Intervista a Raffaele Vescera, scrittore pugliese

Nel suo cuore, Foggia, la sua città e la verità storica che stigmatizza in ogni suo scritto. Dalla Puglia per il GLOBUS MAGAZINE: Raffaele Vescera.

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What’s your story? Ovvero cosa vuoi dire? E’ la  domanda delle domande che si chiede ad uno scrittore e lei Raffaele Vescera è uno dei migliori scrittori della sua amata Puglia e non soltanto?

“Difficile dire di sé, l’auto-giudizio è inevitabilmente falsato. Nulla, affascinato da sempre dalle storie di eroi giustizieri, a partire da Robin Hood, letto a otto anni, ho scritto sempre lo stesso libro, seppure in romanzi diversi. Di più, travolto dal realismo magico latino-americano e dalla lingua febbricitante della grande letteratura siciliana, ho trovato i binari sui quali far correre le mie storie. Più di tutto nella mia Puglia che, al contrario della Sicilia, non ha avuto la fortuna di avere grandi narratori, e forse neanche piccoli, nell’Ottocento e Novecento. Se la letteratura è memoria, ho sposato l’ardua idea di restituire la memoria alla mia terra”.

Scrivere un libro è una navigazione a mare aperto?

“In qualche modo sì. Quando si scrive, seppure galleggiando su un progetto narrativo, si naviga a vista, con il rischio continuo di annegare nell’indecisione e di non vedere approdi, così lasciando naufragare la storia.  Salvo quando l’inconscio prende la mano dello scrittore, che diventa altro da sé e scrive di getto”

“Il suo interessante romanzo dal titolo: “Il giudice e Mussolini”, è stato presentato in molte librerie. Perché questo titolo?

“Il giudice e Mussolini”  narra la storia del magistrato garganico, Mauro Del Giudice,  giudice di Cassazione e presidente della Corte d’accusa di Roma, umanista, meridionalista, studioso di sociologia, storia, filosofia,  che  condusse in modo inflessibile l’inchiesta sul delitto Matteotti. Circondato da colleghi asserviti al regime, resiste a minacce di morte e lusinghe di laute ricompense, tra cui la nomina a senatore, raccoglie prove inoppugnabili e incrimina gli esecutori materiali del rapimento e omicidio appartenenti alla segreta Ceka fascista, e i mandanti, membri del quadrunvirato e stretti collaboratori di Mussolini, che chiamano in causa lo stesso duce quale mandante supremo. Ciò gli costerà la rimozione dell’incarico e il trasferimento a Catania, dando così modo al regime di affidare il processo del delitto Matteotti a giudici asserviti che assolveranno i colpevoli”.

Chi legge cerca in un libro un coinvolgimento a livello interiore, anche  quando il libro è di puro intrattenimento. Del resto, volere evadere dalla propria realtà quotidiana con la lettura di un bel libro è un motivo altrettanto valido. Non conta, dunque, a quale genere appartiene il libro che si sta leggendo, ciò che conta è il messaggio che lo scrittore vuole comunicare e che  questo messaggio  coincide con il messaggio che il lettore vuole ascoltare in quel momento. Che cosa ne pensa?

“Ci sono scrittori diversi per lettori diversi ma, seppure diffondendo messaggi differenti, epici o psicologici, tragici o comici che siano, devono corrispondere alle attese del lettore che ha bisogno di identificarsi nella storia narrata, seppure di fantasia, confondendola per vera. Trasferendo il lettore in una dimensione doppia,  fantastica e al contempo reale, il libro lo incatena a sé”

Quale messaggio vuole trasmettere nel suo libro?

“Difficile rispondere, come già detto, il mito del giustiziere gentiluomo, brigante e non, ha percorso i miei romanzi, sin dal primo, “Inganni, ovvero le memorie ritrovate del barone Nicola Scassa di Lucera, carbonaro poi brigante per guasto d’amore”, del 1992, che piacque al compianto Gesualdo Bufalino il quale, nella mia incertezza sulla capacità di scrivere, mi incoraggiò ad andare avanti”

Esiste un libro che ha avuto una grande influenza nella sua vita?

“Sì, per l’appunto il primo, nel quale ho riversato il mio impeto e il sentire giovanile, identificandomi oltremodo con il protagonista. “Inganni” mi ha dato certezza di proseguire, cambiando in qualche modo la mia vita”.

Qual è il personaggio del suo libro che assomiglia più a lei?

“Un po’ tutti, dal barone Nicola Scassa, al bandito poeta e gentiluomo Nicola Morra, dal Barone Felice Lombardo di San Chirico,  del romanzo “Il barone contro”, pensato come “l’anti Gattopardo”, al magistrato Mauro Del Giudice. Non amando scrivere di me in prima persona, ho scelto storie di uomini a me somiglianti nei quali ho diluito il mio essere, o almeno ciò che credo di essere”

Qual è il prossimo passo di Raffaele Vescera?

“L’uscita prossima del romanzo “La mala vita di Nicola Morra”, mentre  mi frullano altre storie meritevoli di essere narrate che soffriranno una lunga attesa per vedere la luce, poiché non sono così prolifico. Ho bisogno di anni per passare dalla fase della progettazione a quella dell’esecuzione. Anche perché, oltre la vita immaginaria, mi piace vivere quella reale, viaggiare, conoscere nuove culture e diversi stili di vita. Seppure fervente “meridionalista”, mi sento un cittadino del mondo. Intanto, per via di questo virus ladro di primavera, ho dovuto rinunciare al nuovo tour di presentazioni de “Il giudice e Mussolini” che, dopo la Toscana, il 10 giugno, anniversario del delitto Matteotti, mi avrebbe portato a Bolzano, dopo aver celebrato tale anniversario lo scorso 10 giugno 2019, con la presentazione del libro a Roma, al Senato della Repubblica”

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