Il dramma delle violenze sulle donne. Indagine in Sicilia

L’Istat ha diffuso i dati su un’indagine compiuta in Sicilia sulle violenze femminili. Il dato che emerge è che il 23,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, ha subito violenze almeno una volta nella vita. Inoltre, il 4,3% ha subito traumi prima di aver compiuto i 16 anni

PALERMO – Sgomento e angoscia. È questo lo stato d’animo dopo i dati diffusi dall’ISTAT in merito all’indagine compiuta in Sicilia sulle violenze femminili. Dentro e fuori le mura domestiche, si stima che il 23,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, ha subito violenze almeno una volta nella vita. Inoltre, il 4,3% ha subito traumi prima di aver compiuto i 16 anni. Ogni qualvolta si legge dai giornali o si ascolta alla Tv di maltrattamenti alle donne, si ha l’impressione di non poter far niente o quanto meno di non riuscire a far qualcosa in tempo. Vittime di soprusi, stalking, percosse o lesioni fisiche, le donne sono sempre più in balia dei raptus del sesso forte. Che poi, ci vuole coraggio a chiamarlo sesso forte. Forse il termine più adatto sarebbe “debole”, sinonimo di vigliaccheria e codardia. Come giustificare altrimenti un atto così degradante?

Nel momento in cui un uomo dimostra la propria virilità scagliandosi contro una donna, non dimostra altro che insicurezza e animo gretto, privo di ogni umana civiltà. Ma chi sono questi “maschi” a macchiarsi di tali infamie? Mariti, fidanzati, compagni, parenti e adolescenti. Il campione è vasto e variegato. Dal marito o fidanzato geloso al patrigno o zio degenerato che vuole celare i suoi pruriti carnali col seme della paura e delle percosse. Dal ragazzo appena scaricato al branco che si scaglia contro la coetanea. C’è l’imbarazzo della scelta in un mondo, quello della violenza alle donne, così becero e privo di logica.

Proprio in Sicilia, lo scorso anno Palermo si stringeva intorno alla famiglia di Carmela Petrucci, la 17enne assassinata nell’androne di casa nel tentativo di salvare la sorella, Lucia, dal suo ex fidanzatino, Samuele Caruso. A causa delle assurde coltellate sferrate, Carmela è stata l’ennesima vittima di inqualificabili gesti di gelosia o instabilità psichica. A nulla sono valse le scuse giunte per mezzo lettera direttamente dal carcere dell’Ucciardone – dove il ragazzo sta scontando la pena. D’altronde, come lenire le sofferenze di una famiglia per una perdita così inspiegabile? Affinché atti del genere non accadano più, non basta mandare sporadicamente qualche euro per le Associazioni a tutela delle vittime di violenze. Questa è solo una goccia nell’oceano. Un radicale cambiamento è opportuno a livello antropologico, a livello culturale e sociale. È necessario capire che, nel momento in cui esistono le prime avvisaglie di futuri maltrattamenti, la cosa più conveniente è denunciare, vincere la paura e raccontare la propria storia. Solo un vero atto di coraggio può sconfiggere la vigliaccheria celata da fortezza. Asciugare il pianto delle tante vittime di scellerati carnefici è possibile, sia in misura preventiva che in memoria delle donne che hanno perso la propria vita.

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