HPV: il cancro al collo dell’utero ha le ore contate!

Lo screening con test HPV riduce del 60% l’incidenza di tumori al collo dell’utero. Dai 30 anni in su è consigliato al Pap-Test

È questa la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet.

Lo screening con test HPV (Human Papilloma Virus) permette di ridurre di circa il 60 -70 per cento l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto al tradizionale screening con il Pap-Test.Un team di ricercatori internazionali guidati da Guglielmo Ronco (Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte Città della Salute e della Scienza di Torino) hanno seguito negli anni più di 175.000 donne reclutate in quattro studi di grandi dimensioni, condotti in Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia. Hanno verificato che le donne invitate a fare il test HPV si sono ammalate meno di questo tumore rispetto alle invitate a fare il Pap-Test.

Si tratta, come hanno spiegato gli studiosi durante il congresso Eurogin (dedicato al controllo del tumore della cervice e delle malattie HPV correlate) in corso a Firenze, del primo studio a valutare su larga scala l’effetto dello screening basato sul test HPV rispetto a quello basato sul tradizionale Pap-Test nel prevenire tumori invasivi.

Lo screening sulla cervice uterina mira a scoprire anomalie e lesioni precancerose che potrebbero poi evolvere in cancro, prevenendo così lo sviluppo di tumori invasivi dell’utero. Sia il Pap-Test che il test HPV (che va alla ricerca del Papillomavirus, responsabile di condilomi e verruche genitali benigne, ma anche di lesioni che possono evolvere in un carcinoma della cervice) si eseguono facilmente, con un semplice prelievo di cellule dal collo dell’utero. Le cellule prelevate con il Pap-Test vengono poi osservate al microscopio per verificare la presenza di eventuali irregolarità, mentre l’esame HPV verifica la presenza del virus (trasmesso sessualmente), che è estremamente comune e frequente e la cui presenza non si traduce nell’avere lesioni pre-tumorali destinate a progredire. Anzi, la stragrande maggioranza delle infezioni da HPV (oltre l’80 per cento) regredisce spontaneamente, specie in giovane età. Diversi studi hanno finora concluso che l’esame HPV è più efficace nella prevenzione di neoplasie avanzate perché capace d’individuare prima quelle lesioni d’alto grado (i cosiddetti Cin2 e Cin3), che possono condurre a sviluppare una forma di cancro più aggressiva. Attenzione, però: nelle donne troppo giovani, l’HPV test conduce spesso a quella che gli esperti chiamano una sovra-diagnosi, ovvero segnala, cioè, troppe lesioni pre-cancerose, che nel tempo regredirebbero spontaneamente senza trasformarsi in tumore.

Sul tema HPV, l’Italia si è mossa all’avanguardia in Europa. Due anni fa l’Osservatorio Nazionale Screening (Ons) aveva avuto incarico dal Ministero della Salute di dare indicazioni alle autorità regionali sull’utilizzo del test HPV come test primario per lo screening cervicale. L’Ons, nelle sue raccomandazioni, aveva utilizzato i risultati di uno studio di Health Technology Assessment (Hta) in cui, oltre alle evidenze sull’efficacia, erano stati incorporati studi di valutazione economica che dimostravano come lo screening con HPV ogni 5 anni è più costo-efficace dello screening con Pap-Test ogni 3 anni. In seguito a tali raccomandazioni già cinque regioni italiane (Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Basilicata) hanno deliberato ufficialmente il passaggio progressivo al test HPV per lo screening cervicale. Altre Regioni (Veneto, Trentino, Abruzzo, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna) stanno conducendo comunque esperienze pilota in questa direzione.

Il cancro è riconosciuto come uno dei mali del secolo. La scienza va avanti e noi dobbiamo andare avanti con essa. Prevenzione all’avanguardia: questa deve diventare la nostra parola chiave.

 

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