconosciuto come IGP perché qusto darà valore aggiunto, qualità al nostro prodotto e consentirà di stare nei mercati nazionali ed europei con un riconoscimento territoriale che dal punto di vista del mercato sarà un grande fattore di sviluppo” ha dichiarato Antonello Cracolici, assessore all’Agricoltura Sviluppo rurale e Pesca mediterranea della Regione Siciliana.
“Dopo che nel 2015 in Italia sono aumentate del 481% le importazioni dell’olio di oliva della Tunisia per un totale di oltre 90 milioni di chili è un errore l’accesso temporaneo supplementare sul mercato dell’Unione di 35mila tonnellate di olio d’oliva tunisino a dazio zero, per il 2016 e 2017“, ha detto il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo. “Anche se sono rilevanti i miglioramenti apportati grazie all’azione del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e degli europarlamentari, il nuovo contingente agevolato – secondo la Coldiretti – va ad aggiungersi alle attuali 56.700 tonnellate a dazio zero già previste dall’accordo di associazione Ue -Tunisia, portando il totale degli arrivi ‘agevolati’ annuale oltre quota 90mila tonnellate, praticamente tutto l’import in Italia dal Paese africano”.
“Il rischio concreto – segnala Moncalvo – in un anno importante per la ripresa dell’olivicoltura nazionale è il moltiplicarsi di frodi, con gli oli di oliva importati che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri, a danno dei produttori italiani e dei consumatori“.
La Coldiretti mette “sotto accusa la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicare per legge l’origine in etichetta dal primo luglio 2009″.
“Resto contrario all’accordo, nonostante il testo sia migliorato grazie al nostro intervento in sede di voto in plenaria”. Questo il commentato di Giovanni La Via (Ap/Ppe), il giorno del voto dell’Europarlamento. “Ho votato contro – afferma La Via – perché ritengo che l’Ue debba cambiare approccio, perché non si può pensare di aiutare Paesi esterni danneggiando la nostra economia o parte di essa. E in questo caso non ritengo nemmeno ci sia un aiuto concreto per la Tunisia. Per questo – conclude il presidente della commissione Ambiente dell’Europarlamento – la Commissione europea deve adesso monitorare l’implementazione dell’accordo per evitare frodi e contraffazioni, e procedere al più presto con il riconoscimento di misure compensative per i nostri olivicoltori”.
Un gravissimo attacco al made in Italy arriva dai tanti falsi che invadono quotidianamente il mercato mondiale. “Patacche” che spacciano per dolce formaggio fresco ottimo per tiramisù un non meglio identificato Maskarpone, oppure un concentrato di limone venduto come succo di limetta, e tanti altri che confondono i consumatori che vogliono consumare italiano ma non ne comprendono il reale valore.
Ultimo ma non meno grave attacco all’immagine stessa dell’Italia è l’immissione di marchi che esaltano lo stereotipo mafioso.
Dal caffè Mafiozzo agli snack “Chilli Mafia” in tutto il mondo vengono prodotti e venduti marchi che sfruttano terribili episodi criminali ed epoche storiche funeste solo per motivi di marketing. “L’oltraggio all’Italia – afferma la Coldiretti – non si ferma al pasto, con il commercio dalla Psc Start S.A. di Blagoevgrad (Bulgaria) del “Caffè Mafiozzo” confezionato in grani in cui l’unica scritta nella nostra lingua che campeggia sulla busta in plastica è: “Lo stile italiano” che purtroppo fa esplicito riferimento alla criminalità organizzata come si evidenzia nelle immagini”.
“Ma c’è anche chi – continua la Coldiretti – sfruttando la fama della saga cinematografica “Il Padrino”, nel paese siciliano che ha tristemente legato il suo nome alla mafia, ha messo in vendita un vino. Il marchio “Mafia” viene peraltro usato “a raffica” nella ristorazione internazionale per fare affari come nel caso – riferisce la Coldiretti – della catena di ristoranti “La Mafia” diffusa in Spagna che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), mentre praticamente ovunque, dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra” mentre a Phuket in Tailandia c’è addirittura un servizio take away”.