Carlo Di Franco, “erede” del famoso etnologo Giuseppe Pitrè e la sua “Città quadrata”

Il libro è una riedizione. Ci rivela che esistono figure simboliche che si trovano soltanto nel PRESEPE PALERMITANO.

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Giuseppe Pitrè è stato uno scrittore, medico, letterato e etnologo italiano. Noto soprattutto per il suo pionieristico lavoro nell’ambito del folclore siciliano, la museografia e la cultura materiale.

Carlo Di Franco, stimato professore antropologo sociale e sacro; ha anche collaborato a programmi di rete nazionali. Cosa s’intende con “giro lungo dell’antropologia”?

“Questo termine coniato dall’antropologo statunitense Clyde Kluckhohn, è riferito alle forme di conoscenza che non si pongono il problema del confronto con la diversità, cioè capire i vari popoli senza essere sul posto (antropologia Culturale). Cosa che per il periodo in cui visse il Pitrè è ben lontano da quello moderno dello  statunitense, Lui la ricerca la conduceva sul campo, quando incontrava i propri assistiti, da quell’incontro riusciva a raccogliere le notizie per la sua materia di demologia e la stessa cosa face Salomone Marino che raccolsero gli studi di cultura popolare e tradizionale della società siciliana. Io personalmente ho cercato di conoscere meglio il popolo palermitano in tutte le sue faccettature, tanto è vero che ho realizzato la pubblicazione Palermo, cultura e tradizioni”. 

Sicuramente questa intervista sarà molto seguita, poiché l’antropologia è una materia attualissima. Per esempio le domando: cosa significa punto di vista emico?

“In antropologia, risponde il professore, il termine emico si riferisce al punto di vista degli attori sociali che è la popolazione di una comunità, alle loro credenze e ai loro valori (ottica del nativo di un luogo). Questo termine può benissimo riferirsi a quello che ho cercato di fare io”.

Adesso parliamo del suo libro dal titolo “La città quadrata”. Esso è una riedizione. Lei mi diceva che è stato “adottato” dalla facoltà di architettura di Palermo?

“Nel duemilaundici ho redatto questo saggio che non solo è riferito alla città antica con la sua storia e ai suoi quattro Mandamenti, ma metteva in evidenza un elemento architettonico quale il portale di palazzi, chiese, palazzi istituzionali e civili, a ciò vi era un glossario in cui spiegava i vari termini architettonici che si vedono in un portale per cui la facoltà di architettura condotta dal prof. Carta decise di adottarlo per la sua materia”.

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Questo  suo libro parla del portale di alcuni palazzi storici; ce li vuole elencare  ed in che via  sono ubicati?

“Il portale è un pretesto, esso rappresenta l’elemento più rappresentativo dell’edifico, dove a doverlo realizzare partecipano diverse maestranze e ideatori (ecco che in questo caso subentra l’antropologia) dove vengono descritti, simboli, stemmi, mascheroni e tanto altro. Elencare tutti i palazzi storici, come mi disse nella prima stesura Rodo Santoro, è da pazzi. Ho scelto di ogni Mandamento un percorso dove per la sua genialità era più indicato per questo saggio”.

Lei ha fatto realizzare le cartine che si possono trovare all’interno del suo libro? Quante sono le cartine e chi le ha disegnate?

“Come dicevo prima, ogni mandamento ha un suo percosso descritto attraverso delle cartine toponomastiche realizzate dall’architetto Marinella Grillo, che ha identificato i palazzi e le chiese con un punto di riferimento che è la legenda del percorso”.

La sua pubblicazione parte dal mito del Genio di Palermo che ha riportato il grande antropologo Giuseppe Pitrè. Ci vuole raccontare tale mito? per chi non è palermitano, dove si trova la fontana del genio a Palermo?

“La città di Palermo, è quindi Palermo è rappresentato da una figura mitologica della tradizione cittadina ed espressione di una spiritualità popolare antica, probabilmente risalente all’epoca pre-romana. Detto Il Genio  (dal greco ghenos = nascita e dal latino genius = generatore di vita) era un essere immanente atto a proteggere il luogo, naturale o meno, in cui l’uomo e la sua famiglia dimoravano o si trovavano a vivere: è il Genius loci per l’appunto. Il Genio è nume ed emblema della Città di Palermo. Di questa figura ne esistono parecchie rappresentazioni distribuite in tutta la città antica. L’etnologo Giuseppe Pitrè ne descrivere la fondazione della città si al valse di un’antica leggenda che gli venne riferita da alcuni abitanti della Kalsa”.

Nel 600 Palermo è stata divisa in 4 mandamenti perché questa scelta e quali sono i nomi che  sono stai dati, li elenchi per chi non è di Palermo?

“La scelta venne fuori dal crocevia delle due strade (Cassaro e strada Nuova che successivamente si chiamerà Maqueda in onore al nome del Vicerè che la inaugurò). L’incrocio tra cardo e decumano determinarono quindi una ripartizione della città in quattro zone ben definite denominate “Mandamenti” che assunsero i nomi di Santa Cristina o Palazzo Reale (Albergheria), Sant’Agata o Tribunale (Kalsa), Sant’Oliva o Castellammare (Loggia) e Santa Ninfa o Monte di Pietà (Capo)”.

E’ molto interessante scoprire che esistono delle figure rappresentative e simboliche che si trovano soltanto nel PRESEPE e che sono proprie della tradizione di PALERMO e che nulla hanno a  che fare con il Presepe tradizionale napoletano. Allora le chiedo, quali sono i simboli del presepe palermitano?

“Il discorso è lungo, mi limito solo a dire due cose: Un elemento importante del Presepe palermitano è il Bambinello, in quanto nel suo genere divino, esso ha un culto particolare nei palermitani e diverse sono le sue rappresentazioni e le varie fatture per mettere in risalto questa Divina figura, parte essenziale del presepe. La seconda è la grotta che ha differenza delle rovine napoletane, essa rappresenta il ventre della Madre Natura che si trasforma in divinità”.

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