INFN: Ecco la Materia Oscura. We are the Universe!

Grazie al cacciatore di antimateria AMS (Alpha Magnetic Spectrometer) è adesso possibile fotografare e studiare i misteri della Materia Oscura, che costituisce il 26% dell’universo …e noi ne facciamo parte!

L’esperienza è quello che ottieni quando non ottieni quello che vuoi“. Randy Pausch 

La materia oscura è uno dei grandi misteri dell’Universo. Esiste, ne sentiamo la presenza, ma non sappiamo che cosa sia. In tutto il mondo i fisici sono in caccia di un segnale chiaro che riveli qualche cosa di più: dalle profondità dei laboratori sotterranei alla stazione orbitante al grande acceleratore di particelle LHC del CERN di Ginevra, sono migliaia gli scienziati all’opera.

Secondo un nuovo modello teorico, una piccola percentuale della materia oscura, intorno al 5 per cento, interagisce con se stessa, contrariamente a quanto ipotizzato finora per le particelle debolmente interagenti come WIMP o assioni. Questa porzione della materia oscura formerebbe un disco nel piano di molte galassie, sovrapponendosi alla materia ordinaria: per questo motivo la sua presenza potrebbe essere verificata sperimentalmente dal satellite GAIA dell’ESA, o dalle missioni espressamente dedicate alla rivelazione della materia oscura, come PAMELA dell’INFN, Fermi della NASA e AMS-02 a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Ora l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare propone questa animazione per spiegare in pochi minuti che cosa sappiamo della materia oscura.

Il video che documenta la Materia Oscura

 L’esistenza della materia oscura è stata postulata alcuni decenni fa per rendere conto della dinamica delle galassie, e in particolare della velocità delle loro porzioni più periferiche. La sola materia osservabile infatti non è sufficiente a far quadrare le osservazioni con le leggi della dinamica newtoniana. E non si tratterebbe di una presenza marginale: secondo le stime, la materia oscura sarebbe quattro volte più abbondante di quella ordinaria, e costituirebbe tra il 25 e il 27 per cento dell’universo.

Nessuno tuttavia sa di che cosa sia fatta, anche se sono state avanzate diverse ipotesi. Tra le particelle candidate vi sono le WIMP (weakly interacting massive particle), dotate di massa ma debolmente interagenti con se stesse e con il resto della materia, e gli assioni, numerosissimi e dotati di una massa ridottissima, che entrerebbero raramente in collisione gli uni con gli altri. In sintesi, uno dei cardini delle teorie sulla materia oscura è che essa interagisca debolmente con la materia ordinaria.
Per rendere conto delle interazioni gravitazionali che tengono insieme le galassie così come le osserviamo, si ipotizza che la materia oscura formino una sorta di “alone amorfo” intorno alle galassie stesse.

Nuove ipotesi sulla materia oscura
(Cortesia NASA)

Secondo Randall e colleghi, tuttavia, questo modello è semplicistico e occorre correggerlo postulando l’esistenza di una materia oscura che interagisce parzialmente con se stessa (Partially Interacting Dark Matter, PIDM): si tratterebbe di una piccola percentuale della materia oscura, circa il 5 per cento, considerando le caratteristiche della materia oscura che circonda la Via Lattea. L’idea è dunque che i due tipi di materia oscura si distribuiscano in modo diverso intorno alle galassie,e si parla perciò di una materia oscura a doppio disco (double-disk dark matter, DDDM).
In questo scenario, la DDDM sarebbe in grado di dissipare l’energia pur conservando l’inerzia angolare del proprio moto intorno al centro della galassia, il che determina la formazione di un sottile disco nel piano galattico, così come avviene per la materia ordinaria. Più nel dettaglio, il disco di materia oscura e quello della materia ordinaria avrebbero la stessa massa: ciò implica che la densità del DDDM e quella della materia normale nell’universo dovrebbe essere circa uguali. 
Uno degli aspetti più interessanti del modello è la possibilità di verificarlo sperimentalmente. Secondo gli autori, la prova potrebbe derivare dall’effetto gravitazionale che la PIDM ha sul moto di miliardi di stelle nella Via Lattea, che potrà essere studiata dalla missione GAIA (Global Astrometric Interferometer for Astrophysics) dell’ESA, l’agenzia spaziale europea, di cui è previsto il lancio questo autunno. 
Anche le missioni espressamente dedicate alla rivelazione della materia oscura, come PAMELA, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), Fermi, della NASA, e AMS-02, a bordo della Stazione spaziale internazionale, potrebbero cogliere segnali importanti come l’annichilazione delle particelle PIDM.
(fonti NASA, Le Scienze, INFN

 

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