La caleidoscopica energia di GIKO e il progetto itinerante “Le Grida Silenziose”

Il singolare tour del progetto dell’artista messinese GIKO, “Le Grida Silenziose”, è giunto alla GAM – Galleria d’Arte Moderna – di Catania dove sarà in mostra dal 4 al 29 settembre 2020

Le grida silenziose GIKO a Catania 2“La mia non è una pittura scontata. È una pittura in evoluzione attraverso cui esprimo quanto di sopito c’era e, probabilmente, c’è ancora nella mia anima”: è così che ha inizio la nostra chiacchierata con l’artista messinese Giacoma Venuti, in arte GIKO, in occasione della mostra “Le Grida Silenziose” che, inaugurata il 4 settembre alla GAM – Galleria d’Arte Moderna – a Catania (in Via Castello Ursino, 26 – ex Monastero di Santa Chiara), sarà possibile visitare fino al 29 settembre tutti i giorni, domenica esclusa, dalle 9:00 alle 19:00.

“Le Grida Silenziose”, promossa dall’Associazione Culturale “The Loft Arte”, col patrocinio del Comune di Catania (Assessorato alle Attività e ai Beni Culturali) e della Comunità di Sant’Egidio, è un progetto itinerante che, giunto a Catania come ultima tappa – “Ma non l’ultima”  come piace precisare alla stessa artista – si è andato spostando ed è “approdato” in vari luoghi quali Reggio Calabria, Agrigento, Messina, Siracusa e Napoli. Non è casuale se utilizziamo il termine “approdare” dato che si innesta in un più ampio  programma per GIKO che ci dice: “Il progetto mare non lo posso abbandonare, è nel mio DNA, è sempre in evoluzione ed è in realtà un “arrivederci”…

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E allora diamo la parola direttamente a GIKO e le chiediamo:

Il bello delle Arti in generale, della pittura o anche della musica, sta appunto nell’universalità dei linguaggi, nel riuscire a trasmettere e far sentire emozioni a tutti, indipendentemente dalla lingua che si parla. Nella tua ricerca artistica c’è qualcosa che ti è stato più caro nel passato, come anche nel presente, che tu vorresti universalmente far capire e comunicare?

“È verissimo questo… e posso dire che la cosa più cara che mi sta a cuore nell’Arte è, più che altro, l’indagare l’essere umano e, soprattutto, capire me stessa: questa è la prima cosa. È attraverso me stessa che riesco a dare messaggi: più capisco me stessa, più capisco il mondo. Quindi ho imparato questo dal passato: che devi indagare prima dentro di te per poi dare agli altri e capire e dare qualcosa. Un processo che ti fa apprendere dall’esterno, immagazzinare e rimandare.

Quindi che l’Arte sia universale è un concetto perfettamente nelle mie corde.”

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Come anche riguardo alla musica e non a caso sei cresciuta in un ambiente familiare in cui hai “respirato” arte fin dai tuoi primi passi …

“Infatti. Io provengo da una famiglia in cui mio padre era tenore lirico, quindi sono cresciuta proprio con mio padre, tra i concerti. Era solista del Duomo di Messina ai tempi del Maestro Gasparini, quindi stiamo parlando di un bel  periodo culturale, quello della Messina degli anni ’60. Si, la musica è nelle mie corde come anche la regia, l’orchestrazione, i colori, l’armonia. Spesso ricorrono nella mia arte le tonalità e, non a caso, ricorrono termini prettamente musicali come la tonalità, l’armonia, la sinfonia. L’insieme, che io chiamo “l’ensemble dei colori”, è una tavolozza dove io compongo, anche su brani ispirata alla musica. Anni fa ho fatto una mostra sulla musica, sui brani di musica classica, da Ciaikovski a Debussy, con opere pittoriche ispirate proprio ai grandi maestri della musica classica.”

Nella tua pittura emergono toni delicati e forti nello stesso tempo che, credo, rispecchino te stessa. Emerge anche un’indole contemporaneamente dolce e decisa insieme all’attenzione per gli elementi della tradizione classica pittorica che, poi, rielabori a modo tuo…

“È vero! Sono proprio così! Posso apparire delicata e dolce ma quando mi pongo un obiettivo da raggiungere non mi tiro indietro. Sono una temeraria, sono una coraggiosa e, per parlare con le mie opere, mi butto anche nel mare in tempesta…

Riguardo poi alla tradizione, io prendo tutto quello che attiene al nostro passato, perché il livello culturale italiano è uno dei più grandi al mondo, con un patrimonio inestimabile ed immenso e ritengo che il passato non si può e non si deve rinnegare assolutamente.

