Coronavirus in Italia. Gli allarmi ignorati e i piani pandemici non aggiornati

Da anni i piani anti-epidemia in Italia non sono aggiornati nonostante i solleciti continui da parte di OMS e ECDC. Grosse lacune e mancata attuazione dei protocolli durante il periodo pre-covid-19. coronavirus_epidemiaIl 9 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva dichiarato che le autorità sanitarie cinesi hanno individuato un nuovo ceppo di coronavirus .

Una task force internazionale lavora da anni per prevedere e prevenire lo scoppio di una pandemia mondiale. Ma per il Covid-19 non ha fatto nulla. Con la diffusione dell’Ebola nel 2014 è stata costituita la Global Health Security Agenda (Ghsa) alla guida della quale è stata l’Italia fino al 2019. Senza però ottenere risultati.

imagescovidCoronavirus, gli allarmi ignorati: il ruolo della GHSA

Un’inchiesta condotta dal Fatto Quotidiano svelerebbe i protocolli anti-epidemia redatti anche grazie al lavoro di una coalizione sanitaria di 30 Paesi, lasciati nel cassetto nonostante l’emergenza fosse attesa da un momento all’altro.
Per cinque anni dalla creazione della GHSA l’avanzamento dei lavori dei diversi team dentro l’organizzazione è stato affidato al Ministero della Salute italiano, con a capo Beatrice Lorenzin. Durante la sua gestione però la piattaforma internazionale non ha risorse e attenzione necessaria.
Nel 2017 un team di ricercatori sino-americani pubblica l’ultimo di una serie di studi che prevede un probabile ritorno dei coronavirus presenti nei pipistrelli, dopo la Sars del 2002.

Coronavirus, gli allarmi ignorati: i solleciti della ECDC

Lo stesso anno il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) segnala all’Italia che i piani pandemici del nostro Paese non sono stati aggiornati come strettamente raccomandato dall’Oms ai tempi dell’influenza suina (H1n1) e che sono quindi rimasti fermi a prima del 2009.

Dalla verifica dell’Ecdc emerge che quasi tutti i piani europei sono privi di misure idonee a proteggere gli individui più vulnerabili, come anziani e immunodepressi, e a garantire un coordinamento tra Paesi. Due fattori di criticità che emergeranno con forza nella fasi della pandemia.
Secondo la normativa comunitaria del 2013 sui rischi sanitari transfrontalieri, in questi anni gli Stati membri avrebbero dovuto comunicare le variazioni dei loro piani ogni trienni, facendo inoltre scorte comuni di farmaci e dispositivi di protezione individuale per eventuali pericoli epidemiciTutte indicazioni cadute nel vuoto.

unnamed (cv1)Coronavirus, gli allarmi ignorati: le lacune del piano italiano

In particolare sia dalla valutazione dell’agenzia Ue competente per la salute pubblica sia dal parere dell’Oms, il piano italiano risulterà sprovvisto di un sistema d’informazione rapida tra autorità sanitarie, medici e infermieri, di una metodologia per accertare rapidamente i primi casi di contagio e della capacità di effettuare test in laboratorio e assistere i pazienti in situazioni di sovraccarico.

Tuttora il piano italiano non risulterebbe essere stato aggiornato. Dal sito del ministero della Salute si riporta un aggiornamento al dicembre 2016, ma che sembrerebbe uguale a quelle del 2010. coronavirusministero-salute-wecanjob-1600x900-755x491-1
Non ci sono certezze nemmeno se questa versione del protocollo anti-epidemia sia stato attivato o meno durante l’emergenza coronavirus, come avrebbe chiesto l’Ecdc.
Infine un’indagine congiunta di ECDC e OMS condotta nel nostro Paese tra fine febbraio e inizio marzo avrebbe rilevato il mancato rispetto degli standard internazionali per la raccolta locale dai dati e la loro disordinata comunicazione a livello centrale.
Una lacuna che secondo gli organi internazionali della Salute pubblica “ha reso difficile tracciare un quadro chiaro sulle catene di trasmissione e le caratteristiche epidemiologiche e cliniche dei casi, indebolendo la capacità di valutare il livello di rischio nel Paese”.

(fonte QuiFinanza.it – Il Fatto Quotidiano)

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