La storia di Yilmaz

La storia di Yilmaz, cittadino olandese di origine turche che ha deciso di raccontare su internet la sua esperienza di combattente per l’Islam

Il Washington Post scrive che secondo l’intelligence statunitense oltre settemila combattenti di 50 paesi diversi sono arrivati in Siria per unirsi ai ribelli, circa duemila arrivano dall’Europa. Si tratta principalmente di cittadini di origine islamica, la cui maggior parte entrano a far parte dei gruppi armati contro Assad appoggiati dalle organizzazioni jihadiste più radicali, come lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), un’organizzazione legata ad Al Qaeda, ma senza l’appoggio dei paesi occidentali.

I governi occidentali temono che questa ondata di nuovi proseliti non arrivi per ragioni ideologiche ma per emulare i loro “eroi” dedicandosi ad attività terroristiche. Secondo Manuel Valls, il ministro dell’interno francese, questa è «la minaccia più grave che incombe sul paese nei prossimi anni», mentre l’omologo britannico William Hague ha consigliato ai cittadini britannici in Siria, di non tornare se vogliono evitare di finire sotto inchiesta per terrorismo. Lo ha scritto recentemente anche il Wall Street Journal raccontando che i servizi di alcuni governi occidentali hanno parlato di questo argomento con alcuni rappresentanti siriani.

A fronte di queste nuove scoperte, il New York Times ha pubblicato la storia di un cittadino olandese di origine turche che ha deciso di raccontare su internet la sua esperienza di combattente per l’Islam. La storia di Yilmaz, il giovane in questione, parte dall’estate scorsa quando gli autori del talk show olandese Nieuwsuur, hanno trovato su Instagram le foto di un combattente con la divisa dell’esercito olandese. Qualche mese dopo sono riusciti ad intervistare Yilmaz, che ha confermato di essere un ex militare olandese, dichiarando di essersi unito alla lotta contro Assad quando si è convinto dell’indifferenza occidentale per la guerra civile in Siria.

Yilmaz ha comunque ribadito che nessuno dei suoi compagni d’armi ha intenzione di tornare in Europa per compiere attentati nel Vecchio Continente: «Siamo venuti in Siria per morire. Qui c’è un sacco di lavoro da fare, perché dovrei pensare ai Paesi Bassi o all’Europa? Gli olandesi dovrebbero essere più preoccupati per i criminali e i pedofili che girano per le loro strade. Se mai dovessi tornare a casa, andrei a mangiare del sushi, mi berrei una Dr. Pepper e darei un grande abbraccio a mia madre». Secondo gli autori del programma, la principale preoccupazione di Yilmaz è convincere l’opinione pubblica che non tutti i combattenti europei sono dei pazzi alleati ad Al Qaeda, anche se molti commentatori occidentali pensano il contrario: «Qualunque straniero che viene in Siria è considerato per definizione un membro di Al Qaeda, ma nel mio caso non è così. I fratelli di Al Qaeda combattono insieme a noi, lo sanno tutti, ma per me essere in Siria non vuol dire far parte di Al Qaeda».

L’account Instagram di Yilmaz è stato chiuso dalla società quando ha cominciato ad attirare troppo l’attenzione su di sè. A tale scopo, il giovane adesso pubblica le sue foto su Tumblr, risponde alle domande su Ask.com, si tiene in contatto con famiglia e amici tramite Skype. Scorrendo il Tumblr di Yilmaz, si scopre che la vecchia usanza jihadista di pubblicare le foto dei campi profughi con i bambini mezzi nudi che scorrazzano indisturbati, delle citazioni del Corano e delle invocazioni alle tremende punizioni contro gli infedeli, vengono soppiantate – in parte o del tutto – dalle gif animate con le didascalie più ironiche (“Jihad, il meglio del turismo”). Non mancano nemmeno le foto dei gattini, onnipresenti sulle pagine dei coetanei europei di Yilmaz. Il tutto tra i kalashnikov in braccio ai mujahiddin.

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