Io sono un’artista classica, vengo dall’olio, infatti questa mostra “Le Grida Silenziose” è composta da tre parti. La parte dedicata tutta ai quadri ad olio classici, quindi è presente il mito dell’olio (come il pianoforte in un concerto per orchestra), che è il principe della tecnica coloristica – la pittura ad olio -, e, partendo dalla matrice classica, si evolve successivamente alla Digital Art. Per cui io prendo questi lavori, poi li rielaboro in digital, al computer, con le tecnologie fotografiche e mi avvalgo dei mezzi più moderni…”

L'artista Giacoma Venuti, in arte GIKO
L’artista Giacoma Venuti, in arte GIKO

E ne proponi una nuova chiave di lettura…

“Esattamente! È proprio così, ne traggo una nuova chiave di lettura, rinnovandoli, quasi un lifting, un restailing…”

L’acqua è un tema che ricorre frequentemente nelle tue opere: acqua intesa come l’origine della nostra vita. Emerge la propensione ad una profonda ricerca, una ricerca che parte dalle ancestrali domande che si pone da sempre l’uomo: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo in questo viaggio chiamato vita, come hai dimostrato in passato con“La particella di Dio”, un altro interessante progetto…

“Giusto! Ed è sempre in relazione al viaggio che questa parte della mostra è dedicata sempre all’uomo: cioè, noi partiamo, abbiamo un punto di partenza  e un punto di arrivo. La nostra vita è un viaggio e questo viaggio è pieno di esperienze, di conoscenze, di momenti belli, di momenti brutti e quindi io descrivo, diciamo, una visione molto umana, molto nostra, molto personale, che investe tutti poiché tutti abbiamo questo viaggio da compiere.”

Possiamo dire quindi che, alla fine, tutti siamo un po’ Ulisse?

“Si, siamo tutti un po’ Ulisse e chi non vuole affrontare il viaggio, come ho detto più volte, resta bloccato nel sogno… cito un concetto del celebre regista Wim Wenders, che mi è particolarmente caro, che in sostanza dice “Se tu non sogni un luogo dove andare, non viaggi, già hai perso… sei bloccato nel sogno. Invece se tu viaggi, vivi il viaggio, che poi il viaggio verso l’ignoto è la cosa più poetica”.

Mi affascina l’ignoto, non mi spaventa, anche se so che posso incappare nell’insidia del mare…”

Insomma, appare chiaro che “andare oltre le colonne d’Ercole” e superarne i limiti, pittoricamente parlando, ti affascina…

“Si, quello che sento mi piace dirlo a modo mio ed è questa la cosa più bella. Cioè, se i quadri ti colpiscono, ti feriscono, se le urla di questa tragedia colpiscono a me non interessa: io lo devo dire, perché dentro di me io devo dirti quello che sento…”

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Altro elemento nelle tue opere è l’interesse per la tematica sociale…

“La tematica sociale, che diventa universale se viene considerata in quanto “L’Uomo in viaggio”, e, nello specifico, il tema sociale parla e “grida” per tutti questi morti negli anni all’interno del nostro Mare Mediterraneo: parla di disperazione, parla di fame, parla di disagio, parla di uomini e donne, come noi, che cercano solo di migliorarsi e quindi la morte è la soluzione più nefasta che ci possa essere, cioè è la fine…

Fin quando noi siamo vivi abbiamo la speranza di riuscire a salvarci: tutti andiamo a fondo, ognuno di noi ha un momento che affonda, ma qualcuno riesce anche a risalire e a riprendere aria ed ecco… Io spero che ci sia l’uomo che poi alla fine si salva, il naufrago che riesce a salvarsi…”

E che si porti, si tiri dietro tutti gli altri nel segno della speranza…

“Infatti, che si tiri dietro tutti gli altri, come speranza… non tutti alla fine muoiono ma qualcuno riesce ad arrivare alla meta…”

Non è certamente un caso che questo progetto sia stato itinerante, proprio nei luoghi deputati all’accoglienza, come in Sicilia lo è Mazara del Vallo che ne è stata la prima tappa

“Quella zona è una parte della Sicilia in cui si sente l’Oriente, si sente un respiro di cardamomo, di marzapane, un misto di oriente e sicilianità che è qualcosa di eccezionale. È una dimensione quasi surreale a Mazara ed è un vero e proprio laboratorio etnico urbano. È un caposaldo, esempio per i processi virtuosi di integrazione tra comunità italiane e tunisine, perché una comunità così collaborativa ed integrata con i cittadini non esiste in nessun’altra parte del mondo.

