Chicchi di vizi e virtù: è la variegata miscela del “Caffè” di Goldoni

Nuovo allestimento di una commedia evergreen per la regia di Nicola Alberto Orofino. Al Musco dal 5 al 9 febbraio per il cartellone del Teatro Stabile di Catania

CATANIA – Era il 1750 quando Carlo Goldoni scrisse “La bottega del caffè”, celebre commedia sull’ossessione del mondo borghese per il denaro. Un evergreen dalla connotazione universale e portatore di un messaggio quanto mai attuale. Il Teatro Stabile di Catania ne ospita un nuovo allestimento prodotto da XXI in scena – Etna ‘ngeniousa. L’appuntamento è alla sala Musco dal 5 al 9 febbraio nell’ambito della rassegna “L’isola del Teatro“. La regia firmata da Nicola Alberto Orofino, la scenografia da Federica Buscemi, mentre sul palco agirà un cast di qualità che annovera Alessandra Barbagallo, Francesco Bernava, Egle Doria, Barbara Gallo, Marcello Montalto, Emanuele Puglia e Silvio Laviano.

 

 

 

La trama è nota. A Venezia, in pieno Carnevale, il caffettiere Ridolfo s’interessa della sorte del giovane mercante di stoffe Eugenio, che da qualche tempo frequenta assiduamente il casinò di Pandolfo compromettendo le proprie finanze. Ingenti sono infatti le perdite che ha accumulato giocando a carte con Flaminio, un giovane torinese che si spaccia per nobile. La moglie di Eugenio, Vittoria, cerca invano di far ravvedere il marito, mentre Placida, consorte di Flaminio, ignara della nuova identità assunta dal coniuge, arriva a Venezia travestita da pellegrina e si ritrova in balia delle insidie intessute da don Marzio. Quest’ultimo è un nobile napoletano in decadenza, prepotente, ambiguo e chiacchierone, che prova piacere nel frapporre ostacoli al desiderio delle due donne di ricondurre sulla retta via Eugenio e Flaminio. È Don Marzio, infatti, a far incontrare Flaminio e la ballerina Lisaura, la quale non sapendo di aver posato gli occhi su un uomo già sposato, spera di convolare a nozze con lui per poter così abbandonare il paese. Le macchinazioni del nobiluomo e l’avidità dei due giovani trovano però nell’integerrimo Ridolfo un fiero oppositore. Secondo il regista Nicola Alberto Orofino “La bottega del caffè” possiede «un ottimismo che è proprio del Secolo dei Lumi. Ma si sa, il grado di immortalità di uno scritto risiede nella capacità di essere permeabile a qualsiasi epoca storica, di riuscire a parlare “alle pance” in tutti i tempi, e leggere oggi questa commedia con uno spirito illuministico sarebbe un’ingenuità imperdonabile. I nostri tempi non possono che avere una visione disincantata del ceto mercantile attaccato al proprio meschino tornaconto, grettamente conservatore, ottusamente autoritario e violento. L’elegante divertimento, pieno di deliziosa “grazia” settecentesca rivela un fondo più duro, sgradevole e impietoso».

«I protagonisti – prosegue Orofino – sono un caffettiere, che strategicamente sa di ottenere il massimo rendimento attraverso un comportamento onesto, un mercante, che abbandonandosi al vizio del gioco e delle donne è incapace di gestire le proprie finanze, e uno spregiudicato biscazziere. La vicenda è lineare, si succedono casi di persone comuni patologicamente attratti dal denaro e dalla voglia di farne sempre di più: Vittoria teme la propria rovina a causa della dissolutezza del marito, Placida arriva a Venezia per ricercare il proprio uomo perché non sa più fare fronte ai suoi bisogni materiali, Lisaura corteggia solo chi è in grado di spendere. Solo Don Marzio fuoriesce dal coro; in un mondo fatto da arraffoni, la cui unica capacità di relazionarsi è quella del rendiconto economico, lui è un uomo che ha la necessità di creare e inventare perché non accetta la realtà che è costretto a vivere. In una comunità regolata dalla legge del più forte e del più violento, per lui non c’è più posto».

 Con “La bottega del caffè”, Goldoni ci ha lasciato in eredità un’opera corale, senza protagonisti ma policentrica, in cui la natura strettamente economica dei legami tra i personaggi restituisce la tragicità dei grandi conflitti che muovono il mondo dell’economia e che lacerano le coscienze e il tessuto sociale.  

 

 

 

 

 

a Cognita Design production
Torna in alto