La ‘Buttanissima Sicilia’ di Pietrangelo Buttafuoco

E’ stato presentato al centro Zo di piazzale Asia il libro Buttanissima Sicilia, edito dalla Bompiani, ultima fatica dello scrittore e giornalista catanese Pietrangelo Buttafuoco. Autore  vulcanico, ex presidente del nostro Teatro Stabile, figlio di questa terra, come lo ha definito in apertura Manfredi Zammataro, presidente dell’associazione Città Amica, che ha promosso l’incontro insieme al Centro Culturale Zo. Una denuncia provocatoria, che attacca il progressivo default  valoriale e culturale della nostra regione, di cui Catania è divenuta specchio.

La Sicilia delle monadi clientelari, che il cammino torbido dell’autonomia siciliana ha reso fogna del potere, l’acqua dove nuota la mafia insieme al suo secondo volto, ovvero la mafia dell’antimafia. Hanno preso parte alla vivace disamina, oltre all’autore, l’avvocato Ruggero Razza, in qualità di moderatore, Giampiero D’Alìa, deputato nazionale, Nello Musumeci, presidente della Commissione Antimafia dell’Ars, e il magistrato Massimo Russo. D’Alìa ha posto l’accento sulla crisi della credibilità istituzionale determinata dalla rottura del centro destra e del centro sinistra, da oltre un anno, a cui si ascrive una desertificazione dei luoghi della politica. E ci esorta a investire sui giovani di qualità, animatori di una passione civile che può tradursi in grande cultura. La buttanissima Sicilia di cui parla Buttafuoco – continua D’Alìa – è quella priva di una prospettiva d’impegno, che non si costruisce con le regole, vedasi l’inaffidabilità della classe dirigente che lascia i precari da decenni in una situazione di stallo; una classe discutibile a livello europeo anche a causa del trasformismo, dove si cambia partito con troppa facilità. Buttana è quella Sicilia ruffiana di cui parla l’on. Musumeci, interpretando  l’autore che con graffiante ironia  critica lo Statuto siciliano: perché è una terra che si vende al potente di turno, alla ricerca di un protagonismo esasperato, senza quella sicilianità autentica che non si lascia inficiare dalla sicilitudine. Una terra che potrebbe campare solo di turismo e cultura, ma con i siti archeologici chiusi nei giorni festivi, rimasta luogo di desolazione a causa di una cattiva gestione del patrimonio culturale, sottolinea l’autore. Per nulla valorizzata dal suo governatore Rosario Crocetta (definito più volte  Mastro don Gesualdo), succeduto a Raffaele Lombardo  e Totò Cuffaro, oggi detenuto a Rebibbia. Musumeci non assolve la società civile che ha eletto il Crocetta autoreferenziale, colui che ha fatto dell’omosessualità una categoria politica. La filippica dell’onorevole prosegue contro i commissariamenti di una regione che può vantarne tristemente il più alto numero d’Italia, tra le nove province, le camere di commercio, i consorzi di bonifica e l’autorità portuale. Tutto ciò sospende la democrazia – afferma il presidente – riducendo tutto alla logica dei numeri che volle Gesù Cristo al posto di Barabba. Ma in questa Sicilia, pezzo fondamentale del Mediterraneo, come la vuole Buttafuoco, tra la dialettica dei greci e la grandezza dei normanni, e dove si auspica l’intervento di Matteo Renzi, non bisogna travisare l’attività dell’antimafia. In merito a tale punto, l’intervento perentorio del magistrato Massimo Russo, pronto a scommettersi da siciliano: col suo operato giudiziario in sinergia a quello di colleghi volenterosi, che hanno lavorato in silenzio insieme alle forze dell’ordine e  a categorie come gli insegnanti, coinvolti seriamente in qualità di educatori. Guai a fare dell’antimafia un modello di strumentalizzazione che ne fa un’altra sponda di potere. Russo ha citato l’economista Franchetti che per la prima volta, in un volume del secondo Ottocento, pose alla coscienza politica italiana l’esistenza della mafia tra i rapporti sociali nelle campagne dell’isola. Non bisogna desistere dalla lotta col proprio impegno. Ricordando il messaggio di Leonardo Sciascia che la mafia non si combatte con le tensioni, ma con la fermezza e l’intelligenza da parte dello stato.

 

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