Devo ringraziare particolarmente il Sindaco di Mazara, una persona di eccezionale sensibilità artistica, che ha capito l’importanza del progetto ed ha voluto essere proprio il primo punto di partenza del progetto che è stato itinerante, spostandosi poi in vari luoghi Reggio Calabria, Agrigento, Messina, Siracusa, Napoli e ora, come ultima tappa, a Catania, ma non l’ultima perché io il progetto mare non lo posso abbandonare, è nel mio DNA, è sempre in evoluzione ed è in realtà un “arrivederci”…”

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Quindi in questa dimensione unica ed internazionale dell’Arte e nella tua pittura cosa porti o vuoi esprimere della tua terra, della tua Sicilia?

“Tutto! Mi porto con me la mia Sicilia: c’è il mistero, l’incanto, le notti, le lune piene, gli odori dei fiori, i colori della mia Sicilia. Anche il blu del mare è il blu del mare della mia Sicilia, del Mar Tirreno e dello Ionio. Quindi porto in me tutti i valori della mia terra e anche se in molti associano questi blu alla drammaticità nordica, perché sentono molto forte il mio messaggio, questa drammaticità “nordica” è forte e calda come la nostra Sicilia: cioè, se tu vedi le opere, si sente che il blu non è blu ma è un colore che è più doloroso del rosso; vedi che ti mette più dolore del rosso che è il colore del sangue e che per eccellenza può esprimere la drammaticità e toccare la tragedia. Ebbene io uso il blu che, secondo il mio sentire, esprime perfettamente il raggelante  dramma della tragedia che proprio ti raggela e ti blocca.

Nella parte finale del progetto, infatti, la clip praticamente ingloba tutta questa opera azzurra per cui non è solo un quadro in sé portatore del suo messaggio ma è l’insieme dei quadri che parla.

Oggi, nel post-Covid, noi dobbiamo stare distanti mentre loro sono un gruppo di opere che parlano all’unisono, non gliene frega niente e non hanno problemi di distanza: loro parlano tutte insieme e tutte insieme sono da vedere, nella loro continuità, nei loro passaggi e quindi parlano tutte “in coro”, non parlano da sole.”

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Allora è anche un’azione di regia con un inizio, una fine ed un riprendere a ciclo continuo

“Esatto, è proprio così…”

Questa esperienza, questo viaggio itinerante che hai fatto, si traduce in un ulteriore arricchimento del tuo bagaglio artistico di respiro internazionale e, diciamo, anche del tuo “vissuto emozionale”?

“Perfettamente si! Aggiungo che io vivo la mostra con un altro mio “compagnetto d’avventura letterario” che è il poeta Nazim Hikmet che dice “Arrivederci fratello mare” con una stupenda poesia che, con parole semplici e dirette, ben esprime qual è la mia intenzione e tutto il mio pensiero: non è un addio ma un arrivederci.

Ed è con questa magnifica ode che si chiude la  mostra.”

“Arrivederci fratello mare”

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare

mi porto un po’ della tua ghiaia

un po’ del tuo sale azzurro

un po’ della tua infinità

e un pochino della tua luce

e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose

sul tuo destino mare

eccoci con un po’ più di speranza

eccoci con un po’ più di saggezza

e ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare…

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Da parte nostra ci piace concludere questo bell’incontro con la speranza che l’Arte ci possa offrire, ancora una volta, una buona ancora di salvataggio per il nostro futuro viaggio, restando in tema con GIKO, nel mare della vita, tenendo presente che sta anche a noi, alla nostra sensibilità di “specie umana” saper individuare i giusti segnali da seguire…

Anche dalla drammaticità degli eventi si può trarre alimento positivo di crescita se questi vengono captati e letti con la giusta attenzione, un’attenzione che possa condurre ad incisive e costruttive riflessioni…

 

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