Khaisman: il pittore ucraino del “nastro adesivo”

Mark Khaisman, artista di origine ucraina, è un ‘pittore della luce’, che crea meravigliose opere dalla bellezza noir con l’uso del nastro da pacchi.

Nastro di pacchi e plastica. È arte? Se si tratta di Mark Khaisman lo è.  Pluripremiato artista visivo di Kiev, classe 1958, utilizza proprio questi materiali e nient’altro, eccezion fatta della luce, per creare i suoi tapeworks, prendendo foto di scena e fotografie.

Lui si definisce un “pittore di genere” e la sua è “’pittura di luce”.

Altro non fa che impostare fogli di plexiglass su di un pannello retroilluminato, simile al box-luce di un architetto: così crea la sua ‘tela’, su cui può poi costruire le sue immagini. Inizia posizionando fasce su fasce di nastro marrone traslucido sul suo foglio luminescente, costruendo l’immagine in strati. Perché più strati usa, meno luce brilla attraverso gli stessi e, di conseguenza, con ciò che egli chiama «colpi caotici» di seppia, può creare una grande varietà di profondità, ombre e definizione in ciascuna delle sue immagini. 

Laureatosi nel 1983, Khaisman ha studiato arte e architettura nell’allora Moscow Architectural Institute. Vanta talune incursioni nella pratica architettonica, l’animazione di marionette e di design in vetro colorato, ma fu solo nel 2004 che la sua carriera di artista prende davvero il volo.

I suoi pezzi sono spesso riproduzioni di immagini familiari (una sedia Luigi XIV o una scena di Alfred Hitchcock Io ti salverò, per esempio). La sua propensione per il cinema è particolarmente rivelatrice: emigrato negli Stati Uniti nel 1989, quando l’Ucraina era ancora parte dell’Unione Sovietica, è cresciuto dietro la cortina di ferro e nei suoi pezzi evoca una “sensazione simile”, con i suoi “pezzi di film”. Con accenti vivaci e pesanti, ombre segrete piene, Khaisman ricorda la bellissima estetica noir, ma il suo uso del nastro – un mezzo, in modo così esplicito, banale e usa e getta – è inevitabilmente “malinconico”.

Come un senso di morte e distruzione traspare dai suoi dipinti, c’è sempre una speranza per un mondo al di là del banale. 

I suoi dipinti appaiono, a prima vista, come “pixelati”, delle immagini quasi computerizzate. A ben vedere, la sua attenzione alla sottigliezza è ingannevole.

Il suo messaggio è diretto e semplice ed è quello che più nello specifico deve cogliere tutti i fruitori della sua arte: la pittura non è – e non deve essere – più limitata al regno del conoscitore dell’arte. I suoi tapeworks ci ricordano, così, che l’arte può davvero essere creata dal nulla.

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