Carmen a Taormina, notevole successo per la celebre opera di Bizet

Pubblico delle grandi occasioni per la produzione di Taormina Opera Stars con la direzione artistica di Davide Dellisanti.

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Quando la oggi famosissima opera Carmen del compositore Georges Bizet, venne rappresentata per la prima volta, il 3 marzo 1875 (dopo un paio d’anni di “gestazione”) al teatro parigino dell’Opéra Comique, non solo non riscosse il successo sperato dall’autore, ma fu pesantemente criticata dal pubblico e dagli esperti dell’epoca (che al tempo decretavano la vita e la morte delle rappresentazioni, essendo di prestigio ed esistendo solo i giornali con pochissimi alfabetizzati). Il già fragile carattere del trentasettenne Georges non resse al dolore e, colpito da angina pectoris e ridotto sulla sedia a rotelle, periva (forse suicida) nel giugno di quell’anno.
Ma aveva già ricevuto dalla neonata (e monarchica) repubblica francese, la Legion d’Honnèur: non poté comunque assistere, nell’arco della breve vita di bohemìen, al trionfo della sua partitura (tratta liberamente dall’omonimo romanzo di Merimeè) che ne fa oggi una tra le più rappresentate al mondo, per le sue caratteristiche.
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Carmen è un’opèra-comique di Georges Bizet in quattro atti (o quadri, così chiamati dal compositore), su libretto di  Henri Meilhac e Ludovic Halèvy.
Con questa ampia storia, la quinta edizione di Taormina Opera Stars, che ha voluto riproporsi al Teatro Greco della cittadina Perla dello Jonio, ha presentato proprio Carmen, la sera del 21 agosto: con la direzione artistica di Davide Dellisanti, l’orchestra diretta da Gianna Fratta e la regia di Carlo Antonio De Lucia, la Carmen taorminese riusce a riempire il Teatro Antico e riscuotere ampio successo tra il pubblico. La storia della sigaraia zingara che indulge ai facili amori or con Don José or col torero Escamillo, adducendo un concetto di libertà (antesignano del libertarismo sessantottino che tanta parte, per noi deleteria, ebbe nell’Europa della seconda metà del XX secolo) che umilia più che esaltare la donna, seppure il personaggio di Carmencita è di basso ceto, è universalmente nota perché qui la si riassuma: e se a molti piace anche per gli abbondanti riferimenti sessuali, non ci meravigliamo del plauso che all’epoca riscosse da personaggi quali Sigmund Freud.
Carmen è opera da vedere e conoscere, per rappresentare proprio quel che la “donna tipo” non deve essere (la sua fine tragica ne è prova): altrimenti nessun sentimento autentico sarebbe possibile (forse fu proprio codesto dramma interiore che squassò l’animo dell’autore, dilacerandolo anche fisicamente).
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Giova dire che la mano esperta del regista De Lucia ha guidato i quattro quadri (o atti) secondo il solco della tradizione di una complessa operazione che sarebbe stato facile, come abbiamo visto anche da cantanti noti, fare scadere nell’osceno, essendo già la partitura, sensuale: ma egli, a parte la scena finale ove Don José infuriato cerca di concupire prima di ucciderla Carmen, ma fatta con molta leggerezza, ha voluto essere discreto e non aggiungere nulla di personale a delle pagine di testo e musica che sono già esplosive, si disse in quello che Leon Daudet appellò “lo stupido XIX secolo“.
La direzione orchestrale del Maestro Gianna Fratta, già nota per le numerose presenze al Bellini di Catania e altrove, è stata quanto di più filologico possa esservi, nel pieno rispetto della partitura, di per sé complessa e difficile ma di grande armonia, del compositore francese.
Per quanto riguarda i cantanti, la voce del mezzosoprano serbo Sanja Anastasia (per quel ruolo è  stata scritta la parte di Carmen, anche se è interpretata pure da soprani) resse bene ogni scena con decisione e possanza di note, leggermente ingolandosi solo nel terzo atto ma riscattando una già più che buona resa timbrica, nel finale altamente convulso.
Il Don José del tenor giovane pugliese, Dario Di Vietri, è stato reso con ampia vocalità senza smagliature: ma il francese (lingua nella quale si recita l’opera di Bizet) del nostro, fu inascoltabile per lungo tratto: egli tuttavia possedendo un timbro deciso e forte, coprì sovente tale manchevolezza anche aiutandosi con gli acuti e a volte la serenità, come nell’aria celebre “Le fleur que tu m’avais jetée“.
Maria Tomassi è stata per noi una rivelazione positiva, Micaela quasi al livello dei migliori soprano oggi sulla scena (una per tutte, Silvia dalla Benetta nella Carmen data all’Opera Reale di Wallonia con la direzione orchestrale di Speranza Scappucci e regia di H.Brochkaus nel maggio 2018): un vibrato senza alcuna incertezza e filati intensi confermarono l’ottima impressione che ella diede.
Escamillo fu uno Shi Zong di fattura accettabile ma senza esaltazione né poteva essere diversamente (“toreador” non fece effetto sul pubblico); bravi tutti gli altri.
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Ottima resa del coro di voci bianche “V.Bellini” diretto da Daniela Giambra, ove i bambini si cimentarono, nel primo atto, in una scenicità assai meritevole; così il corpo di ballo diretto dal M° Alessandra Scalambrino; per quanto riguarda il coro (M° Carmelo Pappalardo), molto importante in opera come Carmen, diede più che buona immagine del proprio impegno, con figure composte e ben studiate.

Scenografie semplici ma efficaci, cura della serata riuscita anche per l’opera del direttore musicale Maurizio Gullotta.
Il numeroso pubblico che ha gremito la platea e le gradinate del teatro, alla fine dell’opera (quasi verso l’una di notte, ma Taormina è così…) ha voluto tributare circa otto minuti di applausi agli artisti ed artefici e, per un pubblico – tra questo, esponenti dei Rotary clubs e della Legione Garibaldina coordinamento per la Sicilia – in gran parte interessato ma anche d’occasione, è già un bel traguardo.
Gestire una opera come Carmen è non facile ma la direzione del Maestro Dellisanti ha fatto in modo che l’insieme possa riuscire in piena efficacia.

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