David Cameron costretto al passo indietro sulla Siria

L’intervento in Siria del governo britannico non potrà essere attuato senza che il Labour dia la sua approvazione. Tempi duri per il premier Cameron stretto nella morsa tra il vecchio Blair e il giovane Miliband

Il Labour non è più il partito di Tony Blair, oggi è il partito di Ed Miliband anche se il vecchio Tony si fa sentire sempre più spesso tuonando contro chi vuole astenersi dall’intervenire in Siria, Ed Miliband in testa. Tuona aspramente contro il suo opposto: Blair interventista, Miliband anti-interventista. Non fa una piega che il nuovo corso dei Labour sia speculare al nuovo capo, che, per chi non ha la memoria corta, si è fatto conoscere proprio con il no all’intervento in Iraq nel governo guidato da Tony Blair. Il giovane Ed è trincerato dietro lo slogan «non firmeremo un assegno in bianco» con la speranza di tenere unite le diverse anime del partito; al momento il suo no funziona bene: ha costretto il governo Cameron ad una parziale marcia indietro sull‘intervento contro Assad. Ma il gioco non reggerà a lungo e nei prossimi giorni, se non addirittura nelle prossime ore, il suo giudizio sulla guerra in Siria dovrà necessariamente cambiare con il montare della tensione interna. Per adesso però si gode la vittoria su David Cameron, e non è cosa da poco.

Attualmente l’ala più radicale del Labour è contro l’intervento. Diane Abbott, la pasionaria del partito, ha dato voce alle frustrazioni interne: «Ho votato contro l’Iraq, e per ora non trovo nessun motivo per votare in favore di un intervento in Siria: non farebbe cambiare idea ad Assad, non migliorerebbe le cose e ci trascinerebbe in una guerra senza fine». Il sangue del blariani ribolle, e i continui appelli dell’ex premier non fanno altro che buttare acqua sul fuoco: «Dobbiamo tenere alti i nostri valori, plasmare gli eventi e combattere le forze che resero gli interventi in Afghanistan e Iraq così difficili, le stesse forze che oggi sono al cuore della tempesta». Dall’altro lato c’è David Cameron, l’erede di Blair, che vuole impossessarsi a tutti i costi dell’immagine dell’ex nemico. Ed Miliband sta in mezzo. Non è come l’intervento in Libia in cui c’era l’appoggio delle Nazioni Unite e il via libera per una no-fly zone strappata con le unghie a Cina e Russia. Oggi l’intervento in Siria è più rischioso, più politico se vogliamo. L’unica condizione per appoggiare il governo Cameron è arrivare a delle imprescindibili conclusioni: «sia legale, fondata nel diritto internazionale e che sia esclusivamente mirata a impedire che vengano usate ancora una volta delle armi chimiche».

Il giovane Ed si può ritenere comunque molto soddisfatto, d’altra parte è stato proprio per merito suo che la Gran Bretagna ha avanzato la proposta di risoluzione di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, mozione che i russi hanno subito respinto al mittente come prematura. Tutto come da copione, difficilmente Mosca abbandonerà Assad al suo destino. Però un piccolo passo avanti è stato fatto: Putin ha chiesto che sia dato quantomeno il tempo agli ispettori delle Nazioni Uniti di completare la loro missione e di accertare se davvero il regime siriano abbia fatto uso di armi chimiche. È furbo lo Zar, molto furbo: le sue richieste, se accettate, daranno altro tempo ad Assad. Almeno altri quattro giorni. Quattro giorni che fanno comodo anche a Miliband: ieri il ministro-ombra degli esteri, Douglas Alexander, ha detto alla Bbc di voler vedere il rapporto degli ispettori, e non basta la semplice conferma scritta che sia stato impiegato gas chimico, ma «prove che suggeriscano la responsabilità di Assad». Insomma, la pistola ancora fumante e il guanto di paraffina come body of evidence.

La leadership laburista, dicono i maligni, si è convinta ad incalzare il governo dopo aver visto i sondaggi secondo cui due inglesi su tre sono contrari all’intervento. C’è molta tattica politica nel contesto perché anche molti conservatori storcono il naso per l’intervento. E anche gli alleati liberal-democratici non sono d’accordo sull’intervento, tant’è che la mozione di Miliband sugli ispettori ha seriamente rischiato di mandare in minoranza il governo: solo l’intervento di Cameron, a conti fatti, ha dato il via libera alla missione militare solo dopo che gli ispettori completano il loro lavoro. Ma la sola pressione dei Labour non sarebbe bastata senza la ribellione di alcuni conservatori, e anche se Miliband può far sfoggio di una vittoria importante, i falchi e le colombe di entrambi gli schieramenti sono ormai all’osso: l’intervento in Siria è solo rimandato.

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