I premiati del Festival del Cinema di Venezia

Il Leone d’oro a Gianfranco Rosi con il fim-documentario Sacro Gra

Corrado Guzzanti, in tempi non sospetti, faceva la parodìa di un noto cantautore romano descrivendo i ragazzi che vanno a fare l’amore nel Grande Raccordo Anulare. In fondo, le bretelle autostradali, le ‘infrastrutture’ urbane, hanno da sempre toccato le corde della creatività di artisti, poeti e registi, perché rappresentano i punti nevralgici da cui fuoriesce l’elemento umano nella vita vissuta di ogni giorno. Stavolta è successo a Gianfranco Rosi, che col suo film-documentario, Sacro Gra, vincitore del Leone D’oro alla Settantesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, narra storie diverse che circondano questa fetta di strada lunga settanta chilometri: si va dal nobile piemontese decaduto al pescatore d’anguille, dal botanico che cerca di salvare le palme alla coppia di principi che vive in un castello kitsch. L’occasione per il regista che durante la premiazione si è persino scomodato nel ringraziare la sua ex moglie, è golosa: rispolverare la fantasia, descrivendo la quotidianeità e le tragedie sociali fatte di prostitute, briganti e barboni. Personaggi cioè che vivono nelle grandi arterie di circolazione stradale e non. E la strada è stata la molla che ha stuzzicato i punti nevralgici del realismo di Gianfranco Rosi. A Venezia hanno, insomma, trionfato la realtà e il documentario, facendo vincere all’Italia l’ambito premio dal 1998, da quando cioè se lo aggiudicò Gianni Amelio con ‘Così ridevamo’.

Due premi per ‘Miss Violence’. Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Themis Panou nel film greco dove prevale la violenza: una famiglia pratica la prostituzione e la pedofilia, generando suicidi tra le vittime. Leone d’Argento per la migliore regia ad Alexandros Avranas.

Ma non è finita qua: Premio speciale della Giuria a ‘Die Frau des Polizisten’ di Phillip Groning. Il film tedesco racconta in centosettantacinque minuti con fare lento, inquadrature frontali, e una colonna sonora fatta di silenzio le brutalità casalinghe ai danni di una donna indifesa che cerca di salvare se stessa e la bambina dal padre.  

Ancora violenza in ‘White Shadow’ di Noaz Deshe (Leone del futuro -Premio Venezia Opera Prima- Luigi De Laurentiis) che apre gli occhi ai telespettatori sull’orribile dramma degli albini africani torturati, perseguitati e uccisi, perché si crede che parti del loro corpo possano essere taumaturgiche e curative.

Premio Marcello Mastroianni ad un giovane attore o attrice emergente a Tye Sheridan che affianca Nicholas Cage nel film di David Gordon Green, ‘Joe’. Senza peli sulla lingua il giovane attore americano, che durante la conferenza stampa sfida i giornalisti affermando di non conoscere Mastroianni: ‘Non lo conosco… ne ho sentito parlare …è un attore francese, giusto?’ Meglio soffermarsi sulla trama: l’ex detenuto Joe Ransom (Nicholas Cage) è un uomo irascibile che vuole sempre ‘essere guardato negli occhi’ e che cerca di tirarsi fuori dai guai. Diventa protettivo nei confronti del quindicenne Gary (Tye Sheridan) proteggendolo dalle insidie di quella gabbia infernale che è l’America dove ci si spara, si beve e si fuma, si va a prostitute nei bordelli perché non c’è tempo da perdere, bisogna sempre correre.

Infine, l’Italia si porta a casa una Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile grazie all’ottantaduenne Elena Cotta. Nel film della palermitana Emma Dante, l’attrice teatrale interpreta un’albanese dura e testarda pronta persino ad urinare per strada e a sfidare qualsiasi ostilità pur di non lasciar passare una macchina che staziona davanti a lei con piglio minaccioso.

La Giuria di Venezia ’70, presieduta da Bernardo Bertolucci e composta da Andrea Arnold, Renato Berta, Carrie Fisher, Martina Gedeck, Jiang Wen, Pablo Larraìn, Virginie Ledoyen, Ryuichi Sakamoto ha visionato ben venti film in concorso prima di dare il verdetto finale.

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