Dinosauri: i fossili meglio conservati di sempre

Rinvenuto in sedimenti di 110 milioni di anni, il fossile ha permesso di ricostruire la colorazione della sua pelle e le tecniche di difesa dai carnivori.

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È il fossile di dinosauro meglio conservato che sia mai stato trovato: un dinosauro del Cretaceo, vissuto circa 110 milioni di anni fa, così ben conservato che è ancora evidente il colore della pelle e probabilmente aveva un ruolo importante per le strategie di mimetizzazione dell’animale.

Il Borealopelta markmitchelli, questo il nome scientifico del dinosauro, identificato come appartenente ai nodosauridi (Nodosauridae, dinosauri erbivori quadrupedi corazzati), prende il nome da Mark Mitchell, del Royal Tyrrell Museum del Canada, che ha trascorso oltre 7.000 ore in un certosino lavoro di ripulitura del fossile.

“È lungo 5 metri e mezzo e pesa 1.300 chilogrammi”, spiega Caleb Brown del Royal Tyrrell Museum, “Ed è un reperto davvero notevole! È rivestito da una pelle squamosa ben conservata, al punto che è possibile osservarla in tre dimensioni e “vedere” esattamente la forma che aveva l’animale”.

Le squame che lo ricoprivano lo rendevano una preda difficile anche per un grosso carnivoro, ma il B. markmitchelli aveva probabilmente anche un’altra strategia efficace: poteva ben mimetizzarsi con l’ambiente circostante.

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I ricercatori, facendo uso della spettrometria di massa, sono stati in grado di rilevare i pigmenti delle scaglie del dinosauro e hanno scoperto che la parte inferiore del corpo era più chiara rispetto a quella superiore, che appariva di un bruno rossastro.

La diversa colorazione è una tecnica di camuffamento utilizzata anche da numerosi animali dei nostri giorni per nascondersi meglio dai predatori.

Il fatto che anche un animale della stazza di quel dinosauro potesse dover sfruttare le capacità di camuffamento, nonostante la massa e le scaglie, la dice lunga sui predatori di quei tempi – e sullo stress a cui dovevano essere costantemente sottoposti gli erbivori.

I paleontologi vogliono ora studiare il contenuto dello stomaco dell’animale per avere un’idea di quello che è stato il suo ultimo pasto, prima di essere inglobato dal mare (chissà perché e come), finire sul fondo, diventare fossile e tornare infine alla luce del giorno, cento e passa milioni di anni dopo.